mercoledì 23 dicembre 2020

Buone Feste

Le Vie della Conoscenza per queste feste natalizie va in vacanza ma vi aspetta lunedì 11 gennaio con nuovi e interessanti articoli e soprattutto tante importanti novità!! A presto e Buon Natale e Felice Anno Nuovo..sperando si ritorni presto alla normalità!



lunedì 21 dicembre 2020

San Nicola e Santa Claus (o Babbo Natale)

di Chiara Sacchetti

San Nicola, San Nicolaus e infine Santa Claus. È questa, più o meno, l'esatta sequenza che ha portato intorno alla metà dell'800 a trasformare il Santo vissuto fra il III e il IV secolo d.C. nella figura buona e portatrice di doni dei bambini, rappresentato, come nell'Abbazia di Novalesa dell'XI secolo (Torino), da vescovo, con una casula blu e una stola a motivi geometrici, in mano un bastone pastorale (suo emblema assieme a tre sacchetti di monete o tre palle d'oro) e una mitra.

San Nicola

giovedì 17 dicembre 2020

Simbologia e significato del Solstizio d'Inverno

di Mario Pagni

Da ragazzi ci avevano insegnato che il giorno più corto dell’anno in termini di luce diurna era il 13 dicembre ricorrenze di Santa Lucia protettrice della vista. In effetti proprio in questo periodo le giornate che già erano “corte” nel precedente mese di novembre, tendevano ulteriormente ad ridursi per culminare nella settimana che quest’anno va da domenica 13 al 21, 22 dicembre con l’effettivo astronomico solstizio invernale. Nei paesi scandinavi dove la luce in virtù della disposizione geografica è ancora meno che da noi, la festa di Santa Lucia viene tutt’ora celebrata con particolare solennità e partecipazione. Ma il vero significato simbolico di questo ricorrente evento astronomico affonda le sue radici nell’antichità e nella Tradizione con la “T” maiuscola.

“Il solstizio d’inverno è considerato  proprio fin dall’antichità come la vera “nascita della luce”. Astrologicamente nel periodo del solstizio d’inverno, la luce solare vive il momento di maggior declino, per poi tornare a recuperare potenza proprio il 25 dicembre (data che vede nascere la maggior parte di tutte le divinità).”

Astronomicamente parlando il giorno 21 dicembre il Sole, nel suo moto apparente, raggiunge il punto più basso del percorso sotto l’Equatore celeste, segnando così l’inizio della stagione astronomica nell’emisfero boreale. Nel tardo impero romano, proprio riferendosi al giorno del Solstizio, si parlava di Sol Invictus (Sole invitto) per celebrare il giorno in cui il Sole smetteva di calare sull’orizzonte. Tale scadenza rappresentava occasione di festività di vario genere: il Sol Invictus per i pagani, i Saturnalia nell’antica Roma (dal 17 al 23), il Natale per il cristianesimo, lo Yule nel neopaganesimo.

lunedì 14 dicembre 2020

Il processo per stregoneria a Bellezza Orsini

di Chiara Sacchetti

Bellezza (vero nome Isabella) nacque a Collevecchio (Rieti) in Sabina fra il 1475 e il 1480 da Pietro Angelo Orsini del ramo di Mugnano-Foglia, del quale dovette essere illegittima figlia e da un ramo secondario della famiglia. Ma la sua parentela è chiarissima nel quaderno che ci ha lasciato ed è rimasto nascosto per molti anni negli incartamenti giudiziari: proprio durante il processo viene nominata la figura del cardinale Giovanni Battista Orsini, con cui si evidenzia che Bellezza ha una certa familiarità, zio di Franciotto Orsini futuro cardinale, signore al tempo di Monterotondo e marito di Violante Orsini, il cui padre era uno dei figli legittimi del padre di Bellezza Pietro Angelo. È ricordata però con questo nome per il suo fascino che seppe usare nel migliore dei modi per sopravvivere ad una vita difficile. Ancora giovanissima andò in sposa ad un uomo molto più grande di lei, come era consuetudine a quel tempo, che non amava e da cui ebbe un figlio, Giovanni. Rimasta vedova presto, si trasferì a Monterotondo vicino a Roma per lavoro presso la famiglia degli Orsini, dove faceva la cuoca ma dove il conte si accorse subito della sua avvenenza.

Stemma della Famiglia Orsini

Qui, oltre che le faccende domestiche, doveva dare anche da mangiare a pranzo e cena  a Lucia De Lorenzo da Ponzano, una donna rinchiusa nelle carceri del castello Orsini che la prese subito in simpatia e che le cambiò l’esistenza anche se tutti dicevano essere una strega, ma Bellezza vedeva nella donna solo il bene:  raccontò che in lei vedeva  anche e soltanto una persona che l’aiutava e che le insegnava moltissime cose. Da lei aveva imparato a riconoscere le erbe, a piantarle e raccoglierle nel periodo giusto, a metterle insieme e trattarle  per curare le malattie. Le fece leggere anche un “livrone”, come lo definisce lei, che diceva tutti i segreti del mondo e grazie al quale poteva guarire ogni sorta di male: si può ragionevolmente pensare che si trattasse di un testo simile all’Herbolario volgare, stampato a Venezia soltanto pochi anni prima, e probabilmente integrato dalle proprie conoscenze e da quelle dell’amica-maestra Lucia.

giovedì 10 dicembre 2020

Simbolismo di pietra a protezione del Tempio

I Gargoyles

di Mario Pagni

Parigi, Notre Dame, Gargoyles

Fino dai tempi più remoti ogni edificio destinato a rappresentare la divinità in terra come il tempio o il santuario, ha avuto caratteristiche ben precise e ripetibili sia nelle forme che nelle funzioni. Già i templi egizi, greci ed etruschi (per rimanere in ambito ben conosciuto), assieme a misure e decori assai simili, avevano sull’esterno di essi figure e particolari architettonici di tipo fitomorfo o apotropaico che assolvevano al doppio compito di rappresentare da un lato tutta la sacralità contenuta all’interno di essi raccontata dalla loro stessa simbologia, ma dall’altro anche quello di servire come copertura o semplicemente per meglio distribuire gli scarichi di acque pluviali. Stiamo parlando di triglifi, metope, formelle e antefisse; fra queste ultime, presenti proprio in ambito italico, gocciolatoi e canali di scolo di vario genere in grado di assumere forme diverse a seconda del tipo di cultualità relativo alla civiltà antica presa in esame.

