lunedì 26 agosto 2019

La Grande Madre


di Chiara Sacchetti

È con questa antichissima dea che comincia il nostro viaggio alla scoperta di tutte le divinità femminili che sono state venerate e temute nel corso dei secoli con le varie antiche civiltà fino ad oggi, una figura, quella della Grande Madre, che incarnerà molte dee, assieme ad una vasta gamma di simboli e immagini sia del mondo animale che vegetale.

Cornucopia, simbolo di abbondanza e fertilità

La Grande Madre viene genericamente identificata come una divinità femminile “primordiale” capace di assumere ogni tipo di aspetto umano e di rappresentare lo svolgimento naturale stesso della vita con il  suo ciclo eterno di nascita, sviluppo, maturità, declino, morte e rigenerazione o rinascita. Proprio per questo viene spesso definita l’archetipo di tutte le dee, le quali, a loro volta in seguito,  ne caratterizzeranno ognuna solamente uno  specifico aspetto: con il progredire della civiltà e quindi l’aumento ovvio delle necessità umane, cresceranno in egual misura anche le divinità che sovrintenderanno ciascuna ad ogni aspetto della vita terrena e alle quali l’uomo stesso chiederà soccorso e assistenza. Esistono inoltre Dee Madri, in altre culture, con altri nomi ma che sovrintendono anch’esse alle stesse identiche necessità:  Iside per gli antichi Egizi o Lilith per gli ebrei, ma ne parleremo nelle nostre prossime puntate, specificando le effettive differenze fra loro.


Venere di Willendorf

Troviamo la Grande Madre in moltissime culture e nelle più ampie aree geografiche,  già a partire dal Neolitico se non  addirittura dal Paleolitico, e non è un caso sia una femmina, simbolo per antonomasia dell’abbondanza e della capacità di procreare,  dimostrando da subito la presenza di strutture matriarcali  persino nella società preistorica. Da subito possiamo ben capire che ci troviamo in un periodo in cui l’essere femminile, rappresentava e presiedeva tutti i riti associati alla nascita e alla morte, in quanto simbolo stesso della Madre Terra, da cui si nasce e a cui si deve ritornare, e durante i quali ella stessa muore e rinasce con il susseguirsi delle stagioni e con i vari cicli lunari (da cui prenderanno anche molte caratteristiche alcune dee giudicate negative che vedremo prossimamente). Un aspetto quest’ultimo che poi nelle successive civiltà patriarcali  decadrà lentamente fino ad essere sostituito da divinità solari; di essa resterà soltanto il simbolo del trono come riferimento al grembo materno da cui tutto ha origine.
La sua ricorrente raffigurazione è  una statuetta in cui gli attributi femminili, il seno e i fianchi in particolare, sono assai evidenziati e accentuati nelle caratteristiche, chiara immagine e riferimento alla fertilità e alla maternità del suo stato. Per questo la dea viene spesso identificata con l’appellativo di “Steatopigie” (termine con cui viene di solito indicata una lordosi lombare) o quello più comune di Venere,  con riferimento alla dea di cui la più conosciuta e la più antica rappresentazione scultorea, è quella di Willendorf, oggi conservata in Austria e risalente al 23000 - 19.000 a.C.. Questo aspetto rotondeggiante, inoltre, non unico nel suo genere, può essere ricondotto, alla rappresentazione simbolica costante di un vaso ampio e pieno, inteso come il contenitore che racchiude la vita, in cui si forma e che per questo genera qualsiasi cosa vivente, come la stessa Terra che dentro di sé da la vita tramite i suoi frutti, siano essi spontanei o il risultato del lavoro dell’uomo, una sorta di utero materno insomma, che porta dentro di sé, nel suo grembo, già il proprio figlio.

Scoppio del Carro in piazza Duomo a Firenze

È da questa divinità che poi si svilupperanno tutti quei riti e culti della fertilità che fino a pochi decenni fa venivano svolti  a cavallo del passaggio delle stagioni, in particolare quello dall’inverno alla primavera inteso e visto come vero momento di rinascita, e che oggi vengono riprodotti anche tramite il folklore locale (per citarne uno per tutti, il celeberrimo Scoppio del carro di Firenze la mattina di Pasqua, con il viaggio della colombina dal Duomo al carro stesso e  il cui percorso se compiuto regolarmente, darà il responso per l’agricoltura e per l’abbondanza o meno dei raccolti .

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