lunedì 20 marzo 2023

Baba Jaga, la strega leggendaria

di Chiara Sacchetti

Abbiamo già visto nel corso dei nostri scritti figure della tradizione e del folklore che incarnano aspetti negativi o positivi di una società e che spesso diventano capri espiatori dei mali di ciascuno.

Questa volta parliamo di Baba Jaga, una creatura leggendaria che trova le sue origini dalla mitologia slava e diventata successivamente protagonista di molte fiabe polacche, russe e bulgare, oltre che anche fra i personaggi di alcuni rituali magici austriaci, montenegrini e di uno spirito in Bulgaria, Serbia e Croazia.

Baba Yaga, illustr. di Bilibin (coll. privata)

 

L’origine del nome

Non è ancora certa l’etimologia di Baba Jaga. In russo Baba indica una donna, anche se nel linguaggio per così dire moderno ha preso un’accezione più divertente e ironica, mentre nelle lingue indoeuropee è il “progenitore” o “l’antenato”. Jaga invece è una parola senza alcun significato nella lingua russa mentre si ritrova nel sanscrito con il concetto di sacrificio.

La prima comparsa ufficiale di questa figura risale al XVII secolo quando si parlò per la prima volta di lei nel manoscritto di Mikhail V Lomonosov, Grammatica Russa, ma in molti sostengono che sia più antica, tanto che alcuni ritengono verosimile la sua affinità con la dea greca Persefone, dea della primavera e della natura, ritenendola la sua omologa slava, per la sua vicinanza ai boschi alle foreste e alla natura selvaggia in generale. Quello che è certo è che secondo la mitologia slava Baba Jaga risale al XII sec?. e le prime tracce di questa figura si trovano nel 1588 nel trattato ‘Of the Russe Commonwealth’ del viaggiatore Giles Fletcher il Vecchio che, arrivato nel territorio di Perm' dai Samoiedi, aveva letto circa il culto degli idoli "d'oro o Âgà Baba", scoprendo però che era una "favola senza senso".

 

Chi è Baba Jaga?

“L’essenza di Baba Yaga esiste in molte culture e in molte storie, e simboleggia la natura imprevedibile e indomabile dello spirito femminile, della Madre Terra e il rapporto delle donne con la natura selvaggia” racconta Lindy Ryan, scrittrice e professoressa di Data science e visual analytics alla Rutgers University del New Jersey.

giovedì 16 marzo 2023

Nazismo occulto. Il mistero del castello di Houska

di Mario Pagni

 

È ormai noto da tempo che ciò che è purtroppo successo nella seconda guerra mondiale, oltre che essere esempio di estrema nefandezza e orrore per tutti i crimini che sono stati perpetrati nei confronti della umana civiltà, non sia a tutt’oggi che una minima parte dei reali scopi del nazismo che definiremo per comodità di intenti chiarificatori semplicemente “esoterico”, se specialmente ci riferiamo a quella sorta di “metastoria” che pur a distanza di anni ancora non è stata storicamente chiarita del tutto. Si sa per certo che la ricerca costante di una “razza superiore” quella Ariana era alla base proprio della follia nazista così come lo studio esasperato della magia e della stregoneria come vere e proprie armi da usare per la distruzione di massa. Anche la costante ricerca di “oggetti leggendari” e antiche reliquie alle quali venivano attribuite proprietà magiche sconcertanti, come l’Arca dell’Alleanza, la Lancia del centurione Longino o anche il Sacro o Santo Graal per fare alcuni esempi fra i più conosciuti, era alla base di molte delle spedizioni naziste in luoghi spesso lontani e impenetrabili come prova dell’antica esistenza di questa “razza superiore”.

Uno di questi luoghi che interessò a lungo soprattutto uno dei delfini di Hitler, Heinrich Himmler anche lui ossessionato da tali ricerche per conto dell’Ahnemerbe (sorta di nucleo di ricercatori dell’occulto militarizzato), fu fra le altre decine di luoghi esplorati spesso senza grossi risultati, il castello di Houska in Cecoslovacchia, un edificio assai misterioso per le sue inquietanti caratteristiche e presunte presenze si dice addirittura demoniache che lo avrebbero costantemente abitato.

lunedì 13 marzo 2023

Chi era davvero l’uomo dalla maschera di ferro?

di Chiara Sacchetti

Fra le misteriose figure del passato ce n’è una che ancora oggi non ha trovato una risposta soddisfacente alle numerose supposizioni che nel corso dei secoli si sono succedute, fra le quali anche alcune di illustri uomini del passato e che hanno dato, fra l’altro, anche ispirazione a Dumas per il quarto romanzo sulla sua famosa saga dei Tre Moschettieri.

 

Come nasce la storia?