lunedì 7 dicembre 2020

San Bernardino da Siena

di Chiara Sacchetti

Bernardo nacque l’8 settembre 1380 a Massa Marittima (in provincia di Grosseto) da Tollo di Dino di Bando, della famiglia senese degli Albizzeschi, e governatore in quegli anni della città, e da Nera di Bindo, della famiglia degli Avveduti di Massa Marittima. Lo stesso giorno della nascita, festa della Natività di Maria,  fu battezzato nella cattedrale; questa data tornerà spesso nel suo percorso esistenziale e per questo verrà letta sempre come un segno premonitore. A soli 3 anni Bernardo perse la madre di soli vent’anni, mentre a 6 il padre di meno di 40 anni e fu preso in casa dalla zia Diana che lo crebbe come un figlio con tutto l’affetto possibile. Alcune agiografie, per riprendere i modelli classici delle storie dei santi, attribuiscono eventi irreali alla sua vita come il fatto che i genitori abbiano aspettato e pregato tanto per l’arrivo di quel figlio, cosa però impossibile vista la giovane età della madre al momento della sua morte. O ancora, che Nera sarebbe morta dandolo alla luce, anche questa notizia errata visto quello che ci raccontano i documenti per la sua canonizzazione.

Andrea Mantegna, San Bernardino fra angeli

Con la zia restò a Massa fino al 1391 dove iniziò il suo percorso di studi, poi nel 1391 andò a Siena dallo zio Cristoforo degli Albizzeschi, che non aveva figli e che lo crebbe come fosse suo; l’uomo lo mandò prima per due anni alla scuola di Maestro Martino di Ferro, notaio di Casole, e poi a quella dei maestri Onofrio di Loro e Giovanni di Spoleto dai quali imparò le arti del trivio. Terminata la scuola per tre anni seguì corsi all’università di diritto canonico  senza però conseguire alcun dottorato, ma fu la peste del 1400 che cambiò la sua esistenza, scandendo il momento della più grande e importante decisione della sua vita. Bernardo decise infatti di lasciare tutto per prendersi cura dei malati e i moribondi per la pestilenza, che anche lui contrasse e dalla quale però riuscì a guarire e che egli lesse come il segno di una predestinazione alla vita monastica e assistenziale.

Alla fine del 1300 perdette anche la zia Bartolomea, alla quale era molto legato, tragico evento che fu una delle cause della sua profonda crisi spirituale che lo condusse a sperimentare la vita eremitica per due anni, che Bernardino ricorderà durante una predica a Siena, rammentandola in modo ironico e grottesco.

L’8 settembre 1402 prese l’abito dell’Ordine dei frati minori ricevendo l’investitura da fra’ Giovanni Ristori che lo conosceva già bene. L’anno successivo aderì all’Osservanza che seguiva la regola francescana nel massimo rigore, in particolare sulla povertà preferendo nuovamente la vita eremitica, trasferendosi nel monastero del Colombaio sul Monte Amiata dove restò fino al 1405.

giovedì 3 dicembre 2020

L'altare come centro mistico dell'edificio

di Mario Pagni

Tipico altare cristiano cattolico per la Santa Messa

Basta entrare in una chiesa qualsiasi o in una cappella anche di modeste dimensioni per scorgere quasi sul fondo della navata prima della luce penetrante dell’abside, l’altare,  sul quale e nel quale  vengono celebrati normalmente tutti i riti cristiani in generale e cristiano-cattolici in particolare,  secondo le intenzioni di Santa Romana Chiesa. Esistono però fino dall’antichità più remota, altari o are di tutti i tipi e generi dove avvenivano cerimonie varie e persino sacrifici sia umani che di animali durante quello che viene considerato genericamente il paganesimo, ma che vengono citati anche nella Sacra Bibbia.

lunedì 30 novembre 2020

I Catari

di Chiara Sacchetti

Il termine “cataro” viene dal greco καθαρός che significa «puro», appellativo con cui si definirono i primi seguaci del vescovo Novaziano che si elesse papa nel 251; alcuni storici invece sostengono che il termine derivi dalla parola greca “katha” ossia spurgo, poiché «trasudano tutti i loro vizi» e fu proposta per la prima volta dal teologo Alano di Lilla.

Croce catara

Questa corrente religiosa si diffuse nel Basso Medioevo, intorno all’XII secolo, nella Francia meridionale, probabilmente derivata da altre manichee, pauliciane e bogomile che attraverso i pellegrini e i crociati che tornavano in Europa o l’Impero Bizantino e i Balcani erano giunte fino in Francia.

A seguito della Riforma ecclesiastica di Gregorio VII con cui si cercava di contrastare i numerosi vizi presenti nella Chiesa e la cosiddetta “Lotta per le investiture”, con la quale il Papa di fatto accresceva il suo potere e la sua posizione a discapito dell’ingerenza dell’impero per la sua elezione, si contrapposero due correnti. Se da una parte c’era un folto gruppo d’accordo con questo rafforzamento, dall’altro nacque una nutrita schiera di coloro i quali mal vedevano questa situazione e si richiamavano ai primordiali principi di purezza e povertà evangelica come unica via per la redenzione e il Paradiso. Fra questi i Catari che attraverso la predicazione mettevano in luce agli occhi di tutti i fedeli le verità di corruzioni e vizi che da secoli esistevano e degradavano la Chiesa. Non è un caso infatti se la maggioranza dei focolai catari si potevano trovare nelle regioni dell’Europa meridionale in cui quella cristiana era sicuramente la religione più diffusa e in particolare in Francia dove molti signori, principi e feudali come i conti di Tolosa e di Foix, favorirono la propagazione di questa dottrina. Spesso gruppi di catari si stabilivano nei cosiddetti castra, piccoli borghi medievali soprattutto per la sicurezza di protezione che i signori del luogo potevano garantire loro e da dove iniziarono la loro guerra contro la Chiesa. Erano in particolare le aree più rurali quelle dove, come ricordano molti documenti, i Catari si stabilivano e vivendo una vita consacrata a Dio e al Vangelo, fatta di privazioni astinenza e castità e le loro case religiose erano sempre aperte. Era proprio in questi luoghi che le dame e i signori seguivano le cerimonie e addirittura alcuni decidevano di prendere i voti e dedicarsi alla vita religiosa.

