lunedì 22 marzo 2021

La Grande Opera

di Chiara Sacchetti

È il processo alchemico totale che porta, dopo una lunga e attenta lavorazione alla trasformazione della materia,  fino alla realizzazione della Pietra Filosofale, l’oggetto ma anche la realtà più desiderata che darebbe a colui che lo possiede l’immortalità. Solo uno, si dice, nella storia sarebbe riuscito a realizzare questo straordinario manufatto, e quell’uomo sarebbe stato Nicolas Flamel, un notaio e traduttore che dopo lunghissimi studi sarebbe riuscito a terminare l’intero processo e appunto a realizzarlo.

Ma parlare di trasformazione e di cambiamento significa anche entrare in quei processi di metamorfosi spirituale e personale che coinvolgono anche colui che compie tali reazioni, l’alchimista stesso, come fosse un percorso iniziatico di crescita individuale, che conduce da uno stato di impurità e “ignoranza” ad uno  invece decisamente superiore di conoscenza e maggior vicinanza al Divino. È un processo circolare quindi che coinvolge la materia e l’individuo e che ha nelle sue tappe di laboratorio, caratterizzate da specifici cambiamenti di colore, altrettante tappe di maturazione dell’essere umano che le compie. E non è un caso se il simbolo principale usato per rappresentare l’alchimia, sia il celebre uroboro, il serpente (o anche il drago) che si morde la coda  simbolo della ciclicità che non ha mai fine.

L'Uroboro, simbolo della ciclicità della vita

Punto iniziale di questa trasformazione è la materia impura, grezza che deve essere plasmata e portata a putrefazione, per renderla pura e malleabile pronta per diventare il metallo più prezioso e importante, con il fine massimo di arrivare alla Pietra Filosofale.

Quattro (e poi nel tempo ridotte a tre) sono le tappe di questo processo. La prima è la Nigredo (o materia in nero), in cui essa viene putrefatta e decomposta, portata quindi ad un livello iniziale o di ritorno alle origini. È il momento più importante, quello in cui si fanno morire tutti gli ingredienti alchemici macerandoli e cuocendoli a lungo. La materia torna così al suo stato primitivo, una sorta di caos o “brodo” primordiale da cui ha avuto origine tutto. È in questa fase che lo stesso alchimista “distrugge” se stesso, tornando al momento della sua creazione. La seconda è l’Albedo (o materia bianca): qui la sostanza viene purificata affinché diventi pronta per essere così modellata, viene poi lavata dalle impurità per prepararla alla fase successiva. L’alchimista, in questo stato, si libera dagli stessi legami corporei  lasciando svincolata la sua anima. La terza fase, oggi incorporata con l’ultima, era la Citrinitas (ossia opera in giallo) che spesso non viene nemmeno menzionata nelle fasi di raggiungimento della Grande Opera. Infine la Rubedo, l’ultima e quella più difficile ma essenziale, la materia in rosso. Questo colore, in particolare nell’antichità, veniva considerato intermedio fra il bianco e il nero, e per questo rappresenta il ricongiungimento degli opposti, la chiusura del cerchio, il matrimonio fra l’anima e lo spirito, per le nozze alchemiche. Per l’alchimista dunque è il momento di  nuova vera unione con la materia, la corporeità: l’anima passata deve quindi morire per lasciare spazio alla discesa di una nuova spiritualità nell’io che porta così ad un livello superiore di consapevolezza e di crescita.

Nigredo Albedo Rubedo in allegoria
I simboli delle 3 fasi del processo alchemico

Le prime due, la Nigredo e l’Albedo, conducevano alla realizzazione della cosiddetta “Piccola Opera”, che andava a rappresentare gli opposti che trovano la loro concretizzazione nel colore rosso,  vi è poi la Rubedo, che nella sua conclusione andava a compiere l’Opus Magnus. Quest’ultima aveva varietà di simboli legati ai cambiamenti dei colori che venivano realmente osservati in laboratorio durante il processo alchemico.

Schema dei processi chimici

La conoscenza di queste fasi risale al I secolo e se vogliamo rapportarle alla chimica odierna, (che per certi versi può essere considerata una diretta discendente dell’alchimia, potremmo quindi elencarle così: la putrefazione, ossia la decomposizione delle proteine, la distillazione o calcinazione, in cui nella prima abbiamo la separazione delle sostanze in una miscela sfruttando la differenza dei punti di ebollizione, mentre nella seconda, attraverso il riscaldamento della miscela semisolida, si arriva all’evaporazione delle sostanze volatili; la combustione, che per sua stessa etimologia rappresenta la cottura, la sublimazione, ossia la transizione dallo stato aeriforme senza passare per quello liquido e infine la fissazione, l’addensamento di un elemento liquido.

 

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