lunedì 26 ottobre 2020

Margherita Porete e il Miroir des simples âmes

di Chiara Sacchetti

Della vita di Margherita sappiamo molto poco. Le uniche date conosciute sono quella presunta della sua nascita, fra il 1250/60 probabilmente nella contea di Hainaut nelle Fiandre vicino a Brabante, e quella della sua morte, avvenuta sul rogo il 1° giugno 1310 a Parigi. Da alcune cronache, siamo a conoscenza anche che era una beghina, ovvero una persona che senza prendere ufficialmente dei voti si dedicava alla vita monastica all’interno di associazioni religiose al di fuori della Chiesa Cattolica. Alcuni studiosi l’avrebbero invece legata ai Fratelli del Libero Spirito, una associazione religiosa considerata eretica per le visioni antidottrinali ma che ha con sé, come vedremo fra poco, molte opinioni simili a Margherita. Oltre a questo niente di più .

Stampa quattrocentesca con Margherita Porete
Stampa quattrocentesca con Margherita Porete

Di lei e della sua storia ci restano infatti soltanto gli atti del processo che la condannò a morte e il suo libro, causa e motivo dell’accusa di eresia, il “Miroir des simples âmes” ossia “Lo specchio delle anime semplici”, che nonostante fosse stato bruciato e messo al bando fra i libri proibiti ha continuato a circolare fino ad oggi. Alcuni amanuensi e studiosi, evidentemente sfidando la Chiesa e le altre istituzioni, hanno continuato a copiarlo come era consuetidine nel Medioevo e per fortuna è riuscito ad arrivare fino ai giorni nostri.

Gli atti processuali ci raccontano di due momenti distinti  indirizzati contro questa opera. Intorno al 1300 al seguito di un primo processo istituito dal vescovo di Cambrai Guido de Comieu, Margherita fu diffidata a leggere pubblicamente il suo lavoro o a farlo leggere ad altri e in sua presenza l’opera fu bruciata nel  rogo a Valenciennes. La donna però non seguì le imposizioni date dalla Chiesa e, quasi sicuramente, dopo averlo riscritto daccapo, continuò a portare alla gente gli insegnamenti e le credenze  in esso contenute.

Il secondo processo che portò poi alla condanna sul rogo di Margherita iniziò nel 1308 quando la donna fu consegnata nelle mani del Grande Inquisitore di Francia Guglielmo Hubert che tentò per più di un anno di far confessare la donna per farla abiurare ma senza fortuna. Non sorprende l’atteggiamento di Margherita, una persona abituata a parlare alle persone più umili e vicine, sovvertendo fra l’altro la legge che vietava alle donne di insegnare. Parlava di temi che andavano contro la Chiesa e per questo considerati eretici, professava una Chiesa fatta di poveri con una fede interiore e spontanea senza le gerarchie che nel tempo si erano imposte nella sua organizzazione, per lei i sacramenti, le opere e tutte le pratiche esteriori erano inutili e superflue e spendeva parole importanti  sottolineando come la forza più potente fosse l’amore. Margherita fu condannata proprio per questo e per queste  ragioni non poteva certamente abiurare o ritrattare, andando contro a tutto ciò in cui credeva e dichiarava. Alla fine, senza alcuna possibilità, l’inquisitore si vide costretto a consultare 21 teologi per dare un fondamento concreto alla condanna. E’ interessante notare che fra di loro nove avevano presieduto anche al processo contro i Templari, sei invece verranno chiamati nel Concilio di Vienne dove, oltre che la causa degli sfortunati cavalieri, vennero anche condannate tutte le beghine.

