di Chiara Sacchetti
Philippus
Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim, o più comunemente chiamato
Paracelso, nacque a Einsiedeln in Svizzera il 14 novembre 1493 da Wilhelm von
Hohenheim, un medico, e da una serva ecclesiastica, in una casa vicina al
monastero della cittadina e ad una delle stazioni di sosta per i pellegrini
diretti a Santiago de Compostela. Della madre non sappiamo praticamente niente,
se non che morì o di parto o dopo pochi anni dalla sua nascita, tanto che egli fu
allevato dal padre: alcuni sostengono che la madre? potesse essere una donna
isterica, considerazione che nasce forse dal fatto che in età adulta nei suoi
studi Paracelso ebbe una certa predisposizione nell’indagare appunto questo
genere di malattia.
Philippus Aureolus Theophrastus Bombastus von Hohenheim
La scelta dell’appellativo è da ricercarsi nella scelta di mettersi sullo stesso piano (para dal greco significa vicino, presso) a Aulo Cornelio Celso, un romano del I sec. d.C. naturalista esperto delle arti mediche anche se alcuni credono che possa essere una parziale latinizzazione del suo cognome Hohenheim.
Nei primi
anni del XVI secolo si trasferì con il padre a Villaco in Carizia per laurearsi
in Medicina all’Università di Tubigia, e della quale lui fu il primo maestro, ma
fu con l’abate e alchimista Giovanni Tritemio che Paracelso si avvicinò alla
chimica e all’occultismo.
Università di Basilea
Della sua
vita abbiamo poche certezze tanto più che Paracelso amava abbellirla spesso con
particolari ed eventi non reali. Sappiamo invece con una certa sicurezza che
intraprese molti viaggi sia in Europa che in Cina e in India, dove scoprì le
malattie più frequenti fra le varie popolazioni e anche fondando metodi di cura
basati sull’osservazione diretta e sull’ esperienza che ne traeva: grazie a ciò
conobbe ed ebbe la stima di numerosi medici dell’epoca.
Alla base
della sua dottrina non c’era nessun altro grande medico come esempio da seguire bensì la sua sola
totale esperienza in quel campo: nel suo modo di procedere nel lavoro di medico
infatti la parte più importante era il suo personale continuo progresso, non le
conoscenze e le esperienze passate, solo attraverso tutto ciò si sarebbe potuto e dovuto andare
avanti nello studio.
A lui si
deve una nuova tipologia di alchimia, quella “spagirica”, basata sulla
trasmutazione dei vegetali piuttosto che dei metalli come avveniva prima di
lui. Il fine ultimo dell’alchimia, quindi, nella concezione “paracelsiana”,
sarebbe stato quello di creare gli arcana, ossia le medicine, prepararli e
indirizzarli verso le malattie: molta importanza infatti, aveva il metodo di
preparazione, poiché una data sostanza nella sua concezione, possedeva
differenti proprietà e facoltà allo stato potenziale e sarebbe stata la natura
stessa a dirigere l’alchimia nelle preparazione per certe per malattie in un
modo, e in un altro per altre.
Secondo Paracelso
non sarebbe stato lo squilibrio degli umori bensì il fatto che questi sono in
grado di alterare i tre principi spargirici dell’organismo, ossia sale mercurio
e zolfo, a creare le malattie. Queste, secondo Paracelso, nascerebbero dal fatto
che i tre principi si separerebbero l’uno dall’altro, mentre in un individuo
sano sarebbero uniti a tal punto da non essere riconoscibili singolarmente.
Lo stato della
malattia o di salute inoltre, subiva influenze astrali e solo attraverso gli
arcana (o rimedi segreti) essa poteva
essere allontanata e la salute ripristinata. Gli arcana infatti, avevano la
funzione di ricomporre l’armonia fra l’astro insito nell’uomo e un astro del
cielo.
Paracelso dedicò la sua vita ad alleviare la
sofferenza degli uomini, trovando la cura a malattie che fin a quel momento erano
resistenti a qualsiasi altra terapia usata a quei tempi. Egli capì che i
minatori morivano non perché offendevano gli spiriti arrabbiati delle montagne,
ma per una malattia polmonare causata dall’inalazione di polveri sottili
presenti nel sottosuolo. Scoprì la cura della sifilide che a quei tempi
sterminava un grandissimo numero di persone salvandole con il mercurio, che,
trattato chimicamente, non era tossico bensì guariva: questa cura fu usata fino
ai primi del secolo scorso da tutti i medici.
Sale Mercurio e Zolfo, i 3 elementi dell'alchimia spagirica
Paracelso si vantò anche di aver creato una
vita umana in provetta che lui chiamò “omuncolo”. Il procedimento per la sua
creazione era abbastanza lungo e alquanto disgustoso : si doveva prendere dello
sterco di cavallo e unirlo con lo sperma di un uomo, per poi chiuderlo in barattolo sigillato
ermeticamente per 40 giorni. Passato questo periodo il composto doveva essere
magnetizzato e nutrito per altri 40 giorni con sangue umano. Risultato finale
un essere umano in carne ed ossa. L'uomo non mostrò mai l’essere che diceva di aver creato, e dopo molti chiacchiericci
e accuse raccontò di averlo distrutto.
Nel 1535 il
medico alchimista venne chiamato a Salisburgo dal Principe Palatino Ernest di
Baviera, un grande appassionato e seguace delle arti occulte, qui, sei anni più
tardi, Paracelso morì dopo una breve malattia. Non sappiamo bene in verità cosa
fosse realmente successo, ma, recenti studi
hanno riportato in luce l’esame che un medico alla fine del 1700 fece
sul corpo di Paracelso e che ne evidenziava una frattura lungo l’osso
temporale, l’uomo dunque potrebbe essere stato vittima di un’aggressione da
parte forse di alcuni sicari mandati da medici suoi rivali che poi l’avrebbero
gettato in una rupe.
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