giovedì 7 maggio 2020

Re Artù e la presunta sepoltura nell’abbazia di Glastonbury. Leggenda o realtà

di Mario Pagni
Abbazia di Glanstonbury
Si dice spesso che l’archeologia studia i fatti e non le ipotesi per supportare la storia che lavora sulle fonti scritte per dare un fondamento reale e “materico” al nostro passato. Questa disciplina scientifica ma creata su basi umanistiche, nel corso degli ultimi 50 anni ha subito una notevole mutazione in termini di precisione e affidabilità dei dati che provengono dalle aree di scavo. Recentemente l’indispensabile ausilio di scienze quali la geometria descrittiva e la stessa informatica, hanno permesso la restituzione puntuale di ciò che è stato prodotto, sia dal ritrovamento e catalogazione dei reperti che dalla misurazione delle strutture rinvenute, in modo più corretto e puntuale a livello di documentazione. Le difficoltà di reperire dati reali però aumentano, quando si ha a che vedere con metastorie che sfiorano e oltrepassano anche la leggenda, come nel caso delle vicende legate a re Artù, ai suoi Cavalieri della Tavola Rotonda e persino al Santo Graal. Lo scenario che si configura e il rischio che si corre è quello non solo della libera interpretazione della realtà storica, ma al contempo della possibilità di proiettare i propri desideri e le specifiche esigenze di tipo culturale, rendendo tutto più difficile e inesatto nelle conclusioni.

I fatti secondo le fonti medievali
La morte di re Artù
Nel 1191 i monaci di Glastonbury asserirono di aver rinvenuto nell’abbazia i sepolcri di Artù e Ginevra e a tal proposito furono scritte minuziose relazioni da vari cronisti del tempo, fra questi Ralph of Coggenshall, Girardus Cambrensis, Adam of Domerham. In particolare, secondo le stesse cronache, i corpi di Artù e Ginevra sarebbero stati rinvenuti fra due antiche piramidi incise con una croce di piombo recante l’iscrizione: “Hic lacet inclitus Rex Arturius cum Weneweria uxore sua secunda, in Insula Avallonis sepultus”. Purtroppo in seguito non solo non emersero nuove tracce relative alla scoperta ma scomparve anche il luogo preciso del rinvenimento e delle stesse salme. Tuttavia la connessione con la vicenda legata al ciclo arturiano e con la stessa tradizione Graalica, fece si che l’abbazia, oggi ridotta allo stato di rudere, diventasse una delle più ricche d’Inghilterra. Durante gli inizi del XV secolo per ispirazione dell’abate Richard Bere, Glastonbury divenne centro di venerazione di Giuseppe di Arimatea, che dopo la morte di Gesù avrebbe portato il Graal fino alle isole britanniche. Molta l’iconografia pittorica in merito al viaggio compiuto, ma nessuna certezza anche in questo caso, relativa all’evento in questione.
Interno dell'Abbazia
Non molto tempo dopo i soldati di Enrico VIII assassinarono l’ultimo abate, Richard Whyting e distrussero quasi del tutto l’edificio che non fu più ricostruito. Trascorsero molti secoli di silenzio e vandalismi prima che Glastonbury ritornasse in auge nel 1907, allorchè la chiesa anglicana acquistò le rovine e decise anche di riprendere le ricerche relative alle sepolture scomparse. Per tale funzione venne incaricato uno studioso di architettura, Frederick Blight Bond che era anche (se pure all’insaputa di tutti ) un grande studioso appassionato di occultismo. Egli ottenne l’autorizzazione a procedere nel marzo del 1908 riuscendo a porre in luce ben 12 celle a pianta circolare, occupate a suo tempo dai monaci ed erette intorno alla Cappella di San Giuseppe d’Arimatea datata intorno al II secolo d.C.
Frederick Bling-Blong
Qui si entra in questioni che vanno dallo stupefacente al poco credibile, ma per dovere di cronaca riporteremo integralmente ciò che si presume sia successo. Bond cercava in particolare le rovine di due cappelle, quella denominata di re Edgar e la Cappella di nostra Signora di Loreto, fatte costruire entrambe dall’abate Bere ma che delle quali non rimaneva più minima traccia. Dopo vari tentativi di scavo sul terreno e fra mille polemiche con il collega William Caroe responsabile della conservazione degli edifici, Bond (si dice), decise di chiedere aiuto nientemeno che agli spiriti dei monaci ormai defunti dell’abbazia.
Incoronazione di re Edgar riprodotta su una vetrata
Lo fece coinvolgendo un amico medium (Alleyne Bartlett) che si mise subito all’opera, invocando gli spiriti dei monaci scomparsi. Non dimentichiamoci che in quegli anni andavano molto di moda le scuole esoterico–spiritiche e non poco frequenti erano gli sconcertanti (se veri), risultati raggiunti in termini di comunicazione con l’Al di là; oltretutto pare che sia Bond che Bartlett facessero parte di una associazione dedita proprio a ricerche di tipo medianico. Bartlett dopo alcune prove a vuoto riuscì a mettersi in contatto per mezzo della Telescrittura, con entità che si definivano la “Compagnia di Avalon”: la penna tenuta stretta nelle mani del medium, iniziò a muoversi disegnando esattamente la planimetria dell’abbazia, con l’aggiunta anche delle due famose cappelle mancanti. La piantina era firmata da “Guglielmus Monachus”, inutile dire lo stupore di Bond dovuto al conseguente ritrovamento dei ruderi, esattamente collocati sul luogo disegnato dal monaco defunto.
Gli scavi archeologici
I misteriosi spiriti fecero in seguito altre rivelazioni consentendo a Bond altre rilevanti scoperte archeologiche, fra le quali lo scheletro di un vecchio che teneva fra gli arti inferiori il proprio teschio. L’uomo dall’analisi delle fonti scritte e proprio come dicevano gli spiriti, risultò essere stato ferito in duello al tempo di Guglielmo il Conquistatore. Fu nel 1918 che l’archeologo decise di rivelare finalmente all’opinione pubblica, i risultati delle sue ricerche e delle conseguenti notevoli scoperte. Ma invece che acquisire meriti e onori come egli stesso pensava, vennero immediatamente ritirati a Bond i fondi necessari per il proseguo della campagna di scavo e la sua opera fu ostacolata in ogni modo possibile fino al 1922, quando fu anche sollevato dall’incarico di responsabile degli scavi a Glanstonbury. Le ricerche non furono più riprese e della tomba di re Artù non se ne seppe più nulla. Bond morì in povertà e dimenticato nel 1945, ma oggi sul posto ci sono precise indicazioni se pure di tipo turistico, dei sepolcri rinvenuti al tempo, ma nessuno può dire con certezza se il luogo e la tomba del tanto discusso re e della sua consorte Ginevra, fosse veramente quello.
La presunta sepoltura di re Artù con indicazione turistica a Glanstonbury

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