lunedì 31 ottobre 2022

Il processo alle streghe di Perdle

di Chiara Sacchetti

Quella che sto per raccontare è una storia a dir poco agghiacciante. Tanti e terribili sono gli episodi legati alla stregoneria e alle streghe in generale che nel corso dei secoli si sono succeduti, coinvolgendo spesso numerosi e innocenti esseri umani, colpevoli solo di essere per la maggior parte donne ma soprattutto di avere conoscenze che andavano oltre al consentito e che portavano gli inquisitori ma anche gli accusatori a disegnarli come esseri diabolici e malefici. A volte però gli eventi sono ancora più terribili e incredibili tanto da non poterci credere. Ed è questo il caso. Ma andiamo con ordine.

Siamo nel 1612 nel borgo di Pendle nella contea del Lancashire in Gran Bretagna oggi passato alla storia come luogo di molte azioni e rituali oscuri, prediletti dalle streghe locali e che all’epoca era visto come un luogo in cui le persone non si adeguavano ai modi moderni, causando spesso problemi.

La collina di Pendle

 

I fatti

Tutta la storia cominciò l’8 marzo del 1612 quando una bambina di nome Allizon Device passò davanti ad un venditore ambulante di nome John Law e gli chiese degli spiccioli in cambio di alcune spille. La bimba era poverissima e la sua famiglia viveva di elemosina e di stenti cercando di racimolare qualche soldo per poter mangiare. L’uomo anziché aiutarla se ne andò ed Allizon seccata per il comportamento lo maledisse sottovoce: destino volle che dopo pochi passi l’ambulante cadde a terra completamente cieco e incapace di muoversi e parlare. Pensando di essere stata lei con le sue parole a provocare tutto, la ragazza sgomenta e piena di rimorso chiese perdono di quanto fatto ma il gesto provocò per lei e per la sua famiglia conseguenze terribili.

giovedì 27 ottobre 2022

Halloween? Meglio parlare della notte di Ognissanti

di Mario Pagni

Le italiche tradizioni sono quanto di più antico, affascinante e misterico possa esistere, in esse il passato ritorna assieme alla Luce che indica e traccia il nostro futuro ed è così che a noi piace raccontare l’Halloween “all’italiana”.  

Un’antica leggenda pugliese vuole che nella notte fra l' uno e il due novembre i defunti tornino in vita per visitare i loro cari, rivedere le loro case e le loro città. Che siano, per una notte soltanto, di nuovo vivi. La leggenda racconta anche che le anime camminino per le strade con un preciso ordine: avanti i morti in modo naturale, poi i giustiziati, quindi quelli morti per disgrazia e quelli morti da subito, ovvero quelli che se ne sono andati in modo fulmineo, senza neppure rendersene conto.

lunedì 24 ottobre 2022

Bona Lombarda, la donna guerriera

di Chiara Sacchetti

Abbiamo già parlato in tanti articoli di figure femminili protagoniste più o meno famose della nostra storia, donne che sono rimaste nella memoria per quello che hanno fatto o per quello che (purtroppo piuttosto spesso) è accaduto loro. Tutte (o quasi) però vittime di una società che mal tollerava e spesso reprimeva le donne che osavano essere diverse da quello che la collettività imponeva e riteneva “giusto e normale”.

A volte però ci sono (fortunatamente) delle eccezioni. Fa storia a sé il caso di Bona Lombarda, moglie di un ufficiale e lei stessa protagonista e combattente accanto al marito a cui fu sempre fedele e che aiutò nel momento del bisogno.

Bona Lombarda

Dei suoi primi anni non abbiamo purtroppo molte informazioni. Sappiamo che Bona nacque a Campione di Sacco (oggi Cosio Valtellino) nel 1417, forse figlia di Gabrio Lombardi, un soldato di ventura, e Pellegrina, figlia di un mercante, che si erano conosciuti in Germania ma poi si erano trasferiti a Sacco dove l’uomo aveva un fratello prete. Bona però restò presto sola. I genitori purtroppo morirono quando era ancora piccola e per questo venne affidata agli zii paterni: si racconta che fosse davvero bella e avesse un carattere forte e determinato.

giovedì 20 ottobre 2022

Un allegro compagno di viaggio nella vita terrena. Il vino: Le origini, la storia, le qualità

Seconda Parte


di Mario Pagni


Come si consumava il vino nell’antichità

E’ abitudine e anche curiosità dell’uomo moderno cercare fattori comuni presso i popoli antichi riguardanti l’uso e il consumo del vino come intendiamo noi oggi. Intanto occorre premettere che il “nettare divino” normalmente si beveva allungato con l’acqua; molto spesso semmai veniva aggiunto miele, resine alla maniera greca, sale (in quantitativi minimi), spezie, gesso e profumi vari. La stessa parola mescere, aveva il duplice significato di “mescolare” con riferimento agli ingredienti aggiunti e di “versare” (nel bicchiere o nella coppa), ne è una conferma seppure indiretta. Ecco in proposito una ricetta del romano Apicio:

