lunedì 12 agosto 2019

Le origini storiche della stregoneria: la Compagnia di Diana e i Benandanti

di Chiara Sacchetti

Un misto fra religione pagana, celtica, usanze e credenze cristiane è la Compagnia di Diana, un gruppo di donne seguaci della dea che, trasformate in bestie alate, si recavano a riunioni con altre donne, in misteriosi e malefici incontri dove succhiavano il sangue dei bambini e toglievano le ossa ai vivi per poi la mattina seguente rimettere tutto a posto, senza però che quegli esseri da loro toccati fossero più gli stessi di prima. In realtà l’origine di questa schiera di donne è assolutamente benevola e da ricercarsi nelle credenze di alcune realtà soprattutto contadine, in particolare quella dove c’era l’usanza di lasciare tavole imbandite con ricchi banchetti e la casa pulita nell’eventualità dell’arrivo di queste “signore” che davano “la buona sorte” ai bambini e “benedicevano” la casa visitata.

François Broucher, Diana al bagno, Parigi, Museo del Louvre

Con il tempo la figura di Diana (o di Erodiade o Holda nella tradizione germanica) si venne trasformando in qualcosa di malvagio e la dea fu associata ad Ecate, divinità greca delle tenebre, capace di poter passare dal regno dei vivi a quello dei morti, considerata la regina delle streghe, abile a trasformarsi in uccello, cibarsi di carne umana e usare le erbe per le sue opere malefiche; iniziava spettri e fantasmi e la sua legione di seguaci erano anime di morti senza sepoltura o suffragio funebre o morti di morte violenta, che si ritrovavano nei quadrivi per le loro operazioni diaboliche. È con Sibilla e Pierina, nel 1390, che la figura di Diana infatti viene trasformandosi e confondendosi con quella del Demonio, quando, accusate di essere eretiche, le due donne confessano di andare di notte con altre donne capeggiate dalla Domina Ludi (Signora del Gioco), la cui società è composta da esseri vivi e morti, i primi restano numericamente sempre gli stessi, mentre i secondi aumentano lentamente, e da animali di tutte le specie eccetto volpi e asini.


Una credenza circoscritta al territorio alpino e legata alle maliarde è quella dei Benandanti, uomini che, armati di canne di finocchio, andavano a combattere streghe e stregoni, muniti di canne di sorgo (associato alla scopa) per la fertilità dei raccolti. Ma come si diventava benandanti? Era la Natura e la casualità a scegliere al momento della nascita, perché erano coloro che erano nati con “la camicia”, ovvero il sacco amniotico che veniva seccato, conservato e portato sempre con sé, cosa che li distingueva dagli altri esseri umani “normali”. Il loro lavoro consisteva nell’uscire il giovedì delle Quattro Tempora, una festività proveniente dall’antico calendario agrario, entrato però poi di diritto in quello cristiano a simboleggiare le crisi stagionali e il passaggio dall’una all’altra e momento decisivo per la vita di un paese: sono infatti i quattro gruppi di giorni, destinati a ringraziare Dio per i frutti della terra (necessari alla vita) e per il lavoro dell’uomo. Ad ogni stagione corrisponde un momento e un dono votivo: in inverno, la 3/4  domenica dell’Avvento e olio, in primavera, la 1/2 domenica di Quaresima e i fuori di campo, in estate, la domenica fra la Pentecoste e la solennità della SS. Trinità con le spighe di grano, infine in autunno, la 3/4 domenica di settembre con i grappoli d’uva. Era dal risultato della battaglia tra Benandanti e streghe che dipendeva la fecondità di quell’anno e quindi la sorte del raccolto, una ritualità e credenza che risale ad un antico culto della fertilità in cui ragazzi giovani divisi in due gruppi, uno a impersonificare demoni propizi della fertilità e l’altro quelli malefici della distruzione, si battevano simbolicamente sulle reni per stimolare il proprio potere generativo e quindi quello dei campi e dei raccolti. Un rituale che rievoca anche però quelli realizzati in alcune regioni dell’Europa centro-settentrionale, in cui viene cacciata la Morte (o la strega) prendendo a bastonate o bersagliando di pietre un fantoccio che veniva poi solennemente cacciato dal villaggio.
Da tutte queste credenze nasce così la figura della strega che, come vedremo, verrà perseguitata e processata in tutta l’Europa e oltre, non solo dalla Chiesa ma anche dagli stessi vicini e amici che, per primi, le accuseranno di tutto per spiegare e giustificare le proprie disgrazie, una repressione quindi che dovrà essere letta su molteplici piani, quella più ovvia dei tribunali ecclesiastici, ma anche sociale e rituale.

Bibliografia essenziale utilizzata
Carlo Ginzburg, I benandanti. Stregoneria e culti agrari tra Cinquecento e Seicento, Piccola Biblioteca Einanudi, Milano, 2002
Raul Manselli, Magia e stregoneria nel Medioevo, Torino, Giappicchelli, 1976
Luisa Muraro, La Signora del Gioco. Episodi di caccia alle streghe, Feltrinelli, Milano, 1976 

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