Voltaire ritratto da Nicolas de Largillière, 1724–1725, Institut et Musée Voltaire)

Mentre il filosofo francese Voltaire era imprigionato per qualche mese nella Bastiglia venne a sapere che in una cella non lontana dalla sua c’era stato un prigioniero che veniva comunemente chiamato “La maschera di ferro”, perché indossava sempre sul volto una maschera di velluto nero, assicurata da cinghie metalliche. All’uomo, ormai avanti con gli anni, erano riservati trattamenti diversi, come cibo scelto e abbondante, vestiti costosi, possibilità di tenere in cella libri e persino un liuto, e stabiliti, lo scoprirà poi, direttamente dal ministro francese della guerra, il marchese di Louvois. Il detenuto, venne poi a sapere Voltaire una volta uscito dal carcere, era morto all’improvviso nell’autunno del 1703 ed era stato seppellito nel Cimitero di Saint-Paul-des-Champs a Parigi sotto le mentite spoglie di Marchiergues o Marchioly. Ma oltre a molti diritti, il detenuto, aveva anche altrettanti obblighi, come il divieto di parlare con chiunque, escluso il confessore (ma solo in confessione), l'ufficiale comandante della guardia quando doveva chiedere qualche cosa che riguardava la sua detenzione e con il medico quando si fosse ammalato. Inoltre poteva togliersi la maschera solo per mangiare e per dormire, mentre la doveva indossare ogni qualvolta si trovava in presenza o in vista di qualunque altra persona. Gli erano consentite anche brevi passeggiate nel cortile della fortezza, sempre mascherato e sotto stretta sorveglianza delle guardie.

Questo misterioso individuo ha appunto dato nel corso dei secoli avvio a molte ipotesi e possibili spiegazioni. Vediamone alcune.

 

Il gemello o il fratellastro di re Luigi XIV

Ipotesi abbastanza improbabile attribuita a Voltaire, e che ha dato fra l’altro l’ispirazione a Dumas per il suo romanzo, è quella che dietro alla maschera di ferro si nascondesse il fratellastro o il gemello di Luigi XIV, unica spiegazione plausibile secondo il filosofo e scrittore, dato che la presenza di un altro “re” nato esattamente assieme a quello ufficiale, avrebbe creato non pochi problemi. Difficile però che tale idea possa corrispondere a realtà per il semplice fatto che a quel tempo, il parto non era certamente un momento intimo per la regina che si trovava circondata da numerosissime persone che dovevano fare da testimoni che il figlio fosse vero. La circostanza non portava sicuramente a poter nascondere eventi e fatti e sarebbe stato alquanto irrealizzabile riuscire ad occultare la nascita di un altro bimbo, senza contare che ogni evento era registrato in un apposito documento di corte.

giovedì 9 marzo 2023

Il “sogno” di Ferdinando Panciatichi Ximenes. Il Castello di Sammezzano

di Mario Pagni

In età giovanile nelle nostre gite domenicali era pressoché d’obbligo fra le gite fuori porta da Firenze, spingersi con le più incerte auto di allora fino a Leccio su una delle vecchie viabilità che riportavano da un altro vallone verso il Pratomagno e la Vallombrosa. In uno slargo sulla sinistra venendo da Firenze un vecchio cancello che non riusciva a nascondere una grande collina boscosa con alberi giganteschi costituiva il primo diaframma fra il mondo moderno e il fascino antico di un parco e di un edificio posto in cima alla collina ancora e forse per sempre immersi in una realtà totalmente surreale: il Castello di Sammezzano. Già il nome dal punto di vista strettamente architettonico non chiariva bene di che costruzione si trattasse. Il vicino castello dell’Incisa Valdarno visibile anche dall’autostrada costituiva invece un raro e ancora limpido esempio di un passato tardo-medievale dove rocche e veri castelli imperversavano sul territorio toscano.

Il castello, ingresso principale

I castelli nel XIX secolo invece avevano smesso di essere luoghi pensati per incutere timore e rispetto, meri bastioni difensivi che presiedevano alla sorveglianza di territori e regioni. Nell’Ottocento i castelli diventarono luoghi di una memoria immaginata, di una nostalgia legata ad atmosfere medievali cavalleresche che forse avevano pochi legami con la realtà storica, ma che risultavano irresistibili per l’ambiziosa borghesia trionfante. E talvolta i castelli potevano rappresentare mondi lontani, esotici, utopie eclettiche che vennero successivamente raccolte sotto l’ombrello di “architettura orientalista”. Uno degli esempi più chiari in Italia di castello neomoresco e orientalista è appunto quello di Sammezzano, nei pressi di Leccio a Reggello, a poca distanza da Firenze. Questo curioso edificio costituisce, insieme a quella deliziosa follia che è la Rocchetta Mattei vicino a Bologna, l’esempio più insigne di un’epoca in cui l’eclettismo osava l’impensabile. Il committente fu Ferdinando Panciatichi Ximenes d’Aragona, che iniziò i suoi lavori di restauro nel 1853, proprio l’anno ironia della sorte  in cui l’ammiraglio statunitense Matthew C. Perry prendeva a cannonate la città di Edo (attuale Tokyo) in Giappone, aprendo i porti del Sol Levante al libero scambio con i mercati occidentali e dando il via alla moda, anzi la frenesia del japonisme in Occidente.

lunedì 6 marzo 2023

L’ermetismo

di Chiara Sacchetti

 

"Innalzati oltre ogni altezza, discendi oltre ogni profondità, raccogli in te tutte le sensazioni delle cose create, dell'acqua, del fuoco, del secco, dell'umido. Pensa di essere simultaneamente dappertutto, in terra e mare e cielo: che tu non sia mai nato, che tu sia ancora embrione, giovane e vecchio, morto e oltre la morte. Comprendi tutto insieme: i tempi, i luoghi, le cose, le qualità e le quantità".

Fra le dottrine filosofiche ed esoteriche non possiamo tralasciare quella dell’Ermetismo, una corrente che racchiude vari autori, in particolare greci, che durante il cosiddetto periodo ellenistico elaborarono un insieme di dottrine mistico-religiose e filosofiche alle quali si affiancarono teorie astrologiche di origine semita, elementi della filosofia di ispirazione platonica e pitagorica, credenze gnostiche e antiche procedure magiche egizie.

