lunedì 16 marzo 2020

La Fenice

“Dopo la morte torno ad alzarmi”

di Chiara Sacchetti

Uno degli animali più affascinanti e stupendi che la mitologia abbia creato, la Fenice raccoglie su di sé molti significati e simboli che la sua vita e soprattutto la sua morte rappresenta. Uccello dalla piume fantastiche, dorate quelle del collo e rosse quelle del corpo, mentre la coda è azzurra con tre lunghe piume, una rosa, una azzurra, e un’altra rossa; dal capo partono altre due lunghe piume una rossa e una azzurra, il becco è affusolato e le zampe lunghe. È così che questo uccello si presentava alla fantasia degli antichi.
Friedrich Justin Bertuch, La Fenice che risorge dalle sue ceneri, 1790–1830 (Eigenbesitz), Fabelwesen.

Il primo testo a menzionare questo animale straordinario è la Bibbia, come ci dice Giobbe mentre rifletteva sulla sua condizione, «allora pensavo: “Spirerò nel mio nido e moltiplicherò i miei giorni come la fenice”» (Giobbe 29, 18). Si racconta anche (ma soltanto secondo gli Ebrei), che Eva, dopo aver mangiato il frutto proibito, lo avrebbe offerto a tutti gli animali per cancellare in quel modo la loro purezza; ma la Fenice lo avrebbe rifiutato e per questo Dio le avrebbe concesso una vita più lunga e il dono della rigenerazione.
Non a caso, fra l’altro, data la sua natura immortale, il Cristianesimo la prese per simboleggiare Gesù e soprattutto la resurrezione: per questo, frequentemente, in alcune chiese romaniche in particolare, è facile trovarla raffigurata con questo stesso messaggio grande di speranza. Nel primo bestiario cristiano, la Fenice viene infatti paragonata al Cristo che dice nel Vangelo «posso deporre la mia anima, per poi riprenderla una seconda volta».
Raffigurazione della Fenice, chiesa di Saint George,
Ma è lo storico Erodoto, a cui fra l’altro si deve proprio l’appellativo di Araba Fenice, nel VI sec. a.C. che ce ne parla in modo particolare «C'è anche un altro uccello sacro, che si chiama fenice. Io non l'ho mai visto, se non dipinto; poiché, tra l'altro, compare tra loro soltanto raramente: ogni 500 anni, come affermano i sacerdoti di Eliopoli; e si fa vedere, dicono, quando gli sia morto il padre. Per dimensioni e per forma, se è come lo si dipinge, è così: le penne sono parte color d'oro, parte color rosso vivo: soprattutto esso è molto somigliante all'aquila per contorni e per grandezza. Dicono che esso compia un'impresa di questo genere (ma, secondo me, il racconto non è credibile): cioè, partendo dall'Arabia, porta nel tempio del Sole il padre, tutto avvolto nella mirra, e lo seppellisce nel santuario.»
La Fenice in un Bestiario medievale
Uccello come abbiamo sentito simile all’aquila, si dice, che la Fenice fosse originaria dell’Etiopia , dove avrebbe vissuto un periodo che va dai 500 anni, fino a 1461 o addirittura 12954, nutrita solo di perle d’incenso. Unico animale che non si riproduce come gli altri, la Fenice (o Araba Fenice) rinasce dalle sue ceneri: quando sente arrivare la sua fine, l’animale radunerebbe piante aromatiche, incenso e amomo formando con esse una specie di nido. Poi secondo una tradizione l’uccello appiccherebbe il fuoco con le piante prese e dalle cui ceneri nascerebbe poi un’altra Fenice; secondo invece un’altra tradizione si distenderebbe sul nido e morirebbe impregnandolo del proprio seme da cui nascerebbe anche in questo caso una nuova Fenice. La nuova nata trasporterebbe il cadavere della madre chiudendolo in un tronco di mirra fino alla città di Eliopoli in Egitto settentrionale, scortata da uno stormo di altri uccelli che gli volano attorno e sembrano tributarle gli onori. Una volta arrivata, essa deporrebbe il corpo sull’altare del Sole e in attesa dell’arrivo di un Sacerdote del dio per poi bruciarlo, si librerebbe nell’aria per poi posarsi durante la cerimonia. Arrivato il momento giusto il sacerdote uscirebbe per confrontare l’animale che vedeva con quello di un disegno tratto da alcuni testi sacri e solo allora poteva essere  bruciato solennemente il cadavere della Fenice morta. Finito il rituale il giovane uccello ripartiva per l’Etiopia.
Ed è questo il periodo che, secondo alcuni astrologi, doveva essere messo in relazione con la teoria della “grande annata” o rivoluzione siderale, che iniziava proprio, con la sua nascita.
Nell’immaginario egizio invece la Fenice rinasce dalle acque (e non dalle ceneri) sullo sfondo del Sole: per questo viene associata al Ba, l’anima del dio Ra, diventandone il simbolo, che nasceva (sorgeva) e moriva (tramontava) per poi ricominciare il giorno successivo, presiedendo al Giubileo Regale.
La Fenice in un papiro egizio
La Fenice viene anche associata al pianeta Venere, dato che (come il pianeta è il primo ad apparire nel cielo), lei è anche la prima creatura a risorgere, e per questo diviene simbolo per eccellenza della femminilità, fanno eccezione alcune civiltà,  dove invece per contrapposizione essa diviene simbolo del maschio.
Non solo. Fenice è anche il nome che gli alchimisti davano alla famosa Pietra Filosofale,  vista in questo caso come la Sapienza salvifica e per questo motivo essa viene anche a simboleggiare la trasmutazione, il passaggio che porta alla vera conoscenza. Il rosso, colore del corpo dell’uccello, è infatti immagine dell’ultima tappa che porta la trasmutazione della materia, da semplice profano oggetto, dissoluto e oscuro, nero, al colore rosso, simbolo di regalità.
Infine dal punto di vista psicologico, la Fenice è simbolo di resilienza, ovvero la capacità di risorgere nei momenti più brutti e difficili, il non darsi mai per vinti, il non lasciarsi andare anche nei momenti più oscuri, metafora di un nuovo inizio e di forza. Mai come in questo periodo ne sentiamo effettivo bisogno!

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