lunedì 14 settembre 2020

La sirena bicaudata

di Chiara Sacchetti

Abbiamo già parlato della sirena, essere metà umano e metà marino, che impersonificava la tentazione e la seduzione e da cui gli uomini dovevano stare lontani. Una variante di questo essere è la cosiddetta sirena bicaudata (bifida), o a due code, ornamento  di moltissimi edifici ed oggetti fino dall’antichità che porta con sé profondi significati allegorici e simbolici non sempre mutati bensì riconoscibili nel corso del tempo.

Presente fin dai primordi della civiltà, questa creatura era raffigurata negli ingressi di grotte prima e di chiese poi ma anche vasi e altri oggetti di uso quotidiano. La sua origine è da ricercarsi soprattutto nell’uso come simboli di natura sessuale  posti agli ingressi già nell’era protostorica di grotte e luoghi ritenuti sacri o da proteggere, per allontanare le forze maligne e soprattutto assicurare a chi vi abitava fertilità procreazione e rinascita. Così troviamo queste raffigurazioni davanti ad abitazioni, luoghi di culto come chiese e santuari  ma anche necropoli.

In ambito italiano e in Etruria antica in particolare, troviamo per esempio raffigurata questa creatura mitologica, sul timpano del finto ingresso di una celeberrima tomba della necropoli etrusca di Sovana nella maremma  toscana, chiamata appunto “Tomba della Sirena”. Tipica della iconografia funeraria essa svolgeva infatti il ruolo di accompagnatrice delle anime nel mondo dell’Aldilà. La doppia coda simbolicamente ha significato di grande potere, simile per certi versi alle divinità del mondo Hindù anch’esse con doppi o multi arti.

tomba della sirena sovana
Sovana, Tomba della sirena
Moltissime sono anche le chiese romaniche, soprattutto della Toscana, dove nei capitelli o nelle basi delle colonne  sono raffigurate le sirene bifide come, (giusto per citarne una), nel pulpito della bellissima pieve di Gropina.

L’interpretazione più comune di questo simbolo, in quei contesti per così dire “primitivi” è stata ed è quella di fecondità e rigenerazione, anzi alcuni studiosi hanno perfino ipotizzato che le due code andassero a significare oltre alla doppia natura umana e marina, anche la possibilità di passaggio dal mondo terreno a quello ultaterreno o divino come nell’uso riferito alle antiche necropoli di cui abbiamo parlato. In questa visione la sirena diveniva quindi una divinità psicopompa che con la capacità di passare da un mondo all’altro accompagnava appunto le anime dei defunti nell’aldilà, e forse non a caso era posta agli ingressi di tombe e antri. La posizione con cui tiene le code, oltre ad essere un chiaro riferimento alla fertilità richiamerebbe anche la lettera greca Ω, l’omega infatti, simboleggia da sempre la fine del principio, ma allo stesso tempo la ciclicità della vita. Le sue code infatti vengono afferrate dalle mani della creatura in un continuo ciclo senza fine, dalla vita alla morte e dalla morte alla vita.

Bologna capitello con la sirena bicaudata
Bologna, capitello con la sirena bicaudata

Nella tradizione medievale questa creatura viene ben identificata nel personaggio di Melusina, sposata con il principe di Lusignano Raimondino, che per tutta la settimana era una donna normale mentre nella notte fra sabato e domenica si separava da lui non potendosi mostrare trasformandosi proprio in sirena. Una volta, colto da curiosità e da troppo amore, l’uomo amato convinse la donna a restare con lui anche nella giornata proibita e da quel momento in poi essa sarebbe costretta a tornare sempre nel suo elemento principale ovvero l’acqua. Paracelso ci dice che: “Melusine” erano donne serpente che abitano nel sangue dove ritrovano il loro ambiente naturale acquatico liquido da cui provengono”. Non è un caso poi che per gli alchimisti la sirena bifida fosse una divinità nata dalla profondità del mare e sempre secondo la loro credenza, dai suoi seni scorgavano sangue e latte che attraverso la cottura si trasformano rispettivamente in oro e argento.

Il personaggio di Melusina inoltre viene rappresentato normalmente mentre mostra i suoi attributi femminili, questa posizione assai particolare rimanda ad un rituale di fertilità dell’antico Egitto legato al culto del Bue Api. In tale occasione infatti le donne, al passaggio davanti al dio o mentre lo portavano in processione, allargavano le gambe per ricevere i suoi benefici e cioè l’energia vitale per la procreazione.

Melusina, xilografia colorata Germania XV sec.
Germania, XV sec. xilografia colorata di Melusina
Un’altra figura simile e che ricorda la sirena bifida è quello di Alcina tratta dal Guerrin Meschino di Andrea da Barberino, ma presente anche nell’Orlando furioso. La donna aveva con sé moltissime ancelle che lasciava libere di uscire ad una sola condizione, quella di rientrare prima della mezzanotte altrimenti sarebbero state trasformate in serpenti. Questi animali, assieme ai pesci (entrambi e come tutti gli animali a sangue freddo e dalle squame viscide), quindi anche tutte le sirene, erano simbolo di seduzione e potere, che uscivano dal loro ambiente naturale per sedurre l’amante.

Nel tempo questi simboli sono stati integrati e trasportati anche nella nascente religione cristiana e quindi nei luoghi di culto che però mal potevano ovviamente tollerare quei simboli così troppo sessuali, in un luogo sacro ma casto e pudico. E così avvenne la trasformazione della sirena che nella religione cristiana divenne fra l’altro anche simbolo della tentazione e monito per i fedeli per i rischi a cui potevano quindi incorrere dovendole fronteggiare e combattere.

Successivamente di quella sirena a due code che aperte mostrava l’organo sessuale femminile non restò che soltanto un ricordo, divenendo però il simbolo stilizzato della vesica piscis, (letteralmente vescica di pesce), che con la sua forma ogivale venne così in modo abbastanza repentino a sostituire ogni chiaro riferimento femminile. Geometricamente essa nasce dalla contrapposizione di due cerchi uguali nelle dimensioni che vengono a contatto per il centro della figura, così che la circonferenza dell’uno tocchi il centro dell’altro. La figura che viene così a formarsi è quella di un ovale che simboleggia una mandorla ma anche, in maniera meno palese per i fedeli che non erano “istruiti” quello dell’organo femminile, nel significato intrinseco del cielo dei vivi che entra in contatto con quello dei morti. Le figure dei santi, in particolare quelle di Gesù e della Madonna, non a caso vengono spesso rappresentate all’interno di questa metafora che simboleggia il tutto, ma assieme anche la protezione e la rinascita.

Firenze, duomo di santa Maria del Fiore, porta della Mandorla

Firenze, duomo santa Maria del Fiore, porta della Mandorla


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