Il nome della corrente deriva dal suo fondatore, personaggio più immaginario che storico di Ermete Trismegisto, prima divinità greca-egizia e poi presunto personaggio reale (ma quasi sicuramente inventato) nonché autore di importanti quanto fondamentali testi esoterico-alchemici.

Ermete Trismegisto in un intaglio nel pavimento del Duomo di Siena

 

Le origini dell’Ermetismo

La nascita dell’Ermetismo è da collocarsi tra il I e il III sec. d.C. quando si formò un corpus di testi frammentari di età tolemaica e altri di filosofi pagani attribuiti per lo più ad Ermete e solitamente divisi fra tecnici, ossia scritti astrologici, alchemici e più in generale riguardanti le scienze occulte, oltre che, trattati di contenuto in prevalenza filosofico e teologico. In particolare troviamo 17 scritti (il cosiddetto Corpus Hermeticum) redatti in greco, un trattato in latino dal titolo Asclepius attribuito erroneamente ad Apuleio di Madaura (125–180 circa), e una serie di sunti inseriti nelle opere di Stobeo (V secolo). Ne risultò un complesso di scritti senza un vero e proprio filo conduttore ma che avevano solide basi e citazioni di antichi autori, quali Platone, Aristotele, i filosofi stoici e concetti giudaici e persiani. Non solo. Alla base dell’Ermetismo c’è un interessamento comune mistico e religioso centrato sulla cosmogonia, una concezione dell'universo, basata sulla interconnessione tra le sue parti, il microcosmo dell'individuo connesso al macrocosmo dell'universo. È solo l’Ermetismo, nella concezione filosofica alla base di questa dottrina, che può aiutare a trovare la rivelazione del rapporto fra astri e uomo e che porta al raggiungimento di quella catarsi intellettuale capace di realizzare il destino dell'anima dopo la morte e della sua reincarnazione e ascesa al mondo celeste.

giovedì 2 marzo 2023

L’eclettica “Rocchetta” di Cesare Mattei fra realtà simboliche e architettoniche e terapie ottocentesche d’avanguardia

di Mario Pagni

Rocchetta Mattei veduta panoramica d'insieme

Stavolta parliamo di una costruzione e del suo ideatore e proprietario che da qualche tempoa questa parte desta molta curiosità e nuovi interessi per i messaggi visivi e umani al tempo stesso che riesce a comunicare ancora a distanza di anni. È il caso del castello di Rocchetta Mattei un edificio situato nel comune di Grizzana Morandi, più precisamente in località “Ponte” nelle vicinanze di Bologna, dalla quale dista circa 50 chilometri. Tutta la struttura è adagiata sulla sommità di un rilievo alto 400 metri: a fare da sfondo spiccano le montagne dell’Appennino settentrionale, che creano attorno una suggestiva cornice. Anche per questo motivo la rocca è considerata uno dei punti migliori dal quale ammirare tutti i Colli Bolognesi. Architettonicamente parlando l’edificio ricalca a pieno titolo una sorta di eclettismo “illuminato” corrente artistica particolarmente in voga fra la metà e la fine del XIX secolo ma che ha avuto seguito ed estimatori seppure in certi ambiti anche in tempi più recenti. Nella realtà dei fatti la “Rocchetta” segue pedissequamente canoni architettonici ideati e voluti dal suo stesso proprietario quel Cesare Mattei noto benefattore di tutti gli abitanti della vallata e che in quegli anni stupirà anche per la creazione di un nuovo rivoluzionario sistema di cura applicabile universalmente denominato “Scienza Elettromeopatica” della quale parleremo a seguire.

La cappella della Rocchetta Mattei interno

 

Ma chi era Cesare Mattei

Cesare Mattei nacque a Bologna l'11 gennaio 1809 da famiglia agiata, e crebbe a contatto con i massimi pensatori dell'epoca come Marco Minghetti e Paolo Costa. Nel 1837 fu uno dei fondatori della Cassa di Risparmio di Bologna. Ricevette il titolo di conte nel 1847 da papa Pio IX a fronte di una donazione terriera in quel di Comacchio che avrebbe aiutato lo Stato pontificio a fermare l'avanzata austriaca. Venne nominato Deputato al Consiglio di arruolamento della Guardia Civica Bolognese con il grado di tenente colonnello e capo dello Stato Maggiore, carica che venne poi abbandonata in quanto eletto, nel 1848, deputato al Parlamento di Roma. Nel 1850, dopo la morte della madre a causa di un tumore al seno, decise di ritirarsi dalla vita politica per dedicarsi allo studio della medicina. Acquistò i terreni dove sorgevano le rovine dell'antica rocca di Savignano (oggi la Rocchetta Mattei) e il 5 novembre dello stesso anno pose la prima pietra del castello al quale avrebbe dato questo nome e dove si stabilì definitivamente a partire dal 1859. Nel 1895, ormai anziano e reso paranoico dalle continue dispute con i medici allopatici, a causa di una incomprensione con la nuora (sospettata di aver tentato di ucciderlo servendogli un caffè avvelenato), cacciò lei e Mario Venturoli suo seguace dal castello e in seguito li diseredò. Morì il 3 aprile 1896 alla Rocchetta, all'età di 87 anni, a causa di un'influenza sfociata in asma che lo affliggeva fa tempo.

lunedì 27 febbraio 2023

Il Tempo

di Chiara Sacchetti

Fra le impercettibili e incorporee grandezze con cui l’uomo ha da fare i conti c’è sicuramente il tempo che procede inesorabile e inavvertibile, senza essere apparentemente visto ma che con il suo trascorrere mostra comunque i segni di quanto ne sia passato. Le rughe sulla pelle, alberi piccoli e scheletrici che poi appaiono alti e robusti pieni di verde, le loro foglie che con le stagioni cambiano colore facendoci emozionare ogni volta in modo diverso e ad indicarci in che momento dell’anno siamo. E gli esempi potrebbero essere infiniti.

