di Mario Pagni
Castelnuovo dell'Abata, Pieve e Monastero di Sant'Antimo, Capitello d'ingresso |
Come a sottolineare la prospettiva della navata centrale verso l’altare principale di una chiesa e a scandirne geometricamente gli spazi, le colonne e i capitelli ad esse sovrapposti, costituiscono una vera e propria trama che racconta la vita e le funzioni primarie del tempio stesso nel quale ci troviamo. Non è raro infatti che assieme ai consueti riutilizzi di precedenti manufatti di epoca romana e paleocristiana, vi siano inseriti elementi architettonici e decorativi coevi allo stile generale dell’edificio, in grado di raccontare simbolicamente vicende non solo bibliche, ma anche la semplice condizione umana dell’uomo del medioevo. Già ben prima dell’apparire dello stile gotico infatti, nei capitelli sovrastanti sia colonne che pilastri delle pievi e delle chiese romaniche, trovavano spazio veri e propri racconti, composti da simboli e allegorie che aiutavano il fedele a capire meglio la realtà del luogo dove egli stesso si trovava e pregava.
Firenze, Basilica di Santa Maria Novella, interno |
Le storie
della rivelazione, la descrizione dei vizi e delle virtù, la stessa voluta
illustrazione dei ritmi stagionali e delle attività legate all’agricoltura e al
lavoro nei campi, l’esemplare vita condotta dai santi del luogo, fungevano da
libro figurato per gli ignoranti e i “semplici”. Il ciclo sacro raccolto e
raccontato proprio dal punto più basso ma anche da quello fisicamente più
lontano dall’abside e dall’altare, dove prima di ogni altra cosa trovava spazio
l’Illuminazione della “Celeste Gloria”.
Scrive
Guillaume de Mende:
“Le colonne della chiesa sono i vescovi e i dottori che sostengono il
tempio di Dio con la dottrina cattolica, come gli evangelisti sostengono
spiritualmente il trono di Dio. E questi a causa del suono rimbombante della
parola divina di cui essi sono la eco, sono chiamati le colonne d’argento,
secondo queste parole del Cantico dei cantici: “Fece alla sua dimora delle
colonne d’argento”.
E ancora: Le basi delle colonne
rappresentano i vescovi, successori degli apostoli, che sostengono tutto il
peso della chiesa. La sommità delle colonne è lo spirito dei vescovi e dei
dottori. Perché come le membra sono guidate dalla testa così le nostre parole
sono dirette dal nostro spirito e dalle nostre opere. I capitelli sono le
parole della santa Scrittura che
Assieme al
pulpito, dove trovavano collocazione spesso i 4 evangelisti, altro elemento
fondamentale per “l’istruzione” del fedele, le colonne alternate dai pilastri
prima rettangolari e poi con l’avvento del gotico anche di altre forme
geometriche (in sezione assumevano sia quella esagonale che quella ottagonale,
ponevano e scandivano un ritmo ed un “incedere” proprio verso l’altar maggiore;
qui ritorna il simbolismo mai dimenticato del cammino costante ma sicuro che
ognuno di noi dovrebbe compiere, per accedere ad uno stadio spirituale
superiore nel massimo luogo dove si manifesta la divinità, attraverso i
celebrati sacramenti: l’altar maggiore.
Abbazia di Fossanova, Gotico Cistercense, Pilastri |
Occorre a
questo punto fare una considerazione a carattere generale riguardante tutto il
simbolismo delle chiese ma anche dei più antichi templi pagani. Ciascuna
indicazione trasmessa attraverso bassorilievi cristiani ma anche le più antiche
“metope” dei templi greci, non erano mai fini a se stessi ma rientravano
comunque in una serie più complessa e completa di simbologie che facevano della
stessa costruzione un vero e proprio “insieme” di significati, a volte palesi a
tutti, altre volte volutamente reconditi e dedicati a chi ne possedeva la vera
chiave di lettura.
Per restare
in ambito toscano citeremo come esempio del simbolismo dei capitelli
Arezzo, Pieve di Gropina, interno |
Proprio qui
si confrontano due scuole scultoree, una certamente più arcaica e simbolista,
con gusto estremamente essenziale, legata anche stilisticamente alla vicina
pieve di Romena, l’altra invece visibile alla sinistra di chi entra, appare più
decisamente di gusto classico non solo in senso iconografico, ma anche come
modellato, con precisi riferimenti a sarcofagi di epoca romana o a sculture
dello stesso periodo. Rimandando a testi più completi sull’argomento ci
limiteremo a citare alcuni di questi capitelli che, sia dall’una che dall’altra
parte sono un esempio concreto di quanto fino ad ora sostenuto. Siamo in pieno
secolo dodicesimo quando viene scolpita la scrofa che allatta i maialini
barbarico simbolo delle stagioni, qui però si legge anche un chiaro riferimento
alla Chiesa che allatta i propri figli (fedeli) nutrendoli di vera divina
conoscenza.
Arezzo, Pieve di Gropina, capitello con la scrofa che allatta i maialini |
Nel lato
destro una lupa con le fauci spalancate attira dentro di se l’uomo divorandolo,
simbolicamente segno del peccato e del peccatore. A sinistra un lupo che
azzanna una pecora, anche qui risulta evidente l’ammonimento morale. Più avanti
spicca “l’Homo Viator”, un maestoso cavaliere (forse Carlomagno o Costantino)
che assieme ad altri due cavalieri distribuiti sui lati del capitello stesso,
affronta due figure demoniache contorte e piegate nello spazio del particolare
quanto misterico manufatto architettonico. Ci basti questo per capire come sia
le colonne che a maggiore ragione i capitelli, siano stati nel periodo e stile
sia romanico che gotico, veri emblematici esempi della conoscenza più profonda
e della trasmissione del pensiero spirituale.
Un invito a
chi ci segue di dedicare dunque maggiore tempo alla vera lettura di questi solo
apparenti dettagli che parlano invece a noi stessi, ognuno per proprio conto
della stessa nostra fragile ma significativa esistenza.
Arezzo, Pieve di Gropina, capitello con figure di cavalieri |
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