di Chiara Sacchetti
Parlare
della donna nella società antica e in particolare di quella relativa alla visione
cristiana porta purtroppo a parlare anche di una figura che ancora oggi suscita molta curiosità e incredulità.
La figura
della strega ad esempio è qualcosa di particolare e complesso, difficile da
poter capire se non andando a studiare il singolare e lento sviluppo in cui i
ruoli che la Chiesa assieme a quelli della società stessa di cui questa figura
faceva parte hanno avuto nell’origine di
questo fenomeno.
Xilografia di una strega davanti al suo calderone
La Chiesa
comunque senza ombra di dubbio ha dalla sua un profondo quanto ampio contributo
nel generare e disegnare quella figura malefica e demoniaca che sappiamo essere
la strega, anche in virtù di una bassa considerazione generale del genere
femminile che si è sviluppato fino ad epoca recente, dalla notte dei tempi. “Debole di carattere” “ammaliatrice” e
“portatrice di sventura” sono solo alcune delle credenze e soprattutto
delle accezioni che le scritture religiose cristiane attribuiscono prima alla
donna e quindi poi a questo essere, così voluttuoso e maligno.
Ma come nacque questo modo di pensare?
E come si sviluppò nel corso dei secoli?
Due sono le figure principali che troviamo nelle Sacre Scritture, Eva e Maria, che hanno segnato la storia del Cristianesimo. La prima, lo sappiamo, è colei per colpa della quale il genere umano è stato condannato ad una vita di sofferenza e ha imparato a conoscere la morte: lei, spinta dal serpente tentatore, ha mangiato la mela e poi l’ha offerta tentando a sua volta Adamo che, vittima del sua compagna e incapace di respingerla, ha ceduto alla richiesta. Conseguenza del gesto è stata la cacciata dal Paradiso Terrestre e soprattutto la condanna ad una vita terrena di sofferenze e paure che soltanto la venuta di Cristo riuscirà momentaneamente a placare. La seconda invece è la madre di Gesù, la donna priva di peccato, nemmeno quello di aver messo al mondo un figlio come lo era invece a quell’epoca, “generato e non creato”, per lo spirito Santo, al contempo vergine e madre. Con il suo arrivo sulla terra Cristo salverà l’umanità insegnando il sacramento del Battesimo con il quale verrà cancellato il peccato originale per entrare nella comunità dei fedeli.
Ma altre e
molto numerose sono le donne che troviamo nelle Scritture che mostrano e
confermano la cattiva quanto oscura
visione e considerazione che la società tutta in generale aveva: basti
pensare alla Maddalena, per esempio, divenuta esempio di rinascita e
conversione secondo l’accezione comune dalla propria vita peccaminosa e poi
serva di Cristo, ma simbolo di una figura lasciva e preda di tutte le libertà
peccaminose. Nulla però di più sbagliato.
In una
società, come quella antica, che vedeva la donna come un soggetto incapace di
giudizio è facile quindi associare eventi nefasti e soprattutto incomprensibili
a quell’essere così malleabile e facile preda del demonio e allo stesso tempo
anche ammaliatrice della povera vittima maschile.
Uno dei
primi manuali a parlare di donne diaboliche è il Canon Episcopi, un lavoro attribuito
al Concilio di Ancira del 314, ma in realtà
comparso nell’opera De synolidabus
causis et disciplinae ecclesiae del benedettino Reginone de Prüm nel 906,
nel Commentale da Bucardo di Worm nel suo Decretorum
Libri XX intorno al 1000 con alcuni tagli e poi infine ripreso nel Decretale del giurista Graziano con il
nome di Canon Episcopi appunto. Qui l’autore ci racconta di una società formata soprattutto da donne alle quali Satana,
trasformato in angelo della Luce, avrebbe preso possesso della loro mente e
avrebbe sottomesso queste creature al suo volere grazie alla loro infedeltà e
facile credulità.
Non tanto
diverso è il Formicarius del frate
domenicano Joan Nider e composto fra il 1435 e il 1437 che può essere
considerato il primo trattato demonologico della storia, dove vengono presi in
esame alcuni demoni e prendendo spunto dalle abitudini quotidiane delle
formiche, il religioso mette in evidenza la formazione dei fedeli alla vera e
autentica cristianità. L’opera è composta da un dialogo fra un teologo e un
ignorante che pone al suo interlocutore domande importanti e difficili: ciò che emerge dall’opera però è una donna che
solo nella fantasia riesce a compiere
voli notturni, ritrovi satanici e altre stregonerie. Inutile dire che il
motivo principale di questi errori e della credenza di compiere realmente
queste attività sia il suo carattere e soprattutto la sua indole lasciva e
incapace di forza d’animo e volontà che la renderebbero vittima delle stesse
diavolerie che proprio per la sua natura sarebbe facilmente ammaliabile.
Un vero e
proprio Manuale della donna strega è sicuramente il famosissimo Malleus
Maleficarum, o Martello delle streghe, degli inquisitori tedeschi Jacob
Sprenger e Heinrich Insistoris, scritto e pubblicato nel 1486 e ristampato
12 volte prima del 1520, considerato la guida ufficiale anche per la stesura di
altri successivi manuali per le streghe. Qui è la donna l’essere diabolico e tentatore, una novella Eva, che
riesce con i suoi sotterfugi a corrompere e soprattutto tentare l’uomo, proprio
per il suo essere più avvezza rispetto agli uomini a queste cose.
Infine, ma
solo per non elencare tutte le opere usate dall’Inquisizione, il De strigibus di Bernardo Rategno,
un’opera in cui si parla di una setta
riprovevole composta in prevalenza da donne, che si riunisce nella notte che
precede il venerdì, quando il demonio appare sotto sembianze umane e al suo
comando esse rinnegano la Santa Fede, il Santo Battesimo, il Signore e la Beata
Vergine Maria, calpestando anche la croce.
Molte e
forse ancora più terribili sono le altre opere che inquisitori e religiosi in
generale hanno realizzato, al fine di indebolire e scacciare dal mondo una
figura così perversa e diabolica. Fortunatamente nel tempo la ragione e le
nuove scoperte da essa spesso generate hanno se pur lentamente lasciato alla
fantasia questa visione per capire le reali motivazioni di ogni singolo evento.
La strada da fare è e rimane comunque ancora molto lunga.
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