Orologio con la sola lancetta delle ore, 1643


Che cosa è il tempo

Da un punto strettamente scientifico il tempo è una grandezza fisica fondamentale, cioè una misura che sta alla base per ogni analisi dimensionale. La sua unità di misura tradizionale è il secondo, in base al quale vengono poi definite tutte le altre misurazioni come il minuto, l’ora, il giorno, la settimana, il mese e così fino all’infinito. Lo strumento attuale per misurare il tempo è l’orologio che ha fatto la sua comparsa nel 1656 per invenzione, così si dice, dell'olandese Christiaan Huygens, anche se il nostro Galileo è stato il primo a dimostrare la regolarità del tempo e la sua possibilità di essere misurato. Prima di ciò esisteva la clessidra, uno strumento usato fin dai tempi degli antichi egizi e in particolare del faraone Amenophi III come conferma il ritrovamento di questo dispositivo nelle rovine del tempio Akh-Menu a Karnak, nei dintorni dell'antica città egizia di Tebe, conosciuta come la clessidra di Karnak. Per leggere le ore poi esisteva la meridiana, strumento astronomico importantissimo, posto spesso sulle facciate delle Chiese o disegnato in spazi aperti, che sfruttava il sole e il suo movimento per sapere in quale momento della giornata ci si trovasse.

giovedì 23 febbraio 2023

Che cos’è una Setta

di Mario Pagni

Molto spesso la gente comune ovvero quella che più difficilmente tende ad approfondire argomenti che almeno all’apparenza sembrano lontani dal vivere quotidiano, non sa ben distinguere certe differenze di aggregazione di  gruppi di persone organizzate fra loro, aventi scopi e finalità simili e spesso nobili, ma altrettanto spesso tese al raggiungimento di ideali poco consoni al bene comune. La differenza fra una confraternita e una setta ad esempio non è molto chiara e spesso anche gli studiosi non sono d’accordo nel considerare l’uno o l’altro aspetto degli stessi affiliati ai due sodalizi. Per molto tempo si è discusso ad esempio sulle vere ragioni, gli scopi e le finalità della “confraternita” dei Fedeli D’Amore che raccoglieva al suo interno adepti del calibro di Dante Alighieri, Guido Guinizzelli o Guido Cavalcanti tanto per fare alcuni nomi.  Eppure ancora oggi anche negli ambienti fiorentini si parla dei Fedeli D’Amore usando a nostro avviso impropriamente il termine “Setta”.

Assuefazione ad un tipo di credo guidati dal terzo occhio

 

Definizione di Setta

Una Setta (dal latino secta, da sequi, seguire, seguire una direzione, e da secare, tagliare, disconnettere) è, in senso generale, un gruppo di persone che segue una dottrina  minoritaria la quale, per particolari aspetti dottrinali o pratici, si discosta da una dottrina preesistente già diffusa e affermata. La definizione di setta è dibattuta e il termine ha assunto un significato negativo o dispregiativo. In tempi più recenti essa indica frequentemente gruppi anche non religiosi sorti intorno a personalità carismatiche o di dominio psicologico nei confronti altrui.

lunedì 20 febbraio 2023

Il Carnevale: origini e feste

di Chiara Sacchetti

Fra le feste meno religiose ma che scaturiscono gioia e divertimento troviamo il Carnevale, una ricorrenza mobile calcolata in base alla Pasqua che trae origini da feste antichissime e che ancora oggi è il divertimento di grandi e piccini.

Festa di Carnevale di Venezia

 

L’etimologia

La parola “carnevale” deriverebbe, secondo alcune interpretazioni, dal latino carnem levare, cioè "eliminare la carne" richiamando l’antica tradizione del banchetto tenuto l’ultimo giorno prima del periodo di digiuno e astinenza della Quaresima per l’arrivo del periodo pasquale con il mercoledì delle ceneri. Altre interpretazioni richiamano ugualmente l’eliminazione della carne, ma con un’origine diversa come l'espressione latina carne levamen, mentre altre ricordano invece il divertimento o il mettersi in maschera quali la parola carnualia ("giochi campagnoli") o la locuzione carrus navalis ("nave su ruote", esempio di carro carnevalesco) e infine currus navalis, ossia il "corteo navale".

 

Le origini della festa

Il Carnevale trova le sue origini da numerose solennità antichissime in cui il divertimento e il camuffamento facevano da padrone. La prima di queste era sicuramente legata alle varie feste dionisiache greche, cerimonie dedicate a Dioniso, dio dell’enfasi del vino e dell’ebbrezza, durante le quali tutte le attività venivano fermate ed erano messe in scena rappresentazioni teatrali tragiche e comiche; le altre erano certamente i Saturnalia, festività romane dedicate all'insediamento nel tempio del dio Saturno e alla mitica età dell'oro, con grandi e fastosi banchetti. In entrambe le cerimonie si assisteva ad un temporaneo scioglimento dagli obblighi sociali e dalle gerarchie per lasciar posto al rovesciamento dell'ordine, con poveri e ricchi che, una volta mascherati, non si riconoscevano fra loro facendo così scomparire le differenze sociali, dediti entrambi allo scherzo e alla dissolutezza più sfrenata.