giovedì 26 novembre 2020

Colonne e capitelli. Simbologia in cammino

di Mario Pagni

Castelnuovo dell'Abata, Pieve e Monastero di Sant'Antimo, Capitello d'ingresso

Come a sottolineare la prospettiva della navata centrale verso l’altare principale di una chiesa e a scandirne geometricamente gli spazi, le colonne e i capitelli ad esse sovrapposti, costituiscono una vera e propria trama che racconta la vita e le funzioni primarie del tempio stesso nel quale ci troviamo. Non è raro infatti che assieme ai consueti riutilizzi di precedenti manufatti di epoca romana e paleocristiana, vi siano inseriti elementi architettonici e decorativi coevi allo stile generale dell’edificio, in grado di raccontare simbolicamente vicende non solo bibliche, ma anche la semplice condizione umana dell’uomo del medioevo.  Già ben prima dell’apparire dello stile gotico infatti, nei capitelli sovrastanti sia colonne che pilastri delle pievi e delle chiese romaniche, trovavano spazio veri e propri racconti, composti da simboli e allegorie che aiutavano il fedele a capire meglio la realtà del luogo dove egli stesso si trovava e pregava.

lunedì 23 novembre 2020

La repressione della stregoneria. Il Tribunale dell'Inquisizione

di Chiara Sacchetti     

È il tribunale ecclesiastico più conosciuto, sorto, (seppur non con questo appellativo), agli inizi del XII secolo per volere di papa Gregorio IX che organizzò una nuova e più forte repressione contro gli eretici, nominando suoi delegati “inquisitori”, scelti prima fra i Domenicani, poi a partire dal 1245, con Innocenzo III, anche fra i Frati Minori. La struttura di questa potentissima istituzione si evolse nel corso dei secoli, facendo restare però immutato il suo obiettivo, ossia quello di reprimere e riportare sulla retta via “cristiana” coloro che con varie motivazioni ne uscivano. Papa Paolo III con la bolla “Licet ab initio” del 21 luglio 1542 istituì la Sacra congregatio Romanae et universalis inquisitionis seu Sacti uffici, con la quale nominò una commissione centrale composta da sei cardinali inquisitori, specialisti in materia di fede e con giurisdizione in tutto il mondo cristiano; dal 1908, anche se non si occupa più di stregoneria ed eresia, si chiama Congregazione del Santo Uffizio.

Stemma del Tribunale dell'Inquisizione

giovedì 19 novembre 2020

Dell’illuminazione e del simbolismo delle finestre delle chiese

di Mario Pagni

Abbiamo già accennato negli scritti precedenti sul simbolismo delle costruzioni di come durante il primo medioevo contrassegnato dallo stile romanico, le aperture e le finestre in particolare, praticate nelle pesanti strutture delle pievi e delle chiese del periodo, fossero di dimensioni assai ridotte con una elegante “strombatura” interna che però non corrispondeva all’effettiva superficie illuminante posta sull’esterno della parete. Gli storici dell’arte ma anche la religione cristiana, attribuiscono tale scelta come voluta, per permettere una maggiore capacità di concentrazione e raccoglimento interiore a chi all’interno del tempio si dedicava alla preghiera. I raggi del sole penetravano infatti con fatica all’interno della chiesa, creando una atmosfera quasi surreale, sottolineata da ricorrenti motivi decorativi e dalle sculture spesso volutamente inquietanti, poste sui capitelli e negli angoli dei robusti pilastri, in grado di trasmettere al fedele un senso di timore quasi reverenziale nei confronti del luogo sacro dove egli stesso si trovava. Tutto questo subì una notevole quanto risolutiva trasformazione nel successivo periodo gotico, caratterizzato da gigantesche finestre con arco a “ogiva” in grado anche di alleggerire le altissime pareti, e i rosoni posti  sia ai lati delle navate che sulla facciata e nell’abside, che illuminavano la chiesa – cattedrale, con una luce brillante e multicolore. La cupa concentrazione romanica svaniva in funzione di una fantasia di effetti di luce che trasmettevano nei fedeli il senso del sacro e del divino in ben altro modo.

lunedì 16 novembre 2020

Cecco d'Ascoli

di Chiara Sacchetti

Francesco Stabili di Simeone, più noto come Cecco d'Ascoli, nacque a Ancarano nel 1269 (alcuni studiosi collocano la sua nascita invece nel 1259, ma come spesso accade per quest'epoca è difficile poter dare una giusta notizia in mancanza di fonti certe). La sua giovinezza fu contraddistinta dallo studio e dalle sue eccezionali capacità, tutti nel paese natio lo consideravano un negromante per le sue virtù nello scrivere poesie, impossibili per la sua età se non grazie all'intercessione di qualche essere superiore o potere soprannaturale. Intorno ai diciotto anni Cecco entrò nel Monastero di Santa Croce ad Ascoli Piceno, di origine templare, probabilmente scelta importantissima per la sua successiva formazione di filosofo, astrologo e alchimista.

Francesco Stabili di Simeone
Cecco d'Ascoli

giovedì 12 novembre 2020

Il Labirinto come simbolo di percorso esistenziale

di Mario Pagni

Mosaico di epoca romana, Teseo e il Minotauro

Fra i simboli più importanti fino dalla più remota antichità il Labirinto si presenta ancora oggi come fra i più enigmatici e dai molteplici e reconditi significati.

Labirinto deriva dal nome greco labýrinthos (λαβύρινθος), usato nella mitologia per indicare il labirinto del palazzo di Cnosso. La parola è di origine pre-greca e Arthur Evans espresse la sua ipotesi supponendo la sua derivazione dal lidio labrys, bipenne, l'ascia a due lame, simbolo del potere reale a Creta. "Labirinto" vuol dire dunque "palazzo dell'ascia bipenne" con il suffisso -into a significare "luogo" su modello del greco Corinto, cioè il palazzo del re Minosse a Cnosso.