Una pagina del manoscritto Lo specchio dell'anima
Una pagina di una copia del manoscritto "Lo specchio dell'anima"

Il 31 maggio 1310 Margherita fu condannata come eretica recidiva e pronunciata per questo la condanna sul rogo che avvenne il giorno successivo in Place de Grève a Parigi assieme alla sua opera scritta. Quest’ultima però continuò nei secoli ugualmente a circolare, copiata quasi certamente di nascosto, fino a che nel 1946 Romana Guarnieri non riuscì ad individuare l’autrice in Margherita Porete e ritrovando il testo in un codice manoscritto conservato nella Biblioteca del Convento Madeleine-lés-Orlèans, oggi consultabile presso il Museé Condè a Chantilly a Parigi. Purtroppo non esistono versioni originali ma soltanto copie o traduzioni del testo in latino, inglese e francese, di almeno due secoli posteriori a quello scritto da Margherita stessa.

Il testo, infatti, è un dialogo in lingua volgare fra tre personaggi allegorici, l’Anima che rappresenta la stessa Margherita, l’Amore inteso come il sentimento per Dio e la Ragione, ossia la concatenazione razionale dei discorsi e anche ciò che è in contrapposizione all’intuizione. Assieme a questi personaggi, altre “dame”, come le definisce l’autrice, che non sono altro che altre figure allegoriche fra cui la Virtù, la Cortesia, il Timore e il Desiderio. È qui che l’autrice riversa tutti suoi pensieri e le sue considerazioni sulla fede, l’amore, Dio, la religione e la vita stessa, ma anche per il Vangelo la rettitudine e lo Spirito. l’Amore e l’Anima entrano spesso in conflitto con la Ragione, opposta a quello che è il sentimento di annullamento e di perdita per trovare realmente Dio.

A chi legge il testo di Margherita da subito un avvertimento «Voi che in questo libro leggerete […] umiltà dovete avere»: è quindi l’humilitas il principio fondamentale con cui si deve cercare e camminare per arrivare a Dio. Una condizione che riporta l’essere umano all’humus, e alla terra, elemento da cui si proviene e a cui si arriva dopo la morte.

Alla base dell’opera è la considerazione dell’autrice che esistono due tipi di Chiese, quella più grande di cui fanno parte le anime semplici annientate da Dio, e l’altra, più piccola che è formata dalle gerarchie ecclesiastiche ed è proprio quest’ultima che dovrebbe accettare e riconoscere le anime più libere che hanno con lui un rapporto privilegiato.

In questa accezione l’opera è rivolta principalmente a coloro che hanno terminato il proprio perfezionamento spirituale e sono giunti allo stadio della contemplazione. Questi soggetti sono in grado di percepire che esiste qualcosa di superiore al loro status, una sorta di destino speciale che proprio l’opera scritta spiega ed espone ed è proprio a loro che essa è dedicata. Se si dovesse infatti ritrovare questa loro condizione nella scala disegnata e ipotetica che in 7 tappe porta a Dio, la contemplazione non sarebbe che soltanto al quarto grado ancora lontana quindi dall’ultimo, il settimo. Nel quinto troviamo infatti l’annichilimento dell’anima, che priva di umano desiderio vive di una vita divina; nel sesto invece Dio-Amore si manifesta come un lampo di luce che abbaglia liberando l’anima annientata  rimasta nello stadio precedente. La Ragione viene così lasciata e sostituita dall’Intelletto d’Amore, che è stato tanto caro e discusso anche da Dante per i suoi Fedeli d’Amore e che porta ad una conoscenza superiore e più profonda e alta di Dio.

La figura di Margherita per certi aspetti ricorda alcune sante e donne che nel passato, anche anteriore a lei, hanno cercato una indipendenza intellettuale e una conoscenza che andava oltre agli stereotipi e all’indottrinamento voluto dalle istituzioni ecclesiastiche. Rimasta ferma delle sue convinzioni, la sua figura ha subito una damnatio memoriae, anche se come abbiamo visto (e per fortuna) qualcuno ha continuato a portare avanti la sua opera anche se solo nel secolo scorso è stata riscoperta la sua figura che merita sicuramente attenzione e riconoscenza.

 

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