di Chiara Sacchetti
Già ai tempi dell’Antica Roma esisteva questa strana e oscura
presenza, anzi ve ne erano di due specie, simili e contrapposte: una era la strix, una donna trasformata in una
sorta di uccello simile alla civetta, con gli occhi fissi, becco, rostri che
nelle ore notturne andava alla ricerca di bambini per succhiare loro il sangue
e quindi ucciderli.
John William Waterhouse, Il Cerchio Magico |
E poi c’era la strega, quella vera, di cui numerosi e
importanti autori dell’epoca e leggi promulgate ci raccontano. In ordine di
tempo ricordiamo la Lex dei Decemviri
delle dodici tavole in cui sono elencate pene per coloro che dicevano il Malum Carmen contro i raccolti (ovvero
incantesimi per distruggere i raccolti) e di questa sappiamo che perfino un uomo,
un certo Furio Crisimo, fu accusato di tale pratica: è Plinio il Vecchio a
raccontarcelo nel Libro XXX della sua Storia Naturalis, dicendoci che il pover’uomo,
un liberto, fu portato in giudizio dai suoi vicini perché il suo raccolto
migliorava di anno in anno mentre il loro peggiorava a vista d’occhio. Durante
il processo il poveretto si difese dicendo che tutto ciò non era altro che il
frutto del duro lavoro (tante notti di lavoro, veglie e sudori) e di nessuna
magia o incantesimo e i giudici gli cedettero tanto che fu dichiarato
innocente. E la Lex Cornelia de
sicaris et veneficiis che proibiva
le pratiche magiche, come l’avvelenamento e l’assassinio per stregoneria.
Curiosa e assai “simpatica” (se si può dire) è l’origine di questo ordinamento
che deve la sua nascita alla scoperta di alcune vedove matrone, colte in
flagranza di reato mentre stavano preparando uno strano “intruglio” in un
bollitore; chiesto loro di cosa si trattasse e cosa vi fosse dentro,
rifiutarono di dare spiegazioni e per questo furono obbligate a berlo: morirono
tutte nel giro di qualche ora!
Se Seneca ci racconta di una maga
che sminuzza erbe medicinali, mescola uccelli sinistri e cuore di gufo, ma per
avere la figura della strega che oggi conosciamo dobbiamo aspettare Orazio e Apuleio.
Il primo, nelle sue due opere più importanti, le Satire e le Epodi, ci riferisce
di Canidia e Sagana, due donne che si ritrovavano sull’Esquilino (il colle bonificato
da Mecenate dove si trovava il cimitero plebeo) con dei pupazzi, uno di cera e l’altro
di lana, sbranavano a morsi un agnello versandone il sangue in una fossa ed
evocavano Ecate e Tesifone, facendo così comparire serpenti e cagne infernali,
arrivando ad attentare anche alla vita del poeta stesso. Apuleio invece nelle
Metamorfosi ci descrive il “laboratorio” della strega Panfilia, una soffitta
aperta su quattro lati in cui si possono scorgere i suoi strumenti da lavoro,
un teschio, libri con incisi caratteri sconosciuti, piante, erbe, profumi e
incensi: Lucio, il protagonista della storia, si unge trasformandosi così in
asino, e solo dopo molte peripezie, riuscirà a diventare un iniziato della dea
Iside.
Bibliografia
essenziale utilizzata
Laura Cherubini, Strix. La strega
nella cultura romana, UTET, Milano, 2010
Finalmente qualcosa di serio.....
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