 Il Labirinto è presente quasi in ogni civiltà del nostro globo terracqueo ma quello che noi tutti conosciamo appartenente ai nostri ricordi di scuola è sicuramente quello progettato da Dedalo a Cnosso dentro al quale vi era una oscura e inquietante presenza : il Minotauro. Da esso se ne poteva uscire soltanto con lo strattagemma del “filo di Arianna” che se seguito poteva ricondurre il malcapitato nuovamente all’ingresso e alla salvezza. Prima ancora in ambito italiano preistorico nella Valcamonica, troviamo il labirinto inciso o dipinto con evidenza e in varie occasioni sulla pietra; gli studiosi asseriscono che esso avrebbe simboleggiato l’utero il cui  significato era legato alla rigenerazione e alla ciclicità.

lunedì 9 novembre 2020

Maria Maddalena

di Chiara Sacchetti

Uno dei personaggi più conosciuti ma anche controversi delle Sacre Scritture è certamente quello di Maria Maddalena. Oggi il suo nome nei Vangeli tradizionali della domenica, richiama quello di una prostituta redenta che grazie alla sua conversione diviene seguace di Cristo. L’appellativo con cui viene identificata deriva quasi certamente dal suo luogo di nascita, Magdala, un villaggio di pescatori sul lago di Tiberiade detto anche di Genezaret, centro commerciale ittico chiamato in greco Tarichea (ossia pesce salato).

Antonio Veneziano, Maria Maddalena
Capelli lunghi biondi ma tendenti al rosso, Maria incarna nella concezione comune, la donna ammaliante  e seducente  che conduce una vita sconnessa e ai limiti ma che poi incontrando il Messia si pente di quanto fatto fino a quel momento e proprio grazie a lui cambia la sua vita seguendo tutti  i suoi precetti fino a divenire quasi un’eletta. Nella realtà evangelica il suo personaggio è confuso con altri, spesso omonimi o anonimi, che sono ben lontani da ciò che essa veramente era. Di Maria di Magdala parla infatti l’evangelista Luca nell’8 capitolo, che la nomina quando racconta di Gesù che andando nei villaggi aveva guarito alcune donne che aveva incontrato «Gesù andava per città e villaggi predicando e annunciando il regno di Dio. Erano con lui i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, detta la Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, e Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode, e Susanna e molte altre che li assistevano con i loro beni» (Luca 8, 1-3).

giovedì 5 novembre 2020

Significato simbolico della planimetria della chiesa

di Mario Pagni

Firenze, Santa Maria del Fiore, veduta area

La vista dall’alto di un qualsiasi edificio aiuta molto a chiarire significati e scopi per i quali esso è stato progettato e costruito, così come le sue probabili aggiunte e trasformazioni sia in corso d’opera che durante gli anni e i secoli successivi alla sua realizzazione.

Quello che salta quasi subito all’occhio specialmente nel periodo o stile romanico ma anche nel primo stile gotico è l’orientamento del quale abbiamo già parlato più volte. Scrive Guillame Durand De Mende: “Essa (la chiesa) deve essere costruita in modo tale che il capo guardi dritto verso l’Oriente. L’abside della chiesa sarà dunque rivolta verso l’alzarsi equinoziale del Sole, per significare che la Chiesa, che combatte sulla terra, si deve comportare con moderazione e giustizia d’animo nella gioia come nelle afflizioni; non bisogna quindi orientare l’abside verso l’alzarsi del Solstizio come fanno alcuni”.

Inoltre:

La disposizione della chiesa “materiale” rappresenta la forma del corpo umano, visto che la balaustra o il luogo dove si trova l’altare rappresenta la testa, e la croce dell’una e dell’altra parte le braccia e le mani; infine l’altra parte che si estende dopo occidente, tutto il resto del corpo”.

lunedì 2 novembre 2020

Bloody Mary

di Chiara Sacchetti

In questo periodo autunnale con cieli spesso scuri e l’aria nebbiosa quasi volesse nascondere qualcosa è permesso raccontare anche una storia da brividi, non soltanto dati dal freddo! La protagonista è la famosissima Bloody Mary, o “Maria la sanguinaria” che fra l’altro, ha dato recenti origini anche all’omonimo cocktail.

La vicenda, a quanto viene raccontato, risale più o meno alla fine dell’Ottocento in un villaggio degli Stati Uniti d’America quando una sedicenne di nome Mary Stewart, figlia del medico del luogo, si ammalò di tifo, o almeno al padre sembrò data la febbre altissima e lo stato di semi incoscienza in cui si trovava la poveretta. Il genitore con questo sospetto, dato che non c’era molto da fare per salvare la sventurata, e per evitare che la malattia si spargesse per tutto il paese, decise di mettere la figlia in una bara e di seppellirla. La madre, una lavandaia cattolicissima disperata per quella decisione, pose legato al polso della ragazza un campanello che sbucava dal terreno così che la figlia, se miracolosamente fosse guarita, muovendosi avrebbe fatto tintinnare il sonaglio richiamando su di sé l’attenzione in modo da salvarsi. La donna, visto che la casa era molto distante dal cimitero, scelse di riposare proprio vicino alla tomba, ma il marito le somministrò un sonnifero e una volta addormentata la riportò a casa, conscio del fatto che anche se la figlia si fosse svegliata sarebbe morta comunque per asfissia.

Cimitero
Cimitero

giovedì 29 ottobre 2020

Il simbolismo del portale d’ingresso delle chiese

di Mario Pagni

Budapest, portale gotico della chiesa romanica di Jak
Budapest, portale gotico della chiesa romanica di Jak

Proseguendo il nostro cammino nel mondo dei simboli con particolare riferimento alle architetture e agli edifici antichi, dopo il campanile e la cupola incontriamo un altro elemento importante comune sia a edifici civili che religiosi sia in ambito antico che moderno. Si tratta del portale d’ingresso che di per se considerando l’ambito civile altro non offre che una sicurezza per chi abita all’interno e una accoglienza per chi invece vorrebbe entrare. Nelle chiese e nelle cattedrali gotiche medievali in particolare però, questo elemento architettonico, rappresentava sempre e comunque un “passaggio” fra il mondo profano e quello sacro posto all’interno. Questa è la prima importante considerazione a proposito del portale che ci fa anche capire il perché di tanti ricchissimi elementi decorativi posti sulle cornici esterne e davanti all’ingresso stesso.

