di Chiara Sacchetti
È la prima
delle tre (o se vogliamo quattro) fasi del processo alchemico per la
realizzazione della cosiddetta Grande Opera, e quindi della famosa Pietra
Filosofale, l’oggetto più desiderato e voluto che l’uomo possa creare. Ma tale processo
che coinvolge la materia ha in sé anche un significato più profondo e
spirituale che corrisponde ad un cammino che l’alchimista stesso compie, come fosse un viaggio iniziatico di
conoscenza di sé e del più alto Sapere, e assieme anche un percorso che porta ad
una vicinanza alla Divinità e di cui la Nigredo è la prima e forse più
importante tappa.
Uno scheletro, simbolo della Nigredo
Per rinascere bisogna prima morire. È con questa massima che si potrebbe riassumere questo momento alchemico di trasformazione. Perché la Nigredo non è altro che la distruzione della materia, la sua decomposizione per ritornare al suo stato originale, una sorta di Caos Primordiale che ha dato origine poi alla vita. Se solvet e coagula è il motto degli alchimisti, la Nigredo rappresenta sicuramente la prima, la soluzione o liquefazione che fa sì che la materia si scomponga totalmente, quando gli elementi che la compongono sono indifferenziati e non più identificabili. Se invece il processo avveniva tramite separazione tutti i componenti potevano essere identificati, o per calcinazione cioè la riduzione in cenere tramite il fuoco di tutte le sostanze. Per questo si devono distruggere tutti gli elementi affinché si possano ricomporre in qualcosa di superiore. La materia si dissolve quindi, putrefacendosi, per dare origine ad una nuova sostanza. È in questo stadio che l’alchimista perde se stesso, torna al suo stato di nascita, al momento embrionale della sua creazione, l’inizio della sua esistenza per prepararsi ad una nuova fase.
La Nigredo,
letteralmente Opera al Nero del processo alchemico e detta anche putrefactio,
rappresenta quindi l’oscurità, l’ombra, il momento di smarrimento dell’anima
dell’alchimista che però ne anticipa una crescita spirituale, come appunto una
morte simbolica per una nuova nascita.
Un corvo nero e un teschio, entrambi simboli della Nigredo
In
simbologia la Nigredo viene identificata con un corvo nero o con un teschio,
sicuramente uno delle allegorie più frequenti per richiamare appunto la morte. E
non a caso, in certe raffigurazioni cristiane, ai piedi del Cristo crocifisso a
volte si può trovare proprio un cranio, richiamo alla fine ma probabilmente
anche a questa fase. Nell’alchimia cristiana infatti questo momento di
trasformazione della materia viene non a caso identificato con il momento del
sacrificio di Cristo sulla croce, il cui corpo viene distrutto e il suo sangue
disperso in attesa della Resurrezione. E non è un caso se Golgota, la montagna
sulla quale avviene questo importantissimo e fondamentale momento della
religione cristiana, significa proprio “luogo del teschio”. Il corvo invece è
l’animale per eccellenza che simboleggia la morte, vicino spesso ai cadaveri in
putrefazione, di cui fra l’altro se ne ciba e presenza che richiama ad oscuri e
terribili presagi. Non a caso il pianeta di questa fase alchemica è Saturno,
uno dei più lontani dal Sole e che viene associato proprio ai Saturnalia, le
feste del solstizio d’inverno in cui si celebrava la rigenerazione e il
sovvertimento della sorte della vegetazione, e che anch’essa può essere
associata proprio alla fase della Nigredo.
Nella Divina
Commedia di Dante invece, viene chiaramente identificato con l’Inferno. Dante
perde se stesso durante questo lungo percorso, anch’esso da vedere come un
passaggio iniziatico ad una nuova consapevolezza e conoscenza. Non a caso il
Sommo Poeta viene spesso associato alla setta dei Fedeli d’Amore.
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