lunedì 2 marzo 2020

Pentesilea

La Regina delle Amazzoni

di Chiara Sacchetti

Fra le figure mitologiche dell’antica Grecia incontriamo le Amazzoni, donne guerriere che secondo la tradizione abitavano in una terra non ben precisata: secondo Erodoto in Scizia sul fiume Tanai, mentre Eschilo le pone nella zona caucasica da cui poi sarebbero migrate dopo la profezia di Prometeo su Io, la sacerdotessa di Era. Erano guidate da due regine, una della pace, per la vita fra le compagne, e una della guerra, da fare fuori nel mondo. Ed è proprio di una di queste regine che stiamo per parlare.
«Guida squadre d’Amazzoni, dai brevi scudi lunati, Pentesilea feroce e in mezzo a migliaia infuria, sotto la nuda mammella il cinto d’oro allacciando, amante di guerre, e vergine ardisce scontrarsi con uomini».
Statua di Pentesilea, Museo del Louvre
Già destinata a divenire regina da piccola fu preparata dall’amazzone Cleta che le fece da nutrice, Pentesilea, o Pantasilea o ancora Pentasilea, regina delle Amazzoni, era figlia di Ares e di Otrere e succeduta alla sorella Ippolita, che, secondo il mito, fu uccisa proprio da lei. Durante il banchetto nuziale fra Teseo e Fedra, la donna arrivò con il suo esercito minacciando che avrebbe ammazzato tutti gli ospiti, così nella rissa che ne seguì Pentesilea colpì la sorella a morte con una freccia; in un’altra versione del mito, si racconta invece che volendo scagliare una saetta contro un cervo, per sbaglio colpì la sorella che morì. Per questo fu condannata da Afrodite ad essere violentata da ogni uomo che la incontrasse tanto che lei fu costretta a travestirsi sempre con delle armature che nascondevano la sua natura femminile.
Pentesilea si pentì tanto di ciò che era accaduto che chiamò per sé la morte o almeno imprese gloriose per compensare ciò che aveva fatto. Così scelse fra le sue guerriere le dodici migliori e più belle per andare a Troia e farsi purificare da Priamo e assieme anche sfuggire alle Erinni capeggiate dalla sorella che la volevano assassinare. Ma quando arrivò a Troia la guerra era già iniziata da 10 anni e la situazione era veramente terrificante: Ettore era già morto, ucciso da Achille, e attorno a lui tutti piangevano per la scomparsa del loro comandante e la sorte avversa che li avrebbe aspettati. La regina stava così quasi per andarsene quando Paride la allettò con dei doni per restare e così ella fece.
Arturo Michelena, Pentesilea, Istituto Autonomo Circolo Militare delle Forze Armate, Caracas, 1891
L’arrivo della regina e delle sue compagne portò nuova forza ai Troiani che sotto il suo comando ripresero con vigore la guerra con i Greci quasi impauriti e terrorizzati dalla bellezza e dalla forza di quelle donne. Ma l’arrivo di Achille e Aiace fece ritirare nuovamente i Troiani, così Pentesilea sfidò a duello l’invincibile eroe: quando sembrava che la donna stesse vincendo intervenne Giove che le negò la vittoria, così Achille ebbe modo di sferrarle un colpo mortale proprio nel petto. Ma nel momento in cui stava morendo, il prode come di consueto le tolse le armi, scoprì il viso della guerriera e se ne innamorò: non potendo fare a meno di volerla, la violò comunque con un atto di necrofilia. Tersite, che lo aveva visto, fu chiamato volontario per seppellire il cadavere, ma egli cominciò a deridere l’eroe per il suo improvviso amore e per spregio cavò gli occhi fuori dalle orbite della regina. L’eroe, preso dalla furia per l’oltraggio e anche per essere stato schernito, gli dette un pugno così forte che gli spaccò tutti i denti e fece volare la sua anima nel Tartaro. Diomede, cugino di Tersite, per vendetta trascinò allora il corpo dell’amazzone fino a gettarlo nello Scamandro in pasto ai pesci. Ma Achille accortosi di ciò riuscì a recuperarlo e a dargli degna sepoltura e cerimonie solenni.
Kiliks con la morte di Pentesilea per mano di Achille, Staatliche Antikensammlungen, Monaco di Baviera
Alcuni studiosi sostengono invece che il rapporto fra Pentesilea e Achille sia avvenuto in realtà prima del duello e quindi non con un atto di necrofilia, da cui sarebbe addirittura nato un figlio, Caistro, eponimo del Caistro in Asia Minore; tale nome viene spesso chiamato come il fiume dove si radunavano gli uccelli o indicato come una divinità associata proprio ai fiumi. Da lui, assieme a Derceto, nacquero Efeso e Semiramide.
Omero non ci racconta di questo episodio, anche se i versi paiono essere in realtà scritti da lui e successivamente rimossi, (si pensa), dai revisori all’epoca di Pisistrato, o da Ditti Cretese, un antico romanziere greco che ci ha lasciato l’Ephemeris Belli Troiani, un’opera che tratta tutta la vicenda della guerra di Troia, dal rapimento di Elena fino alla fine della guerra.
Anfora con Achille che trafigge Pentasilea, British Museum, Londra
La vicenda della prode amazzone, viene ricordata e citata anche dal poeta Dante Alighieri, tra i grandi spiriti che risiedono nel Limbo, assieme ad Elettra, Cesare, Enea, Camilla e Lavinia: «Viddi Camilla e la Pentesilea» (Inf., IV, 124), quasi certamente sulla base dello scritto di Virgilio: «Ducit Amazonidum lunatis agmina peltis Penthesilea furens, mediisque in milibus ardet, aurea subnectens exsertae cingula mammae, bellatrix, audetque viris concurrere virgo. Hos super advenit Volsca de gente Camilla agmen agens equitum et florentis aere catervas, bellatrix, […]»(Eneide, I, 490-494 ).

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