Scrive Guillaume Durand de Mende: La porta della chiesa è Cristo. Ed ecco perché si legge nel Vangelo: “Io sono la porta dice il Signore”. Anche gli apostoli sono le porte della chiesa. Il termine “ostium” (porta) deriva da “obsistendo” (porsi di fronte a coloro che stanno fuori), oppure da “ostendendo” (mostrare loro l’entrata). Il battente della porta (valva) arriva da “volvere” (girare) e porta da “portando”, (portare) poiché è attraverso di essa che si porta e si reca nella chiesa tutto ciò che si offre a Dio”.

Nel medioevo il portale delle chiese aveva un grande valore sia simbolico che comunicativo. Il protiro come i leoni stilofori che sostengono le colonne poste ai lati che proteggono l’accesso, non è altro che una storica reminiscenza del quadriportico che aveva caratterizzato le basiliche paleocristiane.

lunedì 26 ottobre 2020

Margherita Porete e il Miroir des simples âmes

di Chiara Sacchetti

Della vita di Margherita sappiamo molto poco. Le uniche date conosciute sono quella presunta della sua nascita, fra il 1250/60 probabilmente nella contea di Hainaut nelle Fiandre vicino a Brabante, e quella della sua morte, avvenuta sul rogo il 1° giugno 1310 a Parigi. Da alcune cronache, siamo a conoscenza anche che era una beghina, ovvero una persona che senza prendere ufficialmente dei voti si dedicava alla vita monastica all’interno di associazioni religiose al di fuori della Chiesa Cattolica. Alcuni studiosi l’avrebbero invece legata ai Fratelli del Libero Spirito, una associazione religiosa considerata eretica per le visioni antidottrinali ma che ha con sé, come vedremo fra poco, molte opinioni simili a Margherita. Oltre a questo niente di più .

Stampa quattrocentesca con Margherita Porete
Stampa quattrocentesca con Margherita Porete

Di lei e della sua storia ci restano infatti soltanto gli atti del processo che la condannò a morte e il suo libro, causa e motivo dell’accusa di eresia, il “Miroir des simples âmes” ossia “Lo specchio delle anime semplici”, che nonostante fosse stato bruciato e messo al bando fra i libri proibiti ha continuato a circolare fino ad oggi. Alcuni amanuensi e studiosi, evidentemente sfidando la Chiesa e le altre istituzioni, hanno continuato a copiarlo come era consuetidine nel Medioevo e per fortuna è riuscito ad arrivare fino ai giorni nostri.

giovedì 22 ottobre 2020

Il simbolismo della cupola

di Mario Pagni

Siena, Duomo, Cupola interno
Siena, Duomo, Cupola interno

Dopo aver affrontato se pure a grandi linee il simbolismo del campanile e della torre campanaria in genere sia dal punto di vista cristiano che riferito ad altri culti e religioni presenti nel mondo sia antico che attuale, spostiamo la nostra sfera di interesse verso quello che potremo definire in architettura il “simbolo dei simboli”: la cupola.

Dice Guillaume Durand de Mende nel suo storico libro “Manuale per comprendere il significato simbolico delle cattedrali e delle chiese”: “ La cupola ossia la sommità alta e rotonda del tempio sulla quale si posa la croce, vuole significare, a causa della sua forma rotonda, con quale perfezione e quale inviolabilità la fede cattolica deve essere predicata e praticata; giacchè se non la si osserva interamente e senza macchia, si morrà per sempre nell’eternità.”

Nella complessa realtà e nelle sapienti verità trasmesse espresse dal simbolo in generale fino dai primordi della storia dell’uomo, la forma geometrica della cupola o “a cupola”, raccoglie in se tanti altri significati che vanno in questo caso ben oltre a quanto espresso pur correttamente dal credo cattolico – cristiano.

lunedì 19 ottobre 2020

Bastet la dea gatto

di Chiara Sacchetti     

Fra le numerose divinità dell’Antico Egitto troviamo la dea Bastet raffigurata come un gatto completamente nero o come una donna con la testa di gatto, animale adorato e venerato così tanto dagli egizi da mummificarlo e porlo nelle tombe assieme ai defunti “umani” e da dedicargli anche templi ed edifici stupendi. Uno dei principali motivi di tale devozione, soprattutto per la gente comune, era sicuramente che il gatto per la sua indole teneva lontani i topi dai granai, riserve fondamentali per la sopravvivenza dell’intera popolazione, cosa che scongiurava la carestia; in più era anche utile contro i serpenti e i loro morsi dato che sapeva benissimo quali erbe utilizzare come antidoto. Per i nobili, invece, i gatti erano simbolo di ricchezza, di uno status importante e di grazia per il loro portamento e le eleganti mosse felpate.

Di certo non dobbiamo immaginarci l’animale addomesticato come alcuni di noi tengono in casa, anche se gli egizi vedevano i gatti anche come guardiani spirituali che sorvegliavano le dimore e per questo non esistevano case o templi in cui non abitasse questo affascinante felino. Quando il gatto moriva il padrone, in segno di lutto per la perdita e di rispetto nei confronti della dea a lui associata, si radeva le sopracciglia.

Il gatto era amato e venerato ufficialmente perché era considerato dagli egizi la rappresentazione terrena della dea e per questo era ritenuto così importante e sacro che furono emanate numerosi leggi a sua tutela, che vietavano di fargli del male o di allontanare l’animale oltre i confini tanto che chi trasgrediva tali disposizioni rischiava addirittura la pena di morte.

John Weguelin, L'ossequi al gatto egizio
John Weguelin, L'ossequi al gatto egizio

giovedì 15 ottobre 2020

Il simbolismo del campanile

di Mario Pagni

Ogni singola parte di un edificio ha delle motivazioni precise attribuibili ad esigenze di ordine pratico ma anche specialmente per quanto riguarda edifici antichi o vetusti, segnali precisi di ordine mistico e simbolico. La nostra breve considerazione riferita a questi ultimi riguarda proprio tali segnali con il loro messaggio trasmesso sia a livello archetipico, allegorico ma soprattutto proprio con la loro simbologia. Qui prima di continuare occorre fare una prima importante suddivisione fra ciò che insegnano i culti antichi e le attuali religioni con ciò che invece è trattato come linea di fondo a livello esoterico. Non è una suddivisione netta perché tutti i messaggi scolpiti nelle pietre di una chiesa o negli affreschi di noti pittori, parlano sostanzialmente all’uomo, con i suoi problemi , le sue paure ma anche la sua grande voglia spontanea di apprendere attraverso una conoscenza che ha oltrepassato i secoli servendosi di un linguaggio comune a tutti e per tutti.