giovedì 16 febbraio 2023

La superstizione retaggio del passato duro a morire

di Mario Pagni

Corni e corna rosso corallo antimalocchio

Il grande attore comico e drammatico Eduardo de Filippo diceva che “essere superstiziosi è da ignoranti ma non esserlo porta iella”. In queste semplici parole è raccolta tutta l’incertezza di una scelta ancora oggi assai dibattuta e controversa inserita nel piccolo angusto spazio fra scienza e antiche tradizioni. Il secolo scorso ha visto la fine di molti tabù e anche questo non sembra essere da meno, ciononostante altre paure da sempre insite nella mente umana si fanno nuovo spazio reali o inconsce trovano nuovi adepti e credenti in possibili e forse discutibili rimedi alternativi ai dettami scientifici. Per la stregoneria, ad esempio, si è dovuto attendere la metà degli anni ’50 del novecento per una reale e ragionevole comprensione della fenomenologia che la caratterizzava. Dai rapporti della polizia e dagli stessi giornali risultava infatti che i contadini e anche la gente più ignorante in generale (termine inteso come persona che ignora a causa della mancanza della giusta conoscenza), tendevano ad isolare e aggredire le persone sospette di perseguire tali presunte nefandezze legate alla stregoneria stessa specialmente nelle zone più depresse di tutto il continente europeo.

Aforisma sulla superstizione

Certo quindi che la superstizione è comunque dura a morire. Nel 1935 si ha notizia certa che la polizia messicana venne informata troppo tardi che alcuni contadini avevano addirittura bruciato vive cinque povere vecchiette accusate di lanciare incantesimi e di avere rapporti con il demonio. Anche in Francia nel rispetto delle antiche tradizioni per esorcizzare il male giungevano notizie di presunte streghe che una volta catturate del popolo le gettavano nella Loira facendole affogare nelle sue acque spesso tempestose. In Inghilterra nella contea ritenuta ancora oggi “stregata” quando detto in precedenza accadeva regolarmente almeno fino al 1940 e si racconta che un povero vecchietto di ben 90 anni (a quell’epoca erano anche tanti) soprannominato Dummy (manichino) auto dichiaratosi stregone, morì in seguito a shock dopo essere stato gettato in uno stagno da un cliente insoddisfatto dalle sue prestazioni magiche.

lunedì 13 febbraio 2023

Ermete Trismegisto

di Chiara Sacchetti

 

Questa volta parliamo di un personaggio molto particolare, forse vissuto molti secoli fa ma in equilibrio fra realtà, storia e mitologia, comunque considerato il fondatore dell’alchimia e dell’esoterismo in generale, al quale sono state attribuite anche diverse importanti opere e testi che si dice siano stati scritti proprio di suo pugno riguardanti materie complesse ancora oggi oggetto di studio.

 

Da divinità ad essere umano

Dire chi sia stato davvero Ermete Trismegisto è impossibile tanto più che realtà mito e finzione in questa figura si sovrappongono e si fondono. Quello che sappiamo di certo è che il nome deriva dal greco antico ἙρμῆςΤρισμέγιστος, e dal latino Mercurius ter Maximum che significa letteralmente “Ermete tre volte grandissimo” o magnifico. Questa accezione lega di fatto il personaggio al dio Ermete divinità greca della comunicazione, e a Thot, dio egizio delle lettere, dei numeri e della geometria. Entrambe le divinità sarebbero infatti al servizio di altre superiori, Zeus il primo come suo messaggero, e Osiride il secondo in quanto considerato suo scriba personale, esse sono divinità psicopompe, ovvero traghettatrici delle anime dei defunti nell’aldilà e anche intermediarie fra cielo e terra.

Ermete Trismegisto in un intarsio della Cattedrale di Siena

Nell’età alessandrina, momento di fusione fra la tradizione greca e quella egizia, la figura di Ermete lasciò quelle caratteristiche divine per diventare un uomo in carne ed ossa, così tanto importante da far sì che i primi alchimisti lo elessero l’illuminato per eccellenza perché aveva ricevuto le prime potenti rivelazioni e autore (e quindi capostipite) delle opere principali legate all’ alchimia e all’ esoterismo.

 

giovedì 9 febbraio 2023

Il simbolismo del candelabro

di Mario Pagni

“Farai un candelabro d’oro puro con gambo, rami, coppe e sferette, gigli che ne usciranno. Dai due lati usciranno sei rami, tre dall’uno e tre dall’altro. Vi saranno tre coppe a forma di noce con una sferetta ed un giglio ad un ramo e similmente sarà all’altro. Nel sostegno del candelabro vi saranno quattro coppe a forma di noce e per ogni coppa una sferetta e il suo giglio. Le tre sferette saranno disposte in tre posizioni diverse del gambo e da ciascuna di esse usciranno due rami. Sferette e rami apparterranno dunque ad uno stesso pezzo. Farai poi sette lampade da porsi del nel candelabro. Anche gli smoccolatoi saranno d’oro puro. Il tutto peserà un talento di questo metallo (…). Comanda poi ai figli d’Israele che ti portino dell’olio d’olivo del più puro….perchè ardano le lucerne del candelabro nel tabernacolo della testimonianza, fuori da velo posto dinanzi ad essa. Aronne e i suoi figli ne avranno cura affinchè facciano luce sino alla mattina davanti al Signore”

(Descrizione biblica dell’Menorah ebraica)

Non esiste a nostro avviso un altro oggetto celebrativo e simbolico che abbia avuto numericamente maggiori  riscontri  in ogni epoca e ogni civiltà come il candelabro.

