lunedì 19 ottobre 2020

Bastet la dea gatto

di Chiara Sacchetti     

Fra le numerose divinità dell’Antico Egitto troviamo la dea Bastet raffigurata come un gatto completamente nero o come una donna con la testa di gatto, animale adorato e venerato così tanto dagli egizi da mummificarlo e porlo nelle tombe assieme ai defunti “umani” e da dedicargli anche templi ed edifici stupendi. Uno dei principali motivi di tale devozione, soprattutto per la gente comune, era sicuramente che il gatto per la sua indole teneva lontani i topi dai granai, riserve fondamentali per la sopravvivenza dell’intera popolazione, cosa che scongiurava la carestia; in più era anche utile contro i serpenti e i loro morsi dato che sapeva benissimo quali erbe utilizzare come antidoto. Per i nobili, invece, i gatti erano simbolo di ricchezza, di uno status importante e di grazia per il loro portamento e le eleganti mosse felpate.

Di certo non dobbiamo immaginarci l’animale addomesticato come alcuni di noi tengono in casa, anche se gli egizi vedevano i gatti anche come guardiani spirituali che sorvegliavano le dimore e per questo non esistevano case o templi in cui non abitasse questo affascinante felino. Quando il gatto moriva il padrone, in segno di lutto per la perdita e di rispetto nei confronti della dea a lui associata, si radeva le sopracciglia.

Il gatto era amato e venerato ufficialmente perché era considerato dagli egizi la rappresentazione terrena della dea e per questo era ritenuto così importante e sacro che furono emanate numerosi leggi a sua tutela, che vietavano di fargli del male o di allontanare l’animale oltre i confini tanto che chi trasgrediva tali disposizioni rischiava addirittura la pena di morte.

John Weguelin, L'ossequi al gatto egizio
John Weguelin, L'ossequi al gatto egizio

Il culto del gatto in realtà in Egitto viene documentato già a partire dal 3000 a.C. e nacque e si sviluppò nel Nuovo Regno, con la dea Mafdet, ovvero colei che simboleggiava la giustizia, era inizialmente rappresentata con la testa di leone che poi venne sostituita con la dea Bastet ritratta a partire dalla II dinastia come un gatto selvatico o una leonessa. Solo a partire dal 1000 a .C. prese la forma con cui oggi la conosciamo rappresentata in statuette e bassorilievi e che evolse fino a rappresentare la fertilità e essere anche chiamata l’occhio di Ra di cui era la figlia. Secondo la religione egizia infatti Ra, arrabbiato con l’umanità, inviò la figlia perché mettesse fine alla loro esistenza. Lei sotto le sembianze di Sekhmet cominciò l’arduo compito dato. Ra però successivamente pentito della decisione, richiamò la dea e per ammansirla le dette da bere un decotto di birra e ocra rossa con il quale essa si addormentò  assumendo le sembianze di Bastet. Un’altra leggenda più antica racconta invece che Bastet era figlia di Ra  che aveva una sorella gemella Sekmet, di indole negativa grazie però all’intervento dello stesso Ra, la sua potenza distruttrice venne placata andando poi ad assumere il compito di riequilibrare  assieme a Bastet le forze della natura.

Proprio per questo le caratteristiche con cui la dea si manifesta sono duplici e diverse. Quando è come una gatta (o una donna con la testa dell’animale) è positiva, protettrice delle partorienti, dea della fertilità, mentre come Sekhmet, una leonessa, ha la forza distruttrice, negativa, iraconda.

Statuetta di Bastet con la testa di leone
Statuetta di Bastet con la testa di leone

Centro della devozione verso la dea Bastet era la città di Par-Bastet (l’attuale Zagagis e da cui probabilmente viene anche il nome). Secondo lo scrittore cronachista Erodoto proprio in questa città il 31 ottobre venivano celebrati i festeggiamenti in suo onore con processioni di barche sacre, con chiatte piene di fiori e vino e riti orgiastici: «Arrivano in barca, uomini e donne assieme, in gran numero su ogni imbarcazione; mentre camminano molte donne fanno musica con dei sonagli, degli uomini suonano il flauto, mentre altri cantano e battono le mani. Quando incontrano una città lungo il fiume portano la barca a riva, ed alcune donne continuano a suonare, come ho detto prima, mentre altre lanciano insulti alle donne del luogo ed iniziano a ballare agitando i loro abiti in tutti i sensi. All’arrivo celebrano la festa con dei sacrifici, e si consuma in questa occasione più vino che in tutto il resto dell’anno». Qui fra l’altro è stata anche ritrovata una necropoli di gatti sacri mummificati e assieme anche un Tempio descritto dallo stesso storico: «Il santuario di questa dea si presenta così: all'infuori dell'ingresso, tutto il resto è un'isola. Dal Nilo infatti si protendono due canali che non si uniscono l'uno con l'altro, ma ciascuno si stende fino all'ingresso del tempio stesso, l'uno scorrendogli intorno da una parte, l'altro dall'altra, avendo ciascuno una larghezza di cento piedi ed essendo ombreggiati da alberi. I propilei hanno una altezza di dieci orge e sono ornati da figure di sei cubiti degne di riguardo. Essendo posto nel mezzo della città, il santuario è visibile in basso da ogni parte da chi gli giri intorno, poiché, essendo stata la città rialzata per mezzo dei terrapieni e non essendosi invece il tempio mosso da come fu costruito originariamente, è visibile dall'alto. Intorno a esso corre una muraglia scolpita a figure; all'interno c'è un boschetto di alberi grandissimi piantato intorno a un grande tempio, nel quale sta la statua della dea. La larghezza e la lunghezza del santuario sono da ogni lato di uno stadio. Davanti all'ingresso c'è una via lastricata di pietre per circa tre stadi che attraverso la piazza del mercato porta verso oriente, larga circa 4 pletri; da una parte e dall'altra della strada sorgono alberi che s'alzano fino al cielo, e la strada porta al tempio di Ermes».

Statuetta di Bastet con la testa di gatto
Statuetta di Bastet con la testa di gatto

Con il tempo Bastet venne associata alla dea greca Artemide viste alcune caratteristiche comuni come la protezione della famiglia e per questo da divinità solare  essa si trasformò in lunare divenendo figlia di Iside e Osiride. In questa veste era così rappresentata con il corpo di una donna con la testa di gatto che stringeva nella mano sinistra l’Udjat, l’amuleto dell’occhio di Ra, dotato di forti poteri magici e protettivi.

 

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