Questa volta
parliamo di un personaggio molto particolare, forse vissuto molti secoli fa ma
in equilibrio fra realtà, storia e mitologia, comunque considerato il fondatore dell’alchimia e dell’esoterismo in generale, al
quale sono state attribuite anche diverse importanti opere e testi che si dice
siano stati scritti proprio di suo pugno riguardanti materie complesse
ancora oggi oggetto di studio.
Da divinità
ad essere umano
Dire chi sia
stato davvero Ermete Trismegisto è impossibile tanto più che realtà mito e
finzione in questa figura si sovrappongono e si fondono. Quello che sappiamo di certo è che il nome deriva dal greco antico Ἑρμῆς ὁ Τρισμέγιστος, e dal latino Mercurius
ter Maximum che significa letteralmente “Ermete tre volte grandissimo” o
magnifico. Questa accezione lega di fatto il personaggio al dio Ermete
divinità greca della comunicazione, e a Thot, dio egizio delle lettere, dei
numeri e della geometria. Entrambe le divinità sarebbero infatti al servizio di
altre superiori, Zeus il primo come suo messaggero, e Osiride il secondo in
quanto considerato suo scriba personale, esse sono divinità psicopompe, ovvero traghettatrici delle
anime dei defunti nell’aldilà e anche intermediarie fra cielo e terra.
Ermete Trismegisto in un intarsio della Cattedrale di Siena
Nell’età alessandrina, momento di
fusione fra la tradizione greca e quella egizia, la figura di Ermete lasciò
quelle caratteristiche divine per diventare un uomo in carne ed ossa, così tanto importante da far sì che i
primi alchimisti lo elessero l’illuminato per eccellenza perché aveva ricevuto le
prime potenti rivelazioni e autore (e quindi capostipite) delle opere
principali legate all’ alchimia e all’ esoterismo.
Varie
interpretazioni
Quello che
sappiamo per certo è che questa figura stimolò numerosi studiosi nella ricerca per
capire chi veramente potesse essere
stato e anche se realmente vissuto. Tra
l’VIII e il IX secolo d.C. lo storico bizantino Sincello suppose che nella
figura di Ermete si nascondessero in realtà due persone distinte, vissute una
prima e l’altra dopo il diluvio universale: il primo Ermete, al quale,
secondo questa opinione, si deve l’uso di usare le vesti, sarebbe stato nipote
di Abramo, autore di libri di scienza riguardanti cose celesti e terrene,
protettore delle scienze e della matematica, e tanto sapiente da aver (si dice)
innalzato le piramidi. Il secondo invece avrebbe abitato in Babilonia, sarebbe
stato anche lui un cultore delle scienze, della medicina, della filosofia e
della matematica, divenendo addirittura il
maestro di Pitagora. Il filosofo e
matematico persiano Abu Ma`shar riteneva invece che fossero addirittura tre
“gli Ermeti della storia”: oltre ai due succitati, il terzo Ermete sarebbe
vissuto in Egitto come medico, filosofo, esperto di urbanistica e autore di due
libri, uno sugli animali velenosi e l’altro sull’arte alchimistica e poi sulla
nascente chimica.
Ermete Trismegisto, che compie il matrimonio mistico tra Sole e Luna
(dal Viridarium chymicum di Daniel Stolz von Stolzenberg, 1624)
Il Corpus
Hermeticus
A lui la tradizione attribuisce il
famoso Corpus Hermeticus, un insieme
di scritti iniziatici e filosofici, raccolti in epoca bizantina e in
particolare costituiti da papiri contenenti incantesimi e procedure di
iniziazione, come ad esempio l’arte della telestiké, ossia i metodi per richiamare o
imprigionare gli angeli o i demoni all'interno di statue, con l'aiuto di erbe,
gemme e profumi per poter parlare poi attraverso di esse.
Frontespizio di un'edizione del 1643
Gli scritti
vengono solitamente distinti in due categorie, filosofici e tecnici. L’opera venne raccolta e sistemata da
Michele Psello, studioso bizantino e insegnante di filosofia storia e religione
che purtroppo però probabilmente nella sua revisione tolse alcune parti
relative all’occulto. La copia originale appartenuta al famoso studioso,
venne ritrovata dal monaco Leonardo da Pistoia in Macedonia e portata a Firenze
da Cosimo de’ Medici che ordinò a Marsilio Ficino, a capo dell’Accademia
Neoplatonica, di effettuarne la difficile traduzione.
La Tavola
Smeraldina
Illustrazione della Tavola di smeraldo dal libro di Heinrich Khunrath Amphitheatrum sapientiae aeternae (1606).
Fra le varie
opere attribuite ad Ermete ci sarebbe anche la fantomatica Tavola Smeraldina,
un testo sapienziale che si proponeva fra l’altro di riassumere e studiare i
principali mutamenti che avvengono in natura e gettando con ciò le fondamenta
della dottrina alchimista La Tavola
Smeraldina o Smaragdina nome attribuito
all’oggetto per il suo colore verdastro secondo la leggenda sarebbe stata ritrovata
in Egitto prima dell’età cristiana. Secondo la tradizione, lo scritto sarebbe
stato inciso dal famoso alchimista proprio su una lastra verde di smeraldo, con
una punta di diamante e Sara, la moglie di Abramo, l’avrebbe poi ritrovato
all’interno della sua tomba, con il cadavere di Ermete che lo stringeva fra le
mani.
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