di Mario Pagni
Barcellona, Spagna, La Sagrada Familia, Tempio in continuo divenire
Nel corso della mia personale esperienza di architetto - archeologo ho visitato tanti luoghi bellissimi centinaia forse migliaia e ognuno aveva un alone di fascino diverso dagli altri, ma tutti accomunati da una sorta di dilemma interiore che riconduceva forse al mio stesso bisogno personale di indagine e di voglia e volontà di scoprire e soprattutto di capire. In molti casi però mi sono accorto che questi luoghi se pure pubblicizzati a vario titolo, spesso anche malamente e con poca vera conoscenza di essi, erano gusci vuoti ormai senza una vera identità e una propria anima. Un esempio per tutti Castel del Monte in Puglia, monumento misterico ancora non del tutto spiegato sia architettonicamente ma anche dal punto di vista astronomico per le sue reali funzioni.
Puglia, Castel del Monte |
La mia sensazione è stata di un edificio creato per contenere
qualcosa di diverso e di indubbiamente prezioso. Adesso però quell’oggetto non
c’è più e come per le cicale della calda estate, c’è rimasto solo un guscio
vuoto almeno apparentemente senza significato. Le pietre parlano è vero ma
senza una adeguata conoscenza di chi le ha assemblate e lo scopo per il quale
si è voluto compiere tale operazione, esse non sono in grado di raccontare
niente. Di esse e del rudere o della costruzione integra o quasi che compongono
l’insieme architettonico – archeologico, potremo, grazie alle fonti scritte più
o meno precise, risalire alla storia e alle funzioni dell’edificato presente, ma
mai fino in fondo, all’anima del costruttore e alla sua volontà di ”creare”
quasi in concorrenza con il Divino il suo modesto ma significativo tempio
interiore.
Puglia, Castel del Monte, cortile interno |
Per restare in ambito toscano e per cercare di far capire
bene in cosa consistono le nostre apparentemente astratte considerazioni,
porteremo come esempio un edificio che ha fatto della sua vetustà, ma anche
della sua caratteristica di rudere scheletrico monumentale, la sua arma
vincente in termini di comunicazione, sia a livello turistico che da parte di
studiosi e appassionati di esoterismo. Stiamo parlando dell’abbazia cistercense
di San Galgano posta nella val di Merse sull’antica via delle colline
metallifere, nelle vicinanze di Siena.
Cielo stellato sopra l'abbazia di San Galgano in provincia di Siena |
Chi viene a visitare il monumento, oltre ad essere attratto
dalla bellezza del luogo, lo è anche per la suggestione che la costruzione
priva del tetto, riesce ancora oggi a trasmettere. Nella preistoria l’uomo
osservava la volta celeste da radure o da spazi sacri delimitati da pietre o
tracce nel terreno. Da quella postazione egli cercava di rendersi conto della
grandezza della natura che lo circondava, ponendosi dubbi, paure, ma anche
provando tanta ammirazione alla quale rispondeva con meraviglia e stupore,
attribuendo all’insieme un valore sacrale di estrema rilevanza.
Delimitazione antica di uno spazio |
La costante che ancora oggi permane sia al semplice
visitatore notturno che allo studioso di storia o di esoterismo, è la
possibilità di osservare ancora il cielo, (la vera volta celeste), in un ambito
delimitato da autentiche strutture
storiche in stile gotico, definibile come “tempio ragionato e interpretato
dall’uomo, ma per vicissitudini indipendenti dalla vera intenzione, a stretto
contatto con la grandezza del creato”. La mancanza della copertura permette
infatti ancora oggi, di raggiungere tale scopo e di godere
in contemporanea del macrocosmo (la volta celeste), e del microcosmo (il
tempio costruito dall’uomo ad imitazione in scala ridotta del creato stesso).
Ecco che anche un “guscio vuoto” può parlare comunicando delle sensazioni
simili a quelle dell’uomo preistorico, che un edificio coperto non può
trasmettere se non attraverso simboli e allegorie posti all’interno di esso, ad
esempio la volta decorata con il cielo stellato.
Raffigurazione pittorica della volta celeste |
Il “guscio vuoto” quindi resta tale anche se chi lo visita è seguito
da capaci guide turistiche o ne conosce bene la storia, l’architettura e i vari
metodi costruttivi impiegati all’epoca. Chi invece può ancora parlare
dell’anima del costruttore, sono i simboli, ovvero quei messaggi scolpiti o
incisi nella pietra, nascosti dietro qualche nervatura, o nei conci di chiave
delle mastodontiche volte, che assieme al portale di ingresso diaframma fra
profano e sacro, spiegano realmente ma
solo a chi è in grado di recepire il secolare messaggio, la vera sacralità del
luogo, toccando quella parte di cervello dell’essere umano, che invita alla
reale introspezione e alla conoscenza di noi stessi e delle reali profonde
motivazioni per le quali siamo su questo pianeta.
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