“Nel profilo delle nostre città, dai paesi alle metropoli, il campanile è una presenza fondamentale, la cui assenza è quasi inimmaginabile. Storicamente è attorno al campanile che la comunità si raccoglie, punto di riferimento per la vista e per l’udito, e anche in una società più secolarizzata ed evoluta, il campanile rimane una cifra identitaria, spesso il simbolo stesso di una città, nonché una presenza protettiva e vigile, come archetipicamente è ogni torre.”

Stiamo parlando di una costruzione assai familiare nella nostra bella Italia ma che contraddistingue ogni paese o nazione del mondo dove la religione cristiana si è espressa a maggiore titolo. Tuttavia anche altre religioni hanno il loro campanile che annuncia , protegge, proclama anche per tramite degli stessi suoi seguaci o sacerdoti il loro credo religioso, un esempio per tutti è l’islamico minareto costruzione assai affascinante simile ad una matita appuntita rivolta verso il cielo con un terrazzo circolare vicino alla cuspide dal quale far partire le preghiere verso la città santa della Mecca.

lunedì 12 ottobre 2020

La Società Teosofica

di Chiara Sacchetti 

Abbiamo già parlato di Madame Blavatsky, una donna piuttosto particolare esperta di occultismo ed esoterismo che aveva essa stessa visioni fin da piccola, e anche della fondazione assieme ad un folto gruppo di esperti nel 1875 della Società Teosofica. Ma di cosa si trattava? Cosa faceva? E adesso esiste ancora?

Simbolo Società Teosofica
Simbolo Società Teosofica

Lo stemma della Società racchiude nei suoi simboli le caratteristiche principali che l’associazione intende perseguire e ha come espressione. È un uroboro rinchiuso da una svastica con sopra la parola sanscrita Om e all’interno due triangoli intrecciati con all’interno l’ankh, la croce che rappresenta l’unione dell’alto e basso Egitto  sotto il motto “There is no religion higher than truth” (non c’è religione più alta della verità). Il significato di tutti questi simboli è piuttosto complesso. L’uroboro riporta alla ciclicità della vita e di tutti gli eventi in un continuo rigenerarsi senza una fine e quindi una morte vera, cosa che riporta a sua volta sicuramente all’occultismo e alla credenza di una vita dopo la morte. L’ankh significa la vita e non a caso moltissime divinità egizie sono raffiguarate con questo oggetto fra le mani, mentre la svastica che soltanto nella storia contemporanea ha preso connotati negativi, nell’antichità indicava la religiosità e aveva un’accezione positiva. Infine i due triangoli intrecciati che formano la celebre croce di Davide, si riferiscono sicuramente alla religione ebraica con la Cabala e assieme la Trinità. La parola sanscrita Om, risulta intraducibile in lingue conosciute, ma associabile forse al greco Logos che a sua volta riporta ai primi passi della Bibbia «In principio era il Verbo, il Verbo er presso Dio e il Verbo era Dio».

giovedì 8 ottobre 2020

Modulistica architettonica applicata al sacro e alla preghiera. L'architettura cistercense

 di Mario Pagni

San Bernado
San Bernardo
L’architettura cistercense imponente e al tempo stesso sobria, povera e disadorna ha fra le sue principali caratteristiche stilistiche, una certa ripetitività modulare di elementi costruttivi sia di tipo strutturale che decorativo.

Essa inizia verso il 1135 quando San Bernardo pone le fondamenta (non solo fisiche) per la costruzione di Clairvaux, superando il primo incerto periodo quando le abbazie erano un semplice complesso di baracche lignee per diffondersi poi rapidamente in tutta Europa.

Abbiamo subito accennato alle abbazie perché saranno proprio questi edifici a veicolare quello che potremo definire lo “stile dei monaci costruttori cistercensi”. L’esempio classico di tale stile sarà l’abbazia di Fontenay, realizzata fra il 1139 e il 1147, voluta dallo stesso Bernardo di Chiaravalle e della quale ancora oggi si conservano tutti gli ambienti originali.

lunedì 5 ottobre 2020

Madame Blavatsky

 di Chiara Sacchetti

Eléna Petróvna von Hahn, meglio conosciuta come Helena Blavatsky o Madame Blavatsky nacque a Dnipro il 12 agosto 1831 (o secondo il calendario russo la notte fra il 30 e il 31 luglio). Primogenita di Pëtr Alekseevič von Hahn e Elena Andreevna Fadeeva, contrasse assieme alla madre il colera che in quel periodo imperversava nella loro cittadina e nonostante le poche speranze date dai medici, le due donne sopravvissero alla malattia. La sua famglia discendeva da nobili origini, la madre infatti, un’autodidatta, era la figlia della principessa Yelena Pavlovna Dolgorukova, mentre il padre era un capitano dell’artiglieria reale a cavallo, lavoro che portò spesso la famiglia a trasferirsi.

Helena Blavatsky
Heleva Blavatsky

giovedì 1 ottobre 2020

I segreti delle piramidi

di Mario Pagni

Le “Vie della Conoscenza” da questo scritto in poi si occuperanno principalmente di problemi archeologici e architettonici ad ampio spettro seppure con il numero di caratteri e di cartelle a disposizione volutamente limitate ad una sommaria ma non per questo errata informazione. Lo scritto in questione verrà riproposto anche sulla pagina Facebook in generale e sull’altro sito dedicato ai “Maestri della pietra e monaci costruttori” già in condivisione ed uso da molto tempo. Occorre però subito precisare che ogni tematica che verrà affrontata, riguarderà un metodo di indagine “composito”, ovvero formato da elementi costituitivi del monumento facenti parte solo apparentemente, di altre discipline scientifico – filosofiche ma assai simili nella realtà dell’impianto costruttivo dell’opera architettonica e archeologica in oggetto. Di tale realtà ne faranno parte quindi e a pieno titolo, non solo gli aspetti estetici e le intenzioni del popolo  del maestro costruttore o dell’architetto che le ha edificate, ma anche simbologie, tecniche murarie e riferimenti storico – religiosi che ne hanno permesso a suo tempo e nel tempo il loro compimento.

