di Chiara Sacchetti
È con questa antichissima dea che comincia il nostro viaggio
alla scoperta di tutte le divinità femminili che sono state venerate e temute
nel corso dei secoli con le varie antiche civiltà fino ad oggi, una figura,
quella della Grande Madre, che incarnerà molte dee, assieme ad una vasta gamma
di simboli e immagini sia del mondo animale che vegetale.
Cornucopia, simbolo di abbondanza e fertilità |
La Grande Madre viene genericamente identificata come una
divinità femminile “primordiale” capace di assumere ogni tipo di aspetto umano
e di rappresentare lo svolgimento naturale stesso della vita con il suo ciclo eterno di nascita, sviluppo, maturità,
declino, morte e rigenerazione o rinascita. Proprio per questo viene spesso
definita l’archetipo di tutte le dee, le quali, a loro volta in seguito, ne caratterizzeranno ognuna solamente uno specifico aspetto: con il progredire della
civiltà e quindi l’aumento ovvio delle necessità umane, cresceranno in egual
misura anche le divinità che sovrintenderanno ciascuna ad ogni aspetto della
vita terrena e alle quali l’uomo stesso chiederà soccorso e assistenza.
Esistono inoltre Dee Madri, in altre culture, con altri nomi ma che
sovrintendono anch’esse alle stesse identiche necessità: Iside per gli antichi Egizi o Lilith per gli
ebrei, ma ne parleremo nelle nostre prossime puntate, specificando le effettive
differenze fra loro.
Venere di Willendorf |
Troviamo la Grande Madre in moltissime culture e nelle più
ampie aree geografiche, già a partire
dal Neolitico se non addirittura dal
Paleolitico, e non è un caso sia una femmina, simbolo per antonomasia
dell’abbondanza e della capacità di procreare,
dimostrando da subito la presenza di strutture matriarcali persino nella società preistorica. Da subito
possiamo ben capire che ci troviamo in un periodo in cui l’essere femminile, rappresentava
e presiedeva tutti i riti associati alla nascita e alla morte, in quanto
simbolo stesso della Madre Terra, da cui si nasce e a cui si deve ritornare, e
durante i quali ella stessa muore e rinasce con il susseguirsi delle stagioni e
con i vari cicli lunari (da cui prenderanno anche molte caratteristiche alcune
dee giudicate negative che vedremo prossimamente). Un aspetto quest’ultimo che
poi nelle successive civiltà patriarcali decadrà lentamente fino ad essere sostituito
da divinità solari; di essa resterà soltanto il simbolo del trono come
riferimento al grembo materno da cui tutto ha origine.
La sua ricorrente raffigurazione è una statuetta in cui gli attributi femminili,
il seno e i fianchi in particolare, sono assai evidenziati e accentuati nelle
caratteristiche, chiara immagine e riferimento alla fertilità e alla maternità
del suo stato. Per questo la dea viene spesso identificata con l’appellativo di
“Steatopigie” (termine con cui viene di solito indicata una lordosi lombare) o
quello più comune di Venere, con
riferimento alla dea di cui la più conosciuta e la più antica rappresentazione
scultorea, è quella di Willendorf, oggi conservata in Austria e risalente al 23000
- 19.000 a.C.. Questo aspetto rotondeggiante, inoltre, non unico nel suo
genere, può essere ricondotto, alla rappresentazione simbolica costante di un
vaso ampio e pieno, inteso come il contenitore che racchiude la vita, in cui si
forma e che per questo genera qualsiasi cosa vivente, come la stessa Terra che
dentro di sé da la vita tramite i suoi frutti, siano essi spontanei o il
risultato del lavoro dell’uomo, una sorta di utero materno insomma, che porta dentro
di sé, nel suo grembo, già il proprio figlio.
Scoppio del Carro in piazza Duomo a Firenze |
È da questa divinità che poi si svilupperanno tutti quei riti
e culti della fertilità che fino a pochi decenni fa venivano svolti a cavallo del passaggio delle stagioni, in
particolare quello dall’inverno alla primavera inteso e visto come vero momento
di rinascita, e che oggi vengono riprodotti anche tramite il folklore locale
(per citarne uno per tutti, il celeberrimo Scoppio del carro di Firenze la
mattina di Pasqua, con il viaggio della colombina dal Duomo al carro stesso
e il cui percorso se compiuto
regolarmente, darà il responso per l’agricoltura e per l’abbondanza o meno dei
raccolti .
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