giovedì 26 novembre 2020

Colonne e capitelli. Simbologia in cammino

di Mario Pagni

Castelnuovo dell'Abata, Pieve e Monastero di Sant'Antimo, Capitello d'ingresso

Come a sottolineare la prospettiva della navata centrale verso l’altare principale di una chiesa e a scandirne geometricamente gli spazi, le colonne e i capitelli ad esse sovrapposti, costituiscono una vera e propria trama che racconta la vita e le funzioni primarie del tempio stesso nel quale ci troviamo. Non è raro infatti che assieme ai consueti riutilizzi di precedenti manufatti di epoca romana e paleocristiana, vi siano inseriti elementi architettonici e decorativi coevi allo stile generale dell’edificio, in grado di raccontare simbolicamente vicende non solo bibliche, ma anche la semplice condizione umana dell’uomo del medioevo.  Già ben prima dell’apparire dello stile gotico infatti, nei capitelli sovrastanti sia colonne che pilastri delle pievi e delle chiese romaniche, trovavano spazio veri e propri racconti, composti da simboli e allegorie che aiutavano il fedele a capire meglio la realtà del luogo dove egli stesso si trovava e pregava.

Santa Maria Novella, Firenze
Firenze, Basilica di Santa Maria Novella, interno

Le storie della rivelazione, la descrizione dei vizi e delle virtù, la stessa voluta illustrazione dei ritmi stagionali e delle attività legate all’agricoltura e al lavoro nei campi, l’esemplare vita condotta dai santi del luogo, fungevano da libro figurato per gli ignoranti e i “semplici”. Il ciclo sacro raccolto e raccontato proprio dal punto più basso ma anche da quello fisicamente più lontano dall’abside e dall’altare, dove prima di ogni altra cosa trovava spazio l’Illuminazione della “Celeste Gloria”.

Scrive Guillaume de Mende:

“Le colonne della chiesa  sono i vescovi e i dottori che sostengono il tempio di Dio con la dottrina cattolica, come gli evangelisti sostengono spiritualmente il trono di Dio. E questi a causa del suono rimbombante della parola divina di cui essi sono la eco, sono chiamati le colonne d’argento, secondo queste parole del Cantico dei cantici: “Fece alla sua dimora delle colonne d’argento”. E ancora: Le basi delle colonne rappresentano i vescovi, successori degli apostoli, che sostengono tutto il peso della chiesa. La sommità delle colonne è lo spirito dei vescovi e dei dottori. Perché come le membra sono guidate dalla testa così le nostre parole sono dirette dal nostro spirito e dalle nostre opere. I capitelli sono le parole della santa Scrittura  che la Chiesa ci impone di meditare, e alle quali dobbiamo conformare le nostre azioni osservandole”.

Assieme al pulpito, dove trovavano collocazione spesso i 4 evangelisti, altro elemento fondamentale per “l’istruzione” del fedele, le colonne alternate dai pilastri prima rettangolari e poi con l’avvento del gotico anche di altre forme geometriche (in sezione assumevano sia quella esagonale che quella ottagonale, ponevano e scandivano un ritmo ed un “incedere” proprio verso l’altar maggiore; qui ritorna il simbolismo mai dimenticato del cammino costante ma sicuro che ognuno di noi dovrebbe compiere, per accedere ad uno stadio spirituale superiore nel massimo luogo dove si manifesta la divinità, attraverso i celebrati sacramenti: l’altar maggiore.

Abbazia di Fossanova, Gotico Cistercense, Pilastri

Occorre a questo punto fare una considerazione a carattere generale riguardante tutto il simbolismo delle chiese ma anche dei più antichi templi pagani. Ciascuna indicazione trasmessa attraverso bassorilievi cristiani ma anche le più antiche “metope” dei templi greci, non erano mai fini a se stessi ma rientravano comunque in una serie più complessa e completa di simbologie che facevano della stessa costruzione un vero e proprio “insieme” di significati, a volte palesi a tutti, altre volte volutamente reconditi e dedicati a chi ne possedeva la vera chiave di lettura.

Per restare in ambito toscano citeremo come esempio del simbolismo dei capitelli la Pieve di Gropina (Krupina) in provincia di Arezzo nei pressi di Loro Ciuffenna sull’antica via dei Setteponti, già proclamato monumento nazionale per lo stile di pieno “romanico” ma soprattutto per il quantitativo di preesistenze antiche assemblate e sovrapposte in un unico stupendo monumento.

Arezzo, Pieve di Gropina, interno

Proprio qui si confrontano due scuole scultoree, una certamente più arcaica e simbolista, con gusto estremamente essenziale, legata anche stilisticamente alla vicina pieve di Romena, l’altra invece visibile alla sinistra di chi entra, appare più decisamente di gusto classico non solo in senso iconografico, ma anche come modellato, con precisi riferimenti a sarcofagi di epoca romana o a sculture dello stesso periodo. Rimandando a testi più completi sull’argomento ci limiteremo a citare alcuni di questi capitelli che, sia dall’una che dall’altra parte sono un esempio concreto di quanto fino ad ora sostenuto. Siamo in pieno secolo dodicesimo quando viene scolpita la scrofa che allatta i maialini barbarico simbolo delle stagioni, qui però si legge anche un chiaro riferimento alla Chiesa che allatta i propri figli (fedeli) nutrendoli di vera divina conoscenza.

Arezzo, Pieve di Gropina, capitello con la scrofa che allatta i maialini

Nel lato destro una lupa con le fauci spalancate attira dentro di se l’uomo divorandolo, simbolicamente segno del peccato e del peccatore. A sinistra un lupo che azzanna una pecora, anche qui risulta evidente l’ammonimento morale. Più avanti spicca “l’Homo Viator”, un maestoso cavaliere (forse Carlomagno o Costantino) che assieme ad altri due cavalieri distribuiti sui lati del capitello stesso, affronta due figure demoniache contorte e piegate nello spazio del particolare quanto misterico manufatto architettonico. Ci basti questo per capire come sia le colonne che a maggiore ragione i capitelli, siano stati nel periodo e stile sia romanico che gotico, veri emblematici esempi della conoscenza più profonda e della trasmissione del pensiero spirituale.

Un invito a chi ci segue di dedicare dunque maggiore tempo alla vera lettura di questi solo apparenti dettagli che parlano invece a noi stessi, ognuno per proprio conto della stessa nostra fragile ma significativa esistenza.

Arezzo, Pieve di Gropina, capitello con figure di cavalieri


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