Il termine deriva dal latino candelabrum che potremo definire come l’assemblaggio di due oggetti diversi come il bacile o conca labrum  usato nel caso per raccogliere più facilmente la cera delle soprastanti candele e lo stelo che le sorregge. Nella cosiddetta tazza posta alla base dell’oggetto veniva inserita pece, resina o qualunque altra sostanza ritenuta infiammabile. Il candelabro è dotato di una base con un sostegno che può avere varie forme e decori graffiti o scolpiti, tanto che nell’antichità proprio attraverso certe figurazioni vi si tramandavano storie di vita e persino segreti legati alla mitologia del popolo interessato. Naturalmente il candelabro con il trascorrere del tempo di modificò e il tutto si irrobustì in modo da avere più bracci atti a sostenere varie lampade o candele per la migliore illuminazione dell’ambiente circostante oltre ad ottenere più alti gradi di sacralità al luogo dove veniva collocato. Variazioni sui vari temi, fantasie creative e raffigurazioni particolari dettero ad esso l’impronta di ciascuna epoca, intonandosi al lusso di certi ambienti e rispecchiando le esigenze delle diverse espressioni artistiche.

lunedì 6 febbraio 2023

La teurgia, la pratica religiosa degli antichi

di Chiara Sacchetti

La parola Teurgia viene da theourghia ossia «fabbricazione di dei» e venne coniata nel tardo periodo ellenistico per indicare una pratica religiosa finalizzata al bene, come la realizzazione di miracoli e prodigi. Veniva prodotta soltanto dagli uomini che erano riusciti ad instaurare un rapporto diretto e privilegiato con la divinità attraverso un lungo percorso esoterico, tanto da finire per identificarsi con la divinità stessa.

Ma cosa è davvero la Teurgia? E come avveniva il legame umano-divino?

 

La Teurgia

Gli Oracoli caldaici del filosofo medioplatonico del II secolo d.C. Giuliano il Teurgo, sono il primo testo che tratta di questo argomento anche se le pratiche teurgiche cominciarono certamente prima e si differenzia dalla teologia, in quanto la prima non si limita solo a parlare del divino come la seconda, ma vengono indicati anche i rituali e le pratiche per evocarlo e creare con esso uno stretto legame. Si distingue anche dai cosiddetti oracoli in quanto in questi ultimi la divinità entrava nel corpo dell’adepto spontaneamente senza alcuna richiesta, mentre nella teurgia il divino penetrava nella persona del teurgo perché volutamente evocata da questi scelto fra molti in possesso delle giuste inclinazioni.

Immagine stilizzata del Sole, fulcro della sapienza caldaica.

 

La Telestiké

È un termine greco che indicava la tecnica di iniziazione misterica tipica dell’età tardo ellenista e del nuovo Neoplatonismo. Consisteva nel consacrare ed evocare, con nomi ed epiteti, una divinità affinché concedesse la vita alle statue realizzate appositamente che la rappresentavano  per ottenere oracoli. 

giovedì 2 febbraio 2023

Il Carnevale antico e la nave dei matti o dei folli

di Mario Pagni

La Nave dei Folli

Secondo una antica quanto dubbia tradizione il periodo di Carnevale o “Carnascialesco” sarebbe tale perché non governato da nessun segno zodiacale o meglio da una sorta di tredicesimo segno che ispirerebbe una gaia ma alquanto strana follia.

Sia in epoca romana che più recentemente nel medioevo la “memoria storica”  intesa come riportata dalle autentiche fonti scritte, parla di feste ed eventi molto particolari legati proprio al Carnevale e ai vari giullari di corte che per una volta lasciavano il castello o la villa del loro datore di lavoro per imperversare nelle vie e nelle piazze cittadine, assieme al popolo con i loro canti, balli e scherzi di ogni genere. A Firenze si narra che proprio dalla cattedrale di Santa Maria del Fiore ma anche da altre chiese, soprattutto altre cattedrali di tutta Europa ma principalmente in Francia Germania e Olanda, uscissero strani carri simili a vere e proprie navi con tanta gente festante a bordo.  Era la cosiddetta Nave dei Matti o dei Folli che sembra abbia dato vera origine persino alla famosa  tradizione fiorentina dello Scoppio del Carro, seppure in quel caso era il Fuoco Sacro riportato dai crociati di Pazzino dei Pazzi, il vero e ancora attuale protagonista dell’evento che attira turisti e curiosi in grande quantità da ogni parte del mondo.

lunedì 30 gennaio 2023

Le janare

di Chiara Sacchetti

Tra le figure che troviamo nella tradizione e nel folklore italiano c’è la janara, una sorta di strega tipica della regioni meridionali dell’Italia, e in particolare della Campania e che ancora oggi, in certe località rurali più isolate, è una figura delle più temute.

 

Le origini della janara

L’etimologia della parola janara è incerta, secondo alcuni viene da “Dianara”, vocabolo che indicava la sacerdotessa di Diana, dea della caccia legata alla luna e alle streghe stesse, mentre altri sostengono il legame con il termine latino ianura, ossia porta. Dietro a questa infatti, secondo le antiche credenze, doveva essere posta una scopa o un sacchetto di sale grosso per tenere lontane queste fattucchiere, costrette a contare i fili della granata o il numero dei grani contenuti nella busta prima di entrare. Occorre ricordare anche il termine latino Janua per indicare accesso o ingresso verso altro ambiente. Il toponimo  Genova capoluogo ligure, costituisce un esempio di porto o accesso ad un determinato luogo.

