lunedì 15 novembre 2021

Clara Botzi la strega che parlava alle erbe

di Chiara Sacchetti

Le streghe e la stregoneria sono un fenomeno che nasce nella notte dei tempi, le figure malefiche e la loro manifestazione dei saperi occulti prima dell’arrivo del Cristianesimo erano tollerati anche se temuti, spesso controllati in leggi civili che non andavano molto ad interferire con la vita religiosa. La spiegazione più semplice è che il diavolo e il malefico non esistevano nell’accezione che con l’arrivo di Cristo ebbero poi . Con la crisi ecclesiastica si ebbe lo sviluppo di correnti cosiddette eretiche e successivamente di un fenomeno più popolare come quello della stregoneria. La Chiesa dette allora avvio ad una repressione che vide nei primi secoli dell’età moderna il suo culmine. Quello della stregoneria però è un fenomeno che deve essere letto anche come il sintomo di paure e di momenti terribili di ogni essere umano, che cercava nella spiegazione soprannaturale e accusando magari per questo persone vicine, una motivazione al loro profondo dolore. Fra le vittime di questa repressione troviamo Clara Botzi, una donna guaritrice erborista e levatrice, come lo erano e saranno molte altre donne perseguitate nella cosiddetta caccia alle streghe.

Strega che nutre i suoi famigli

La nostra storia comincia in Ungheria e specificatamente in Transilvania, luogo misterioso e assieme affascinante, famoso soprattutto per la presenza del conte Dracula e delle storie terribili che gli sono legate e che vede protagoniste 4 donne accusate di essere streghe e  una in particolare.

Nel 1585 Clara Botzi venne chiamata a processo con l’accusa di aver ucciso un bambino. I querelanti erano una coppia di giovani ragazzi genitori del piccolo, che dichiarava che la donna aveva fatto qualcosa di terribile alla loro creatura per vendetta perché non era stata chiamata al momento del parto, come lei stessa aveva affermato qualche giorno prima.  Ma come sempre succedeva in questi processi, tale accusa dette avvio ad una serie di testimonianze da parte di altri accusatori. A rincarare la dose ci pensarono quindi altri testimoni, personaggi del villaggio dove Carla viveva e “amici” della donna che asserirono che era nota per compiere magie e stregonerie; dicerie che, nate un po’ dalle confessioni dalla bocca della donna stessa ad un amico, confermavano quanto temuto dalla comunità e dai giudici. Nei suoi racconti la presunta strega avrebbe raccontato infatti di essere in grado di avere una vista formidabile e la capacità di parlare con qualsiasi animale grazie ad una pozione da lei realizzata cuocendo un serpente con una piccolissima porzione di carne. Ma quello stesso intruglio le dava anche il potere di sentire le erbe dei campi, che le parlavano e le insegnavano ogni segreto, da usare poi nei suoi preparati.

Campo con le erbe per le pozioni delle streghe

La conoscenza di questi preparati e malefici ebbe inizio quando il medico da cui era stata ospite le aveva regalato un libro sapienziale, dotato di poteri che se veniva letto ad alta voce in mezzo ad un campo, svegliava le erbe curative che cominciavano a parlare e a svelare ogni loro segreto. Da lui, grazie all’aiuto della moglie infatti, Clara era riuscita a sapere tutti i segreti più oscuri e aveva anche partecipato ad un rito iniziatico che consisteva nel mangiare di nascosto il cibo preparato dall’uomo, un serpente cotto di cui leccò «bene gli ossi e gli scarti». Tra le altre storie poi raccontò anche di aver visto danzare 32 lemuri nella sua stalla con i quali avrebbe parlato, e che sarebbero stati gli spiriti dei morti, come nelle credenze dell’Antica Roma.

Lemuri

Dopo aver sentito tutti i testimoni il giudice chiamò Clara che negò ogni accusa dichiarando di essere soltanto una curatrice. Come sempre in quei processi la donna venne così fatta torturare: il dolore del supplizio ebbe l’effetto che l’inquisitore voleva, quello di sentire la sua “verità”. L’imputata cominciò così a dichiarare tutto quanto, che era una strega, che parlava alle piante, che mangiava i serpenti e soprattutto cedette a quello che più era importante facendo i nomi di altre tre sue “colleghe” e amiche, che verranno anch’esse successivamente arrestate giudicate e alla fine giustiziate.

La fine di Clara avvenne di fronte alla Cattedrale di San Michele a Cluj a Sibiu nella Piata Mare, poco dopo la sentenza, dove venne bruciata viva assieme alle altre tre “colleghe” che lei stessa aveva accusato.

Poco meno di 100 anni dopo in quello stesso luogo altre donne subiranno purtroppo la stessa sorte di Clara.

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