di Mario Pagni
Il libro |
Nel romanzo
che vinse la sfida fra altri scrittori
del “gotico” ottocentesco del calibro di Lord Byron e del suo segretario
John Polidori (l’inventore de “Il Vampiro”) per il racconto di maggior orrore,
Mary Godwin Shelley interpretò la “creatura” definendola anche nel titolo una
sorta di Prometeo Moderno (1818), ovvero un ribelle assai vendicativo non solo
verso il suo creatore il barone Victor Frankenstein ma anche per il suo tragico
incerto destino.
Mi ricordo
che fu mia nonna appassionata di quel genere di romanzi che il cinema aveva
portato sugli schermi per la prima volta nella versione di Bela Lugosi nei
panni del mostro, che mi raccontò di lui
e dello scellerato tentativo di uno scienziato che tenta di riportare in vita
un cadavere “assemblato” in varie parti compreso il cervello, spinto dalla
corrente elettrica provocata da un fulmine durante un forte temporale.
Probabilmente la scrittrice si era ben documentata in precedenza o era già a conoscenza di creature simili perse nella notte dei tempi e nelle tradizioni dei vari popoli e culti che la pellicola cinematografica rese pubblica ai primi del ‘900, fra queste l’ebraico Golem al quale un famoso maestro alchimista infonde l’alito di vita nel suo laboratorio e che poteva essere distrutto solo attraverso la formula magica posta sulla fronte del mostro. Il Golem tendeva maggiormente ad imitare la stessa Divina Creazione trattandosi di un essere fabbricato con l’argilla esattamente come l’Adamo biblico.
Il Golem |
Il mostro di
Frankestein che terrorizzò cinematograficamente migliaia di famiglie composte
sia da ragazzi ma anche da adulti, nella realtà romanzata era un povero disperato in cerca della sua vera
identità e delle precise ragioni e responsabilità per le quali era stato
messo o meglio “restituito” alla vita terrena in maniera oltretutto precaria e
spregevole per demerito di questo scienziato pazzo che sulle orme delle rane di
Newton e di un illuminismo ancora galoppante, attraverso scosse elettriche tentava di sostituirsi alle glorie del
nostro effettivo Creatore. Ne fuoriuscì una sorta di aborto grande stile
che dotato di una forza sovrumana sfugge al controllo del barone-medico,
avventurandosi dove neanche lui sapeva di andare, per poi tornare a
perseguitarlo dichiarandolo giustamente unico responsabile del suo tragico
destino.
Il mostro di Frankenstein |
Nelle varie
versioni dei film a lui dedicate le due più celebri rimasero le interpretazioni
del “mostro” di Bela Lugosi prima (ex vampiro) e di Boris Karloff dopo (forse
la migliore), di James Whale (1931) mentre in un recente passato (1994) si è
misurato con la questione secondo me in modo notevole, anche Robert de Niro con
una versione meno “horror” ma assai più a sfondo umano dell’orrenda creatura.
Il mostro nella versione di Boris Karloff |
Come non
ricordare poi le versioni filmografiche più spiritose come “Frankestein Junior”
diretto da Mel Broks (1974) che rimane la più celebre e anche le varie serie TV
dedicate.
Frankenstein Junior di Mel Brooks |
E come non
ravvisare se pur nel più assoluto rispetto verso le varie religioni, la nostra stessa condizione umana che
ha per il momento ancora oggi e con tutte le varie scoperte scientifiche, due
uniche certezze, quella di nascere (non per propria scelta) e quella
altrettanto sicura di morire, andando ancora una volta verso un destino incerto se pur con il conforto
(sempre religioso) di una vita eterna e di una probabile futura rinascita
persino in carne ed ossa.
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