Fra i vari
personaggi del mondo dell’alchimia e delle scienze esoteriche e forse della più
semplice medicina non possiamo non parlare di Girolamo Segato, cartografo
naturalista ed egittologo che nel corso della sua breve esistenza svolse numerosi e quanto mai curiosi esperimenti
lasciandoci purtroppo però senza alcun documento sui suoi lavori.
Girolamo
nacque a Sospirolo, nell'ex Certosa di S. Marco a Vedana presso il San Gottardo
il 13 giugno 1792 da Benedetto e Giustina Lante nei territori dove la famiglia
conduceva un’azienda agricola per conto della dinastia Erizzo, una nobile
famiglia veneziana.
Poco socievole e più avvezzo allo studio e all’osservazione, il piccolo Segato imparò moltissimo stando a contatto con la Natura e i primi rudimenti di scienza da don Antonio Bagini, il parroco di Sospirolo; dopo una breve parentesi a Treviso come contabile tornò poi a Belluno dove ebbe fra l’altro come insegnante Tomaso Antonio Catullo, il celebre naturalista e zoologo italiano.
A partire
dal 1818 divenne anche egittologo in virtù della partecipazione a numerosissime campagne di scavo nella terra dei
Faraoni grazie alle quali divenne esperto di mummificazione e dove non
mancò di farsi notare per i suoi curiosi
e apparentemente insensati esperimenti. Fra questi non possiamo non
ricordare quello in cui si fece calare in un pozzo nella piramide di Saqqara
uscendone soltanto 3 giorni dopo: non sappiamo purtroppo quali conclusioni e
scoperte abbia fatto visto che la maggior parte della documentazione è andata
perduta nel corso del tempo.
Egitto, Tempio di Dendur, firma scalfita di Girolamo Segato
Nel 1823
Girolamo tornò dalla campagna d’Egitto e si
stabilì a Firenze dove approfondì gli studi sull’Egitto e in particolare quelli
sull’imbalsamazione, una scienza che lo incuriosiva e affascinava
moltissimo, tanto che riuscì a mettere in pratica la tecnica, simile alla
mummificazione, della mineralizzazione, impropriamente chiamata
pietrificazione, che consisteva nella conservazione dei tessuti organici nei loro
colori naturali e lasciandone inalterata l’elasticità e consistenza.
La fama dei
suoi lavori fu così forte che venne soprannominato Il Pietrificatore e si
sparse la voce che le sue conoscenze
derivassero dallo studio della magia egizia tanto che perfino papa Gregorio
XVI, suo concittadino e amico, dovette difenderlo dalle accuse. Le critiche e
le calunnie esasperarono e irritarono così tanto Girolamo che distrusse tutti
gli appunti e gli studi che nel corso degli anni aveva fatto per scoprire
quella tecnica.
Il 3
febbraio 1836, a soli 44 anni, Segato morì portando con sé tutte le scoperte e le conoscenze che ancora oggi nessun
scienziato è mai riuscito a replicare. Si racconta che in punto di morte
volesse rivelare i suoi segreti all’amico Pellegrini, anche se non ci sono
prove. Di lui oggi ci restano soltanto i campioni di tessuti e parti di corpi
imbalsamati e pietrificati, conservati nel Museo del Dipartimento di Anatomia,
Istologia e Medicina Legale dell’Università degli Studi di Firenze, a cui il
Museo di Storia della Scienza di Firenze e il Museo Civico di Belluno hanno
affidato la conservazione dei reperti nella sezione a lui dedicata. E le parole
dei suoi contemporanei, come l’amico fidato Giuseppe il quale descriveva che il
metodo «[…] agisce sull’interi corpi animali
come sulle parti di essi. I primi e le seconde induriscono, prendendo una
consistenza al tutto lapidea, tanto più sensibile e determinata quanto le parti
medesime sono più molli e mucose […] Né si avvisi che siffatta trasmutazione
abia luogo con variamenti di colori, forme e caratteri in generale […] né
l’olfatto pure rimane offeso […]»
Le sue
spoglie sono conservate nella Basilica di Santa Croce, assieme ad altri grandi
e importanti personaggi della nostra storia; la scritta sulla sua tomba così ci
dice: «Qui giace disfatto Girolamo Segato, che vedrebbesi intero
pietrificato, se l'arte sua non periva con lui. Fu gloria insolita dell'umana
sapienza, esempio d'infelicità non insolito».
Firenze, Basilica di santa Croce, Scuola di Lorenzo Bartolini, Tomba di Girolamo Segato
Gioacchino Belli, poeta romano del XIX sec., gli dedicò il sonetto 1731 “La pietra de carne”, un dialogo fra moglie e marito che recita così: Mojje mia mojje mia,/che ha rriccontato er medico ar padrone!/Ggnente meno ch’è usscita un’invenzione/d’un certo sor Girolimo Segato,/ir quale sor Girolimo ha ppijjato/tanti pezzi de carne de perzone,/e ccià ffatto a Bbelluno un tavolone/tutto quanto de màrmoro allustrato./Senti, Vincenza, e nnu lo dí a ggnisuno:/volémo méttese un fardello addosso/e zzitti zitti annàccene a Bbelluno?/Chi ssa, Vvincenza mia, che cquer ziggnore/nun fascessi er miracolo ppiú ggrosso/d’impietritte la lingua uguale ar core?
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