lunedì 30 agosto 2021

L’isola di Avalon

di Chiara Sacchetti

È una delle terre leggendarie più famose e misteriose della letteratura, uno dei luoghi che ha ispirato moltissimi scrittori e storie mitiche, spesso circondate da un alone di mistero che ancora oggi l’avvolgono e che non hanno mai trovato risposte.

Parlare di Avalon significa riportare alla mente la storia di Re Artù, il famoso re di Camelot e della Tavola Rotonda,  e soprattutto della sua morte, o presunta tale. Sì perché la fine di re Artù, come vedremo, è avvolta dal mistero e dalla leggenda per la storia dell’intera Britannia.

Burne Jones, L'ultimo sonno di re Artù ad Avalon

Secondo alcuni studiosi il nome Avalon deriva dal termine bretone Aval e dal gallese Afal (che però si pronuncia sempre Aval) e che significa mela, ipotesi forse confermata dalla Historia Regnum Britanniae di Goffredo di Mammouth del 1147 che parla di Insula Avallonis, e poi nella Vita Merlini del 1150 dove viene definita Insula Pomorum, ossia un’isola delle Mele. Questo “non frutto” è per antonomasia simbolo cristiano del peccato, quello originale di Adamo ed Eva che lo coglie dall’Albero della Conoscenza  condannando l’intera umanità alla dannazione alla quale soltanto la venuta di Cristo e il Battesimo potranno poi rimediare. Ma non solo. La mela ricorda anche il mito del giudizio di Paride, chiamato a decidere quale dea greca fosse la più bella consegnandole il famoso “Pomo d’oro” e che poi avrebbe dato origine alla guerra di Troia. E come dimenticare poi la mela avvelenata di Biancaneve e i sette nani data dalla perfida strega? E la storia di Guglielmo Tell? E parlando sempre di mele, non si può non pensare alla festa celtica di Samhain, il capodanno del 31 ottobre/1 novembre, che sanciva il momento di transizione verso la “presunta” morte della Terra, quando l’inverno cominciava ad arrivare, la vegetazione sembrava morisse e si chiedeva alla Grande Madre di ridarle la vita. Fra gli infusi usati in questa cerimonia troviamo anche l’idromele, o anche la bevanda degli Dei, e nella tradizione l’albero della Mela era la raffigurazione della Cerva Bianca, manifestazione della Dea stessa e principio femminile.

L’Isola di Avalon così non può altro che essere associata ancora, nella tradizione celtica, alla altrettanto famosa Isola atlantica delle Esperidi, anch’essa ad occidente, e che ha come simbolo proprio i pomi aurei. L’Isola infatti sarebbe anche detta Sid e si troverebbe al di là dell’Irlanda, nascosta da onde altissime dalle quali dominerebbe un castello di vetro all’interno del quale si possono vedere teste umane tagliate e dove nascerebbero alberi d’argento carichi anche qui di mele d’oro.

Secondo altri studiosi invece il nome di Avalon deriverebbe sempre dal celtico Ablun o Belen, ma sostantivo con il quale le popolazioni chiamavano Apollo, facendo diventare il luogo quindi l’Isola di Apollo.

La leggenda racconta che l’isola è ricca di frutti, e, a parte le mele, troviamo viti e grano per tutto l’anno e chiaro simbolo di vita: non a caso i suoi abitanti non invecchiano mai né si ammalano, mentre, a scandire il tempo è la cosiddetta Triade delle stelle, che dispensa vita e morte e sovrintende al ciclo delle stagioni e della vita stessa.

L’isola di Avalon viene anche chiamata l’Isola dei Beati, dove si dice abitassero gli eroi più importanti risparmiati dalla morte e vivere in eterno; ma richiama anche le Isole Fortunate (o Isola Fortunata) dove vivrebbero 9 sacerdotesse capaci di guarire tutte le ferite, predire il futuro e controllare i venti e il mare.

Mappa del Mondo 1493 (Cronache di Norimberga) a ovest dell'Africa sono visibili le Isole Fortunate

È qui che secondo il racconto Giuseppe d’Arimatea, colui che avrebbe raccolto il sangue di Cristo sulla Croce nel calice che sarebbe poi stato chiamato Santo Graal, (confondendosi e fondendosi con quello dell’ultima Cena) sarebbe arrivato e avrebbe fondato la prima chiesa cristiana nella Britannia, anche se la storia si confonde con quella di San Brandano che sarebbe approdato anch’egli sulle sue coste per portarvi la cristianità.

Pietro Perugini, dettaglio raffigurante Giuseppe d'Arimatea

Nella letteratura invece Avalon è il luogo di sepoltura del famoso Re Artù, il sovrano della Tavola Rotonda, che come abbiamo visto governava Camelot, il regno di giustizia e pace, e che sarebbe stato colpito a morte dal nipote/figlio Mordred, nel tentativo di usurpagli il trono. La leggenda racconta che il corpo morente del re sarebbe stato trasportato proprio sull’isola, dove secondo alcune storie sarebbe stato sepolto, mentre secondo altre sarebbe stato guarito dalla ferita e vivrebbe in attesa di tornare e riportare la pace e la giustizia quando la Britannia ne avrà più bisogno.

James Archer, La morte di re Artù, (1860)

L’Isola oggi sarebbe stata identificata con Glastonbury, una piccola cittadina del Somerset dell’Inghilterra, vicino alla più famosa Bristol e che in tempi remoti era in realtà circondata dal mare. Qui a partire dall’XI secolo si era diffusa la leggenda della sepoltura di Re Artù, anche perché in passato il luogo era circondato dall’acqua formando così quindi un’isola, forse appunto Avalon. Un secolo dopo l’abate Enrico di Blois avrebbe commissionato una ricerca nel terreno, al termine della quale, si dice, sarebbe stato trovato un tronco di quercia (o una bara) con inciso “Qui giace sepolto l'inclito re Artù nell'isola di Avalon”: il corpo sarebbe stato così traslato nell’abbazia che nel tempo sarebbe diventata luogo di pellegrinaggio, almeno fino alla Riforma Protestante. Assieme, anche quello della moglie Ginevra, anch’essa trasportata come il marito, nella vicina chiesa.

Cima di Glastonbury con la torre di San Michele

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