Janare intorno al Noce di Benevento

La leggenda relativa a questa figura di strega ha origini nel beneventano in ambiente rurale e ben presto poi si è diffusa fino ad arrivare nella città di Napoli, e ancora oggi in alcuni paesi della provincia non è difficile trovare donne con il preciso compito di tenere lontane queste oscure figure.  

La tradizione vuole che le janare avessero conoscenze profondissime per riti magici e occulti, capaci di distruggere la vita delle persone; la storia ci racconta che esse abbiano fatto il loro ingresso nella cultura locale nel periodo longobardo, quando ancora c’era una simbiosi fra culti pagani e il cristianesimo appena nato e in particolare, quando le genti del contado continuavano a venerare le dee Diana, Iside ed anche Ecate come è anche testimoniato da alcuni monumenti presenti in città.

 

giovedì 26 gennaio 2023

Profezie divine e riscontri scientifici

di Mario Pagni

Il mistero della vita

L’uomo moderno è spesso costretto a confrontare quanto le varie religioni e le antiche tradizioni  riportano a livello di fonti storiche acclarate e quanto la scienza moderna attraverso scarne ma concrete dimostrazioni scientifico–matematiche è in grado oggi di dimostrare. Quello che però è curioso e per certi versi anche un po’ inquietante è che spesso questi dati apparentemente onirici da un lato e quelli reali dimostrati per tramite della sperimentazione, coincidono ormai sempre di più, come se una sorta di verità antica oggi si rivelasse nuovamente a noi attraverso la verifica scientifica.

Dalla fisica quantistica i segreti dell'origine della vita

L’accostamento fra profezia divina e scienza attuale sta quindi suscitando non pochi stupori anche se ancora molti dotti personaggi accademici continuano a sostenere che tali concetti e fatti storici non hanno sicuramente niente in comune. Ecco una serie di domande che meriterebbero risposte veritiere.

lunedì 23 gennaio 2023

Giulia Tofana, l’avvelenatrice di uomini

di Chiara Sacchetti

Molte sono le figure femminili del passato, donne che nel bene e nel male hanno lasciato la loro impronta nel percorso della storia, rimanendo figure che ancora oggi vengono ricordate.

Oggi parliamo di Giulia Tofana, una fattucchiera sui generis che ha aiutato moltissime donne a liberarsi del rispettivi mariti perché vittime di matrimoni infelici se non addirittura violenti e rimasta nella memoria come una vendicatrice. Ma vediamo tutta la vicenda.

 

Chi era Giulia Tofana?

Forse era la figlia o la nipote di Thofania d'Adamo, giustiziata a Palermo il 12 luglio 1633 per aver avvelenato il marito Francesco, cosa che spiegherebbe anche tutte le sue conoscenze in fatto di veleni.

Giulia Tofana

Nacque a Palermo vicino al quartiere del Capo, dove avveniva fra l’altro la tratta degli schiavi, in un anno compreso tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600; la ragazza, rimase sola ancora giovane e non ebbe la possibilità di studiare restando così completamente analfabeta. La condizione in cui si trovava non le permetteva una vita lussuosa e nei primi tempi Giulia, bella e giovane, si mise a fare la prostituta ma poi, stanca di questa vita, decise di sfruttare le competenze che aveva e si dedicò alla realizzazione dei veleni, di cui aveva una profonda conoscenza e in particolare la famosa acqua tofana.

 

L’acqua tofana

Tradizione vuole che questo veleno fosse stato inventato, almeno nelle basi, da Thofania d’Adamo, zia o madre di Giulia che lo aveva usato per uccidere il marito violento. Poi la ragazza, con le conoscenze avute dalla zia/madre lo avrebbe perfezionato rendendolo il perfetto metodo per uccidere chiunque si volesse.

giovedì 19 gennaio 2023

I fuochi di Sant’Elmo

di Mario Pagni

Fuochi di Sant'Elmo su un antico veliero Ricostruzione

Il nome trae la sua origine (secondo alcune fonti) da Sant’Erasmo poi Sant’Elmo vescovo di Formia martirizzato nell’anno 303 sotto l’imperatore Diocleziano. Patrono dell’intestino (secondo una delle versioni agiografiche sarebbe stato martirizzato proprio per eviscerazione), sarebbe anche protettore dei naviganti per i quali le fonti riportano invece la sua condanna al rogo. Per questo e secondo la tradizione, quando il santo fu bruciato si levarono fiamme bluastre che furono viste e interpretate come la sua stessa anima che si levava al cielo. Secondo una ulteriore versione ad esso collegata, Sant’Elmo si sarebbe ammalato proprio durante un viaggio in mare (da qui il patrono dei naviganti) e sopraggiunta una forte tempesta trovandosi già in punto di morte e prima di esalare l’ultimo respiro, promise all’equipaggio che sarebbe tornato per salvare la nave e i suoi occupanti. In effetti poco dopo la sua morte una strana luce bluastra comparve sull’alberatura della nave tranquillizzando i marinai riguardo l’esito propizio della tempesta.