“Versa in un vaso di bronzo un quarto di vino e due cucchiai di miele, im modo che mentre il miele bolle il vino diminuisca di volume, scaldalo a fuoco lento di legna secca, gira il tutto con un bastoncino finché prenderà il bollore; quando comincerà a salire trattienilo versando altro vino; quando lo avrai tolto dal fuoco, sarà diminuito di volume. Una volta freddo fallo scaldare di nuovo. Ripeti per altre due volte. Il giorno dopo lo schiumerai. Aggiungi quattro once di pepe, poco pistacchio, cannella e zafferano, cinque ossi arrostiti di datteri; trita cinque datteri che dal giorno seguente avrai posti nel vino per farli ammorbidire. Fatto ciò versa diciotto sestari di vino giovane. La cottura sarà perfetta quando avrai consumato circa 45 once di carbone”

Da notare l’attenzione e la precisione nella descrizione della ricetta e soprattutto anche il consumo di carbone come condizione per la riuscita della stessa in funzione del tempo e del calore emesso.

lunedì 17 ottobre 2022

Il mistero di Overtoun Bridge, il ponte dei “cani suicidi”

di Chiara Sacchetti

Ci sono luoghi particolari, ricchi di storie e di mistero legati spesso ad avvenimenti passati che riecheggiano nelle parole e nelle “visioni” più o meno veritiere o a volte anche immaginate ma che li arricchiscono di un alone magico e affascinante.  In altri invece troviamo posti in cui accadono cose inspiegabili che non sempre la scienza riesce a spiegare del tutto.

È questo il caso dell’Overtoun Bridge, il cosiddetto “ponte dei cani suicidi” dove secondo quanto riportato dalle cronache tanti cani, spesso di un determinata razza, sono andati inspiegabilmente a togliersi la vita, cosa alquanto strana oltretutto visto che gli animali non hanno tendenze al suicidio!

Overtoun Bridge

 

La storia

Siamo nel Dunbartonshire Occidentale in Scozia e tutto cominciò alla fine dell’800 quando John Campbell White, dopo aver ereditato dal padre un terreno, fece costruire sul burrone dove scorreva l’Overtoun Burn un ponte per unire le due terre. La storia dei suicidi dei cani iniziò alla metà del secolo scorso quando cani, in particolare razza collie o comunque a “muso lungo”, presero a gettarsi da quel ponte senza una ragione precisa. La cosa ancora più assurda è che tutti quegli animali sceglievano lo stesso punto per lanciarsi nel vuoto. È calcolato che dal 1950 ad oggi più di 600 cani abbiamo finito la loro vita in quel modo (altri in realtà ne dicono 300), anche se alcuni (circa una cinquantina) si sono salvati atterrando sul muschio ma tra di loro qualcuno ha ritentato il suicidio successivamente.

giovedì 13 ottobre 2022

Un allegro compagno di viaggio nella vita terrena. Il vino: le origini, la storia e le qualità

Prima Parte

 

di Mario Pagni

Siamo nel mese di ottobre che quest’anno subito dopo l’avvento dell’autunno meteorologico e dopo una estate particolarmente calda e siccitosa si sta dando particolarmente da fare dal punto di vista delle precipitazioni per altro molto attese. Stavolta però non parliamo di acqua bensì di vino. Siamo infatti anche nel rituale momento della vendemmia che in alcune parti del Chianti è stata persino anticipata e completata.

 

Un po’ di storia l’origine della vite

La Bibbia racconta che Noè, quando uscì dall’Arca probabilmente dopo aver visto tutta quell’acqua, essendo stato da sempre agricoltore, decise di impiantare quella che secondo la tradizione fu la prima vigna della storia; ne bevve poi il frutto e si dice che con esso si ubriacò. Per questo episodio che si perde nella notte dei tempi Noè è considerato l’inventore del vino. Il che è molto improbabile perché si tratta comunque di un prodotto che dovrebbe aver richiesto diverse tappe di avvicinamento e metodi sempre più raffinati.

lunedì 10 ottobre 2022

La strega Albertina Bovera

di Chiara Sacchetti

Abbiamo già parlato di streghe, donne che potrebbero semplicemente definirsi in modo piuttosto moderno emancipate e che sono state processate, torturate e spesso purtroppo anche condannate a morte per il loro status, vittime di pregiudizi e di odio anche da parte dei propri compaesani e “amici”.