“Se è vero che le forme le forme geometriche possono emettere un particolare tipo di onde, bisogna prendere in considerazione l’ipotesi che gli antichi sacerdoti egizi conoscessero queste forze assai meglio di noi e delle nostre attuali supposizioni e avessero imparato a sfruttarle in modo adeguato”.

Il concetto di “montagna sacra” è universalmente riconosciuto in ogni antico popolo. Esso identifica in forma simbolica l’eterno contatto fra la terra e il cielo. Non è difficile riscontrare in molti siti archeologici sia europei che americani o asiatici, un certo riferimento a ciò che sembra costituire un tema ricorrente nella disposizione o nella vicinanza di tale simbolico messaggio. Dalle grandi piramidi d’Egitto alle Ziggurath medio orientali, per arrivare alle cupole delle chiese cristiane e islamiche, in tutti questi casi il messaggio universale è sempre lo stesso; rappresentare in una sorta di perenne microcosmo, la grandezza del cielo e della volta celeste con i suoi milioni di astri, disegnato o dipinto, nel soffitto di queste gigantesche emblematiche costruzioni. Uno dei maggiori e imponenti esempi di questa simbologia sono le piramidi egiziane in particolare quelle poste nella piana di Gizah nei pressi della caotica città del Cairo.

Vista aerea della piana di Gizah

lunedì 28 settembre 2020

Santa Teresa d'Avila

di Chiara Sacchetti

Terza figlia di Alfonso Sánchez de Cepeda e di Beatrice de Ahumada, Teresa de Haumada nacque il 28 marzo 1515 dal secondo matrimonio del padre che rimasto vedovo con due figli si risposò in seconde nozze e da cui nacquero altri nove figli. Come ebbe modo di raccontare lei stessa, la sua famiglia era composta da genitori virtuosi e timorati di Dio, cosa che la influenzò sicuramente nelle sue future scelte.

Della sua infanzia si sa pochissimo se non di un episodio che la vide protagonista assieme al fratello Rodrigo. I due ragazzini scapparono infatti di casa alla ricerca dell’isola dei “mori” dove pensavano di versare il loro sangue per la fede per “vedere Dio” e imitando la vita dei martiri di cui avevano sentito raccontare e avevano letto nelle agiografie. Da queste letture, sappiamo, che Teresa aveva imparato due cose, la prima “il fatto che tutto quello che appartiene al mondo di qua, passa”, l’altra che solo Dio è “per sempre, sempre, sempre”. Lo zio fortunatamente ritrovò e salvò i due “fuggitivi” riportandoli a casa. I due bambini capendo l’impossibilità di divenire martiri, decisero di condurre una vita solitaria costruendosi in giardino una celletta dove andavano a meditare e pregare.

Santa Teresa d'Avila
Santa Teresa d'Avila
A soli dodici anni Teresa restò orfana di madre, evento che la sconvolse moltissimo al punto tale da non riuscire a trovare conforto sulla Terra cadendo in una profonda crisi esistenziale. Due anni dopo, mentre la sorella maggiore si stava per sposare,  Teresa entrò in stretto contatto con una cugina di carattere frivolo e  leggero, spinta anche dai romanzi che di nascosto la madre le aveva letto, si innamorò proprio di un cugino.

giovedì 24 settembre 2020

Gusci Vuoti. L'anima delle costruzioni

di Mario Pagni

Barcellona, Spagna, La Sagrada Familia, Tempio in continuo divenire
Barcellona, Spagna, La Sagrada Familia, Tempio in continuo divenire

Nel corso della mia personale esperienza di architetto - archeologo ho visitato tanti luoghi bellissimi centinaia forse migliaia e ognuno aveva un alone di fascino diverso dagli altri, ma tutti accomunati da una sorta di dilemma interiore che riconduceva forse al mio stesso bisogno personale di indagine e di voglia e volontà di scoprire e soprattutto di capire. In molti casi però mi sono accorto che questi luoghi se pure pubblicizzati a vario titolo, spesso anche malamente e con poca vera conoscenza di essi, erano gusci vuoti ormai senza una vera identità e una propria anima. Un esempio per tutti Castel del Monte in Puglia, monumento misterico ancora non del tutto spiegato sia  architettonicamente ma anche dal punto di vista astronomico per le sue reali funzioni.

lunedì 21 settembre 2020

Melusina

 di Chiara Sacchetti

Quando abbiamo parlato della sirena bicaudata ci siamo imbattuti nel personaggio di Melusina, uno degli esempi letterari e mitologici di questi misteriosi esseri. Ma chi era davvero questa creatura particolare?

L’etimologia del suo nome non è così sicuro. Nel dictionnaire Littré la donna viene chiamata Merlusigne in riferimento alla sua natura (anche) acquatica, mentre alcuni studiosi, ritengono il suo nome una derivazione della sua casata della Maison de Lusignane. Altri ancora credono invece che il nome avrebbe origini bretoni e sarebbe collegato alla fabbricazione del miele (Mieleusine).

In saghe precristiane greche e latine e anche nel Vicino Oriente Antico, troviamo storie che ricordano o che possono essere riconducibili con riferimenti agli eventi che conosciamo, ma sarà soltanto nel Tardo Medioevo che questo personaggio darà vita a storie fatate e immaginarie.

La letteratura ci racconta di lei nell’Histoire de Lusignan (o anche Roman de Mélusina) un’opera scritta fra il 1387 e il 1394 da Giovanni di Arras. Questo scrittore francese ebbe la commissione dal conte di Poitu che desiderava dare nobili e importanti origini alla sua casata dei Lusignano, tanto da chiedere di renderla leggendaria facendola fondare da questa immaginaria creatura. Tra poi i suoi sudditi c’era la voce che di notte la fata Melusina portasse nel suo grembiule (come fosse un grembo materno) le pietre per costruire castelli e altri edifici anche religiosi dentro le sue proprietà. 