Sant'Elmo o Sant'Erasmo da Formia

C’è anche chi sostiene invece che Sant’Elmo in verità sarebbe San Pedro Gonzales confuso con Sant’Erasmo vescovo siriano che avrebbe ugualmente due significati: stando ai navigatori che ebbero alla loro vista esperienze confortanti, porterebbero (come detto sopra) le imbarcazioni alla salvezza, al contrario le faville elettriche che durante le tempeste coronano le alberature delle navi rappresenterebbero infausti presagi e conseguenti destini.

lunedì 16 gennaio 2023

Alice Kyteler, la strega oscura

di Chiara Sacchetti

Abbiamo già parlato molte volte di streghe, donne spesso accusate e condannate per il solo fatto di sapere e di mettere in pratica (spesso in campo medico) le proprie conoscenze, ma che nella società del passato non venivano tollerate né tanto meno comprese pienamente e spesso viste come capri espiatori di tutti i propri guai.

Scena di stregoneria con nani, opera di uno pseudonimo di Faustino Bocchi (primo decennio del Settecento)

Oggi facciamo la conoscenza di Alice Kyteler, una delle prime donne accusata di stregoneria in Europa, la cui storia comincia in modo assai semplice ma che racchiude molti misteri e legami con altri personaggi leggendari legati all’esoterismo e alla chiesa e della quale si sono perse le tracce.

                                                                                                                      

Gli antefatti

Nel 1299 Alice Kyteler sposò William Outlawe, un ricchissimo banchiere e uomo molto più grande di lei, che gli avrebbe assicurato anche una certa sicurezza economica: dopo pochissimo la donna rimase incinta e dette alla luce William Jr. che ebbe come padrino il cancelliere d'Irlanda, Roger Outlawe, nonché zio del bambino. Il corpo del marito, dopo qualche anno, venne ritrovato però ai piedi di una torre e le dicerie cominciarono a vagare per il paese che non si trattasse di un suicidio.

A poca distanza dal tragico evento, Alice sposò un altro facoltoso banchiere Adam Le Blont, dal quale ebbe una figlia chiamata Basilia, ma anche l’uomo morì non molto dopo per una banale indigestione. A seguire si maritò nuovamente con Richard de Valle, un proprietario terriero di origini francesi che aveva combattuto con i Templari in Terra Santa ma già piuttosto anziano e in condizioni di salute piuttosto precarie, morì poco dopo.

giovedì 12 gennaio 2023

La “Sapienza” Gnostica

di Mario Pagni

La Sapienza gnostica

Ci domandiamo spesso ed ad ogni livello di conoscenza o di bagaglio storico e scientifico quale sia la vera definizione da attribuire allo “gnosticismo”. Su questo tema si sono sfidati per secoli scrittori , storici, e soprattutto filosofi  ma la risposta è stata ed è ancora oggi spesso controversa e dibattuta. Lo gnosticismo esotericamente inteso è una sorta di atteggiamento spirituale coerente, unico e costante, tale da costituire se vogliamo un tipo di religiosità distinto e per certi versi originale. Caratteristica fondamentale della disciplina o fenomenologia gnostica è la centralità dell’elemento conoscitivo, da intendersi come una vera e propria illuminazione riservata a pochi iniziati che proprio per questa via pervengono alla visione del Divino e della Verità intesa come assoluta, ottenendo nel contempo una insperata ma consapevole salvezza. In parole più semplici nella dottrina gnostica è il Sacro inteso in senso generale il vero filo conduttore e l’obbiettivo principale da raggiungere, senza passare da qualsiasi tipo di legame religioso “religo” che per sua natura negherebbe la piena libertà di intenti nel complesso e motivato cammino spirituale.

La via iniziatica

Comunque sia quindi l’uomo nella cui anima brilla almeno una scintilla di luce divina, può tentare per la via iniziatica di uscire dalla prigione della materia intesa come costrizione terrena. Poi grazie a Gesù, inviato da Dio per la salvazione dell’umanità ma del quale l’incarnazione e la morte sono considerate simboliche, gli iniziati hanno la possibilità e l’opportunità di attingere alla luce della vera conoscenza, ottenendo dopo la morte, la salvezza e percorrendo a ritroso, la via dell’emanazione, potersi alla fine ricongiungere al Tutto o se preferite all’Uno primordiale.

lunedì 9 gennaio 2023

Ecate, la dea oscura

di Chiara Sacchetti

È una delle divinità più misteriose e tenebrose della mitologia greca, legata ad eventi catastrofici e terribili e a figure malefiche e demoniache. Ma la sua origine era meno terrificante e paurosa di quanto poi nel tempo non lo sia diventata. Ma vediamo tutto più nei dettagli tutta la sua storia.

 

Le origini di Ecate

La prima dea Ecate (o meglio Hecate, Hekate o Hekat) la troviamo in Asia Minore, nella zona della Tracia e della Tessaglia o Caria dove veniva venerata come una Dea Madre, protettrice delle partorienti e delle nascite ma anche della Natura in generale. Con l’Era Tolemaica però la divinità cominciò a prendere caratteristiche più oscure fino a legarsi alla stregoneria e divenire la regina degli spettri, aspetto che mantenne poi anche in epoche successive fino ad oggi a partire dal Rinascimento, quando la sua figura tornò in auge nei circoli filosofici, letterari e religiosi.

Ecate

 

La dea Ecate

Dea della mitologia/religione greca e romana, Ecate era una divinità psicopompa (in grado cioè di passare dal regno dei vivi a quello dei morti e degli dei e viceversa), caratteristica tipica di coloro che accompagnavano i defunti nell’aldilà. Non a caso infatti spesso viene raffigurata con una torcia in mano, come nell’atto proprio di guidare i vivi nel Regno dei morti.