Molte sono
le figure femminili del passato, donne che nel bene e nel male hanno lasciato
la loro impronta nel percorso della storia, rimanendo figure che ancora oggi
vengono ricordate.
Oggi parliamo di Giulia Tofana, una
fattucchiera sui generis che ha
aiutato moltissime donne a liberarsi del rispettivi mariti perché vittime di matrimoni infelici
se non addirittura violenti e rimasta nella memoria come una vendicatrice. Ma
vediamo tutta la vicenda.
Chi era Giulia
Tofana?
Forse era la figlia o la nipote di
Thofania d'Adamo, giustiziata a Palermo il 12 luglio 1633 per aver avvelenato
il marito Francesco, cosa che spiegherebbe anche tutte le sue conoscenze in
fatto di veleni.
Nacque a
Palermo vicino al quartiere del Capo, dove avveniva fra l’altro la tratta degli
schiavi, in un anno compreso tra la fine del ‘500 e gli inizi del ‘600; la
ragazza, rimase sola ancora giovane e non ebbe la possibilità di studiare restando
così completamente analfabeta. La
condizione in cui si trovava non le permetteva una vita lussuosa e nei primi
tempi Giulia, bella e giovane, si mise a fare la prostituta ma poi, stanca di
questa vita, decise di sfruttare le competenze che aveva e si dedicò alla
realizzazione dei veleni, di cui aveva una profonda conoscenza e in particolare
la famosa acqua tofana.
L’acqua
tofana
Tradizione vuole che questo veleno fosse stato inventato, almeno nelle basi, da Thofania d’Adamo, zia o madre di Giulia che lo aveva usato per uccidere il marito violento. Poi la ragazza, con le conoscenze avute dalla zia/madre lo avrebbe perfezionato rendendolo il perfetto metodo per uccidere chiunque si volesse.
Ritratto di una boccetta di acqua tofana recante l'immagine di San Nicola di Bari (opera di Pierre Méjanel)
Si trattava infatti di una pozione
letale assolutamente inodore e insapore composta da un miscuglio di belladonna,
acqua, bacche e altre piante e il piombo. Giulia cominciò a vendere l’intruglio a tutte le
donne che imprigionate in un matrimonio violento e non felice le chiedevano
aiuto per liberarsi da quella vita spacciando l’acqua tofana per un cosmetico femminile
prodigioso.
La prima
accusa
Piano piano
però la situazione cominciò a destare qualche sospetto, la fama di Giulia si
ingrandì e la Santa Inquisizione iniziò a sospettare la verità. Come se non bastasse, alla fine, il marito
di una donna aveva scoperto il tranello perché la moglie non si era attenuta
alle indicazioni e l’uomo, sopravvissuto, aveva denunciato Giulia per tentato
omicidio. La ragazza, che nel tempo si era fatta amicizie importanti,
accettò gli approcci di un frate, ne divenne l’amante e con il suo aiuto scappò
a Roma.
La vita a
Roma e la seconda accusa
A Roma
Giulia cambiò vita, decise di intraprendere gli studi e lasciarsi alle spalle
veleni e omicidi rifacendosi una vita con il religioso. Ma un giorno un’amica
le confidò l’infelicità e la violenza del marito e la donna ritornò ai suoi
vecchi affari. Grazie all’amante trovò
tutti gli ingredienti necessari per il veleno e lo consegnò all’amica. Riprese
le sue antiche abitudini e ben presto la sua clientela aumentò, ma come accadde
nella sua città fu una cliente poco precisa che la condannò. La contessa di
Ceri mise l’intera bottiglietta nella zuppa del consorte che perì all’istante,
ma la morte destò non pochi sospetti fra i familiari che ne chiesero
un’inchiesta e in poco tempo l’acquirente confessò la verità.
La condanna
Questa volta
purtroppo nessuno aiutò Giulia che venne denunciata e imprigionata con l’accusa
di tentato omicidio, assieme anche alla figlia Girolama e alle compagne Giovanna
de Grandis, Maria Spinola soprannominata "Grifola", Laura Crispolti e
Graziosa Farina. Durante il processo
sotto tortura la donna ammise di aver ucciso più di 600 uomini ma qui la storia
si fa incerta. Alcune fonti dicono che Giulia sia riuscita a scappare mentre
altre raccontano che fu condannata a morte nel 1659 e arsa sul rogo a Campo dei
Fiori, mentre le “vedove” furono murate vive a Porta Cavalleggeri, alcune
anche torturate pubblicamente mentre le altre strangolate. Solo poche di esse
scamparono al loro destino dichiarando che le boccette erano per uso cosmetico.
Piazza Campo dei Fiori in una foto vecchia
L’acqua
tofana continuò ad essere usata fino a tutto l’Ottocento facendo, si dice,
anche vittime illustri, mentre Giulia per tutte le donne rimase nella memoria
come un’eroina.
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