di Chiara Sacchetti
Abbiamo già parlato della sirena, essere metà umano e metà
marino, che impersonificava la tentazione e la seduzione e da cui gli uomini dovevano
stare lontani. Una variante di questo essere è la cosiddetta sirena bicaudata
(bifida), o a due code, ornamento di
moltissimi edifici ed oggetti fino dall’antichità che porta con sé profondi
significati allegorici e simbolici non sempre mutati bensì riconoscibili nel
corso del tempo.
Presente fin dai primordi della civiltà, questa creatura era raffigurata negli ingressi di grotte prima e di chiese poi ma anche vasi e altri oggetti di uso quotidiano. La sua origine è da ricercarsi soprattutto nell’uso come simboli di natura sessuale posti agli ingressi già nell’era protostorica di grotte e luoghi ritenuti sacri o da proteggere, per allontanare le forze maligne e soprattutto assicurare a chi vi abitava fertilità procreazione e rinascita. Così troviamo queste raffigurazioni davanti ad abitazioni, luoghi di culto come chiese e santuari ma anche necropoli.
In ambito italiano e in Etruria antica in particolare,
troviamo per esempio raffigurata questa creatura mitologica, sul timpano del
finto ingresso di una celeberrima tomba della necropoli etrusca di Sovana nella
maremma toscana, chiamata appunto “Tomba
della Sirena”. Tipica della iconografia funeraria essa svolgeva infatti il
ruolo di accompagnatrice delle anime nel mondo dell’Aldilà. La doppia coda
simbolicamente ha significato di grande potere, simile per certi versi alle
divinità del mondo Hindù anch’esse con doppi o multi arti.
Moltissime sono anche le chiese romaniche, soprattutto della
Toscana, dove nei capitelli o nelle basi delle colonne sono raffigurate le sirene bifide come, (giusto
per citarne una), nel pulpito della bellissima pieve di Gropina.Sovana, Tomba della sirena
L’interpretazione più comune di questo simbolo, in quei
contesti per così dire “primitivi” è stata ed è quella di fecondità e
rigenerazione, anzi alcuni studiosi hanno perfino ipotizzato che le due code
andassero a significare oltre alla doppia natura umana e marina, anche la possibilità
di passaggio dal mondo terreno a quello ultaterreno o divino come nell’uso
riferito alle antiche necropoli di cui abbiamo parlato. In questa visione la
sirena diveniva quindi una divinità psicopompa
che con la capacità di passare da un mondo all’altro accompagnava appunto le
anime dei defunti nell’aldilà, e forse non a caso era posta agli ingressi di
tombe e antri. La posizione con cui tiene le code, oltre ad essere un chiaro
riferimento alla fertilità richiamerebbe anche la lettera greca Ω, l’omega infatti, simboleggia da
sempre la fine del principio, ma allo stesso tempo la ciclicità della vita. Le
sue code infatti vengono afferrate dalle mani della creatura in un continuo
ciclo senza fine, dalla vita alla morte e dalla morte alla vita.
Bologna, capitello con la sirena bicaudata
Nella tradizione medievale questa creatura viene ben
identificata nel personaggio di Melusina, sposata con il principe di Lusignano
Raimondino, che per tutta la settimana era una donna normale mentre nella notte
fra sabato e domenica si separava da lui non potendosi mostrare trasformandosi proprio
in sirena. Una volta, colto da curiosità e da troppo amore, l’uomo amato
convinse la donna a restare con lui anche nella giornata proibita e da quel
momento in poi essa sarebbe costretta a tornare sempre nel suo elemento
principale ovvero l’acqua. Paracelso ci dice che: “Melusine” erano donne serpente che abitano nel sangue dove ritrovano
il loro ambiente naturale acquatico liquido da cui provengono”. Non è un
caso poi che per gli alchimisti la sirena bifida fosse una divinità nata dalla
profondità del mare e sempre secondo la loro credenza, dai suoi seni scorgavano
sangue e latte che attraverso la cottura si trasformano rispettivamente in oro
e argento.
Il personaggio di Melusina inoltre viene rappresentato
normalmente mentre mostra i suoi attributi femminili, questa posizione assai
particolare rimanda ad un rituale di fertilità dell’antico Egitto legato al
culto del Bue Api. In tale occasione infatti le donne, al passaggio davanti al
dio o mentre lo portavano in processione, allargavano le gambe per ricevere i
suoi benefici e cioè l’energia vitale per la procreazione.
Un’altra figura simile e che ricorda la sirena bifida è
quello di Alcina tratta dal Guerrin Meschino di Andrea da Barberino, ma
presente anche nell’Orlando furioso. La donna aveva con sé moltissime ancelle
che lasciava libere di uscire ad una sola condizione, quella di rientrare prima
della mezzanotte altrimenti sarebbero state trasformate in serpenti. Questi
animali, assieme ai pesci (entrambi e come tutti gli animali a sangue freddo e
dalle squame viscide), quindi anche tutte le sirene, erano simbolo di seduzione
e potere, che uscivano dal loro ambiente naturale per sedurre l’amante.Germania, XV sec. xilografia colorata di Melusina
Nel tempo questi simboli sono stati integrati e trasportati anche
nella nascente religione cristiana e quindi nei luoghi di culto che però mal
potevano ovviamente tollerare quei simboli così troppo sessuali, in un luogo sacro
ma casto e pudico. E così avvenne la trasformazione della sirena che nella
religione cristiana divenne fra l’altro anche simbolo della tentazione e monito
per i fedeli per i rischi a cui potevano quindi incorrere dovendole
fronteggiare e combattere.
Successivamente di quella sirena a due code che aperte
mostrava l’organo sessuale femminile non restò che soltanto un ricordo,
divenendo però il simbolo stilizzato della vesica
piscis, (letteralmente vescica di pesce), che con la sua forma ogivale
venne così in modo abbastanza repentino a sostituire ogni chiaro riferimento
femminile. Geometricamente essa nasce dalla contrapposizione di due cerchi
uguali nelle dimensioni che vengono a contatto per il centro della figura, così
che la circonferenza dell’uno tocchi il centro dell’altro. La figura che viene
così a formarsi è quella di un ovale che simboleggia una mandorla ma anche, in
maniera meno palese per i fedeli che non erano “istruiti” quello dell’organo
femminile, nel significato intrinseco del cielo dei vivi che entra in contatto
con quello dei morti. Le figure dei santi, in particolare quelle di Gesù e
della Madonna, non a caso vengono spesso rappresentate all’interno di questa metafora
che simboleggia il tutto, ma assieme anche la protezione e la rinascita.
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