Oggi raccontiamo la storia quasi sconosciuta di una di loro, Albertina Bovera, una strega Svizzera portata di fronte al tribunale dell’Inquisizione solo perché oltre ad essere vittima delle malelingue e dell’odio dei suoi compaesani, secondo una donna aveva fatto un maleficio a suo marito che accidentalmente era caduto scivolando in un fiume. Una storia, quella di Albertina, come le altre ma che coinvolgerà purtroppo anche la madre e soprattutto avrà un finale (o meglio un’anteprima di finale) piuttosto singolare e insolito: la sola imperfezione di tutta la vicenda è purtroppo che non abbiamo documenti per conoscere l’effettiva conclusione della storia.

Cartina della Vallemaggia

 

Albertina Bovera

Siamo a in Vallemagna nel 1679, Albertina era figlia di Negrina, una donna vedova e abbastanza povera che potrebbe essere definita medichessa perché conosceva bene le erbe, le loro proprietà e le usava per curare se stessa e tutti quelli che le chiedevano aiuto. La ragazza invece, come lei stessa durante il processo testimonia, non sapeva niente di tutto ciò, ma passava le sue giornate a lavorare nei campi.

 

giovedì 6 ottobre 2022

San Francesco d’Assisi e la misteriosa “Chartula” di frate Leone

di Mario Pagni

San Francesco consegna la Chartula a frate Leone

Uno dei rari documenti autografi che ci sono pervenuti dal lontano medioevo da San Francesco d’Assisi è la forse anche poco nota Chartula contenente in estrema sintesi la benedizione del santo a frate Leone suo seguace ma anche suo maestro di esoterismo.

Si tratta di una semplice carta pergamena sulla quale è raffigurato con tratti alquanto approssimativi e grossolani il volto di un uomo, dalla cui bocca fuoriesce avviluppata dalle fiamme una “Tau” sostenuta da braccia che racchiudono il nome proprio di frate Leone. La Chartula è famosa soprattutto per la benedizione con la quale Francesco si dice volesse liberare frate Leone da un forte turbamento spirituale, troppo poco si è detto ho scritto su questo particolare disegno e sul suo reale significato simbolico che a nostro avviso rasenterebbe anche contenuti di tipo alchemico. Le fonti ci dicono che Francesco raccomandò a frate Leone di conservare con cura la pergamena, fino al giorno della sua morte, quasi si trattasse di una sorta di potente amuleto. Se queste erano le reali intenzioni di Francesco, sembra poco probabile che l’effetto liberatorio fosse affidato alle semplici parole della benedizione, mentre il disegno e il suo significato, si prestano assai meglio ad essere interpretati proprio per i significati simbolici e sacri.

La Chartula di San Francesco

Dunque rimane oscuro il vero significato della Chartula e non solo; per quale motivo frate Leone ha voluto precisare che Francesco aveva disegnato di suo pugno sia la testa che il simbolo del Tau?

lunedì 3 ottobre 2022

Lo strano caso della Beata Meneghina

di Chiara Sacchetti

Abbiamo già visto e parlato di figure in odore di santità, personaggi che nel corso della vita (e dopo la sopraggiunta morte) hanno manifestato poteri soprannaturali o con il loro esempio e le loro azioni hanno dato sostegno e conforto ai più bisognosi. Oggi però parliamo di una figura abbastanza sconosciuta ma assai curiosa, vissuta in epoca relativamente recente e che nella sua breve esistenza ha dato prova di santità, anche se ancora oggi stranamente la Chiesa non ha riconosciuto ufficialmente il suo caso.

 

I fatti

Maria Domenica Lazzeri, nota come l'Addolorata di Capriana o beata Meneghina nacque a Capriana (Trento) il 16 marzo 1815 da Bortolo Lazzeri, un mugnaio, e Margherita, sua moglie. Ultima di cinque fratelli, la bambina ebbe un’infanzia per così dire normale, passata come le sue coetanee della Val di Fiemme, tra gioco e studio per poi, una volta adolescente, a lavorare.

Una ricostruzione del mulino della famiglia Lazzeri di fianco alla chiesa di San Bartolomeo di Capriana

Ad un certo punto però della sua vita, Maria ebbe la visione della Madonna che le chiese se voleva avere le «insanguinate piaghe di Gesù» e alla quale lei rispose che se fosse stata degna di questo dono lo avrebbe accettato affinché fosse fatta la sua volontà. E così accadde. Da quel momento, come riportano i resoconti dell’epoca, ogni venerdì alla ragazza apparivano le stimmate sanguinanti sulla fronte, sui piedi, sulle mani e sul costato.