giovedì 19 marzo 2020

Segni premonitori e santi protettori contro epidemie e catastrofi naturali

di Mario Pagni

Può sembrare persino inappropriato o di dubbio gusto occuparci in questo infausto e drammatico periodo di un argomento che nonostante gli enormi progressi della scienza e della moderna medicina, ha ripreso a colpire in modo inaspettato, improvviso e virulento la nostra attuale civiltà. Stiamo parlando del “Covid 19” o più comunemente definito “Corona Virus”, una gigantesca ed estesa infezione virale che partita dalla Cina si è pian piano estesa a tutto il nostro pianeta con molteplici decessi e una quantità impressionante di contagi.
Controlli aeroportuali per la febbre causati dall'epidemia
Pensavamo ormai che tali situazioni facessero parte delle pagine di storia o delle celeberrime versioni romanzate di Alessandro Manzoni nei Promessi Sposi e La Colonna Infame o addirittura delle novelle di Boccaccio con riferimento ad un morbo tipico del medioevo prima e del Seicento poi, il Pasteurella Pestis meglio conosciuto come la Peste. Nell’esperienza Toscana proprio del periodo medievale fanno spicco gli esempi di Firenze e di San Gimignano per i quali sia nel primo che nel secondo caso esiste una cospicua documentazione.
Colonna Infame Manzoni
La manzoniana Colonna Infame
Le malattie dell’epoca specialmente quelle epidemiche erano ritenute punizioni divine ma anche gesti infami provocati da persone cattive che volutamente provocavano il contagio. Due le figure principali di riferimento se pure almeno apparentemente su fronti opposti: Gli “untori” ai quali venivano attribuite le responsabilità dirette delle infezioni e che operavano in modo occulto “ungendo” con misture malefiche da loro stessi preparate, vari punti ritenuti strategici del borgo o della città di allora per favorire la diffusione del morbo e i “monatti” che invece come abbiamo detto, operavano in senso opposto e che  erano incaricati del trasporto di persone già colpite e ammalate ma anche di cadaveri da accatastare e bruciare sui roghi frettolosamente allestiti per la purificazione dal morbo.
Caccia all'untore
I monatti oltre che essere con ogni probabilità protetti da anticorpi naturali che impedivano il contagio, erano dotati di grandi maschere di cuoio o di metallo per proteggersi ulteriormente e più efficacemente dallo stesso. I segni premonitori che annunciavano le varie calamità erano numerosi; da quelli legati all’astrologia e al movimento degli astri, agli indovini locali che a tempo debito facevano riferimento a loro avvertimenti anche in pubblica piazza, inascoltati dal popolo e spesso paradossalmente puniti dalle autorità costituite di allora. “ Chi smerdò i chiavistelli a San Gimignano”? Così lo storico Franco Cardini descrisse la Peste in un capitolo del catalogo dedicato ad: “Una farmacia preindustriale in Val D’Elsa”, nella ridente e turrita cittadina toscana attraverso un eloquente episodio che colpì nel vivo i sangimignanesi. Un misterioso “untore sul tipo manzoniano”, portò alla costernazione popolo e governanti; questi ultimi però come risulta dall’inchiesta riportata anch’essa su fonti certe dell’epoca, erano più preoccupati di conoscere eventuali malcontenti per il loro operato che della effettiva possibilità di contagio introdotto da quella “certa unzione”.
Medico medievale con la mascherina per difendersi dalla peste
Il Monatto
Naturalmente i santi e le reliquie portati addosso o in processione erano l’unica effettiva difesa assieme ai succitati roghi per debellare il morbo, ma sempre secondo fonti scritte assolutamente attendibili, nacquero e si resero subito operativi in notevole misura anche gli “Spedali” normalmente in servizio non solo per le terapie di allora ma anche per l’accoglienza ai pellegrini e viandanti. Nacque così ad esempio anche il nucleo più importante della farmacia dedicata a Santa Fina con i suoi magnifici vasi e albarelli dove ancora oggi sono conservati medicamenti vari dai nomi curiosi come “Sangue di Drago”, “Troscisci di vipera”, “Olio di Scorpione”. Purtroppo l’esperienza tragica di questi giorni di Corona virus ha riproposto in grande stile assieme ai normali sistemi e terapie anticontagio, anche i “segni premonitori” di tutti i tipi e generi, e in auge sono tornati anche i vari santi con in testa San Rocco, protettore a suo tempo delle pestilenze ma anche dalle tempeste e dai temporali fuori stagione con grandine e fulmini che castigavano gravemente i raccolti e tutta l’agricoltura più in generale.
Bernardo Strozzi, San Rocco
Oggi assieme alle mascherine di protezione individuale e alla moltiplicazione per necessità dei letti di terapia intensiva, viaggiano di pari passo anche reliquie con particolari proprietà e rituali non sempre condivisi dalla religione ufficiale, ma che vengono celebrati ugualmente con un misto devastante di sacro e profano “basta che funzioni”. Il messaggio finale invitando come sempre i nostri lettori ad approfondire l’argomento trattato sulla base delle poche e brevi indicazioni fornite, è sempre lo stesso; tutto cambia ma niente in fondo muta nelle intenzioni, negli interessi, nelle paure e nelle speranze del genere umano che ritrova se stesso e il proprio vero coraggio, proprio nelle situazioni difficili come quella che attualmente stiamo vivendo, si assiste al rifiorire vero della solidarietà e della condivisione, oltre alla volontà di reagire e ripartire al più presto, con un occhio al termometro di mercurio e ai vaccini, e l’altro verso l’immagine sacra presente in casa… non si sa mai!

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