Il libro Roman de Melusine
Dopo di lui molti altri nobili si fregiavano delle stesse origini mitiche  non a caso la sua figura, (in particolare quella di donna pesce a due code), si ritrova anche negli stemmi araldici di alcune famiglie. Un secondo romanzo, giusto per fare un esempio, fu scritto soltanto pochi anni dopo dal libraio di Parigi Coudrette per celebrare la famiglia di Parthenay e in cui vengono sottolineati i legami con la casa del conte e quindi con la fata stessa.

giovedì 17 settembre 2020

Le iniziazioni al mestiere (2° parte)

Il Medioevo

di Mario Pagni

Maestri della pietra all'opera
Maestri della pietra all'opera

Trattandosi di una tematica assai vasta abbiamo deciso di dividere (forse impropriamente) le iniziazioni al mestiere della cosiddetta antichità classica secondo canoni assai generici, legati cronologicamente alla storia dell’arte, con le stesse identiche linee guida che ne vedranno forse il loro massimo sviluppo nel periodo medievale e rinascimentale.

Dopo l’anno Mille, liquidati gli oscuri territori millenaristici, si manifestò in Europa, un eccezionale fervore costruttivo, legato anche al forte incremento demografico, allo sviluppo economico, e all’investimento dei tesori accumulati per secoli o riportati dalle spedizioni in Oriente, reliquie comprese, che spesso costituivano il pretesto necessario all’edificazione. È diventata celebre la cronaca del monaco tedesco Raul Glaber, relativa a questo momento magico:

 «In tutto il mondo, ma specialmente in Italia e in Gallia, si misero a ricostruire le chiese. Era una gara, fra i popoli cristiani, a chi avesse i migliori edifici. Si sarebbe detto che il mondo volesse rivestirsi di un bianco mantello di chiese».

Nella sola Francia si costruirono in tre secoli, ottanta cattedrali e cinquecento grandi chiese; una vera e propria “crociata dell’edificare” nel XII secolo, si promettevano fra l’altro indulgenze a chi partecipasse alle fabbriche. Dal punto di vista esoterico, la Cattedrale Gotica viene interpretata come opus supremo della Muratoria medievale.

lunedì 14 settembre 2020

La sirena bicaudata

di Chiara Sacchetti

Abbiamo già parlato della sirena, essere metà umano e metà marino, che impersonificava la tentazione e la seduzione e da cui gli uomini dovevano stare lontani. Una variante di questo essere è la cosiddetta sirena bicaudata (bifida), o a due code, ornamento  di moltissimi edifici ed oggetti fino dall’antichità che porta con sé profondi significati allegorici e simbolici non sempre mutati bensì riconoscibili nel corso del tempo.

Presente fin dai primordi della civiltà, questa creatura era raffigurata negli ingressi di grotte prima e di chiese poi ma anche vasi e altri oggetti di uso quotidiano. La sua origine è da ricercarsi soprattutto nell’uso come simboli di natura sessuale  posti agli ingressi già nell’era protostorica di grotte e luoghi ritenuti sacri o da proteggere, per allontanare le forze maligne e soprattutto assicurare a chi vi abitava fertilità procreazione e rinascita. Così troviamo queste raffigurazioni davanti ad abitazioni, luoghi di culto come chiese e santuari  ma anche necropoli.

In ambito italiano e in Etruria antica in particolare, troviamo per esempio raffigurata questa creatura mitologica, sul timpano del finto ingresso di una celeberrima tomba della necropoli etrusca di Sovana nella maremma  toscana, chiamata appunto “Tomba della Sirena”. Tipica della iconografia funeraria essa svolgeva infatti il ruolo di accompagnatrice delle anime nel mondo dell’Aldilà. La doppia coda simbolicamente ha significato di grande potere, simile per certi versi alle divinità del mondo Hindù anch’esse con doppi o multi arti.

tomba della sirena sovana
Sovana, Tomba della sirena
Moltissime sono anche le chiese romaniche, soprattutto della Toscana, dove nei capitelli o nelle basi delle colonne  sono raffigurate le sirene bifide come, (giusto per citarne una), nel pulpito della bellissima pieve di Gropina.

giovedì 10 settembre 2020

Le iniziazioni al mestiere (1° parte)

L’antichità classica

di Mario Pagni

Monumento funerario a Lucio Alfio
Monumento funerario a Lucio Alfio

“L’arte di costruire nell’antichità classica era ben identificata con la geometria; i rapporti numerici e le proporzioni tra le misure degli edifici, avevano somma importanza. Esistevano moduli (rapporti proporzionali) segreti in base ai quali le varie parti dell’edificio, erano assemblate, come testimonia tutta l’opera omnia di Vitruvio in proposito con somma armonia. Tali moduli sono stati riconosciuti dagli archeologi e identificati con assoluti esempi presenti nella civiltà della Grecia classica come lo stesso “Partendone” nel quale sarebbe presente anche una armonia di tipo musicale. La conoscenza del modulo presupponeva tutta una serie di conoscenze più vaste sia da parte dei pitagorici che dei sacerdoti egizi, che andavano dalle dimensioni del globo terrestre, al movimento degli astri e ai loro influssi”.

lunedì 7 settembre 2020

La sirena

di Chiara Sacchetti

Tentatrice, seduttrice e ammaliatrice ma anche conoscitrice e portatrice di saggezza. È la sirena, creatura mitologica a metà fra il regno marino e quello terrestre, metà donna e metà pesce che fin dal principio, è colei che incarna le più terribili caratteristiche femminili.

Una raffigurazione della sirena in un antico testo
Una raffigurazione della sirena in un antico testo
In generale la donna, fin dall’antichità come abbiamo già visto, è stata sempre simbolo di corruzione e peccato: nella religione cristiana non possiamo non ricordarci di Eva, il primo essere femminile creato da Dio, che insidia Adamo, sua povera e scaltra vittima, condannando con ciò l’intera umanità al dolore e alla sofferenza. Solo l’arrivo sulla terra del Cristo, figlio di Dio, salva l’uomo dal peccato con il sacrificio sulla  croce, e per suo tramite attraverso i sacramenti, conduce l’essere umano alla salvezza e al Paradiso.