lunedì 28 febbraio 2022

William Shakespeare è italiano?

di Chiara Sacchetti

Tutti o quasi conoscono William Shakespeare, celebre scrittore inglese del Seicento, autore di alcune delle più famose opere in prosa e in poesia della letteratura anglosassone. Parlare di lui significa quindi parlare dell’Inghilterra o almeno lo è ufficialmente. Sì perché varie e curiose sono le ipotesi sulla sua nascita e vita a partire dall’ipotesi che possa essere italiano.

Poche anzi pochissime sono le notizie sicure sulla sua vita. Sappiamo che venne battezzato a Stanford il 26 aprile 1564 e quindi è ragionevole pensare che la sua nascita debba essere collocata a qualche giorno antecedente a questo. Nei registri scolastici invece non si hanno notizie su di lui anche se molti studiosi ritengono abbia frequentato la King's New School, un istituto gratuito per i maschi della cittadina.  Poi anni bui e incerti riempiti da pochi avvenimenti ufficiali e certi come il matrimonio con Anne Hataway, la nascita di due gemelli e l’inizio della sua carriera prima da attore e poi da scrittore a Londra.

William Shakespeare

Come è possibile che uno che non avrebbe mai studiato sia riuscito a scrivere capolavori del genere? E poi come si è arrivati a pensare che il famoso scrittore di Giulietta e Romeo in realtà non fosse altro che uno pseudonimo e che nasconda alcune identità e origini italiane?

Ai primi del secolo scorso il futuro giornalista del Novecento Santi Paladino trovò un testo della libreria paterna di un certo Michel Agnolo Florio che nascondeva moltissime citazioni delle opere dello scrittore inglese. Colto da curiosità Santi capì che non poteva trattarsi di plagio giacché l’opera ritrovata era antecedente a quelle di Shakespeare di oltre 50 anni e cominciò così ad indagare. Scoprì che l’uomo era un frate fiorentino convertito al Protestantesimo e perseguitato per questo dalla Chiesa, cosa che lo costrinse a scappare dal 1550 in tutta Italia e poi a traslocare in Inghilterra dove ebbe un figlio di nome John per poi trasferirsi stabilmente a Soglio in Svizzera. Infine tornò in Inghilterra dove cominciò a scrivere drammi e sonetti e trovò la morte nel 1605, anno fra l’altro in cui lo Shakespeare storico che noi conosciamo smise la sua attività letteraria.

John Florio

Nella sua idea Paladino sosteneva che William Shakespeare sia esistito ma che sarebbe stato aiutato da Michelangelo Florio e da suo figlio John, conosciuto in Inghilterra per la sua opera letteraria e linguistica visto che aveva apportato nuove parole di origine italiane nella lingua inglese.

Il 4 novembre 1927 sulla rivista “L'Impero” venne pubblicato l’articolo di un giornalista con il titolo: «Il grande tragico Shakespeare sarebbe italiano». La tesi ovviamente non piacque agli inglesi tanto che subito dopo la visita di Winston Churchill, Mussolini ordinò la chiusura dell’Accademia nazionale shakespeariana di Reggio Emilia nata dai seguaci proprio del giornalista. Tutta la storia venne quindi taciuta e rimase nel dimenticatoio fino al 2002 quando il professor Martino Iuvara, un docente di letteratura in pensione, riprese lo studio di questa ipotesi approfondendo le ricerche e riuscendo a mettere in luce alcune particolarità inequivocabili e ponendo anche molte domande in proposito.

Il 4 novembre 1927 sulla rivista “L'Impero” venne pubblicato l’articolo di un giornalista con il titolo: «Il grande tragico Shakespeare sarebbe italiano». La tesi ovviamente non piacque agli inglesi tanto che subito dopo la visita di Winston Churchill, Mussolini ordinò la chiusura dell’Accademia nazionale shakespeariana di Reggio Emilia nata dai seguaci proprio del giornalista. Tutta la storia venne quindi taciuta e rimase nel dimenticatoio fino al 2002 quando il professor Martino Iuvara, un docente di letteratura in pensione, riprese lo studio di questa ipotesi approfondendo le ricerche e riuscendo a mettere in luce alcune particolarità inequivocabili e ponendo anche molte domande in proposito.

Lo studioso scoprì che un altro Michelangnolo Florio era nato a Messina il 23 aprile 1564 dal medico italiano Giovanni Florio e da Guglielma Crollalanza, una nobildonna: entrambi i genitori erano di origine ebraica e di religione calvinista e proprio per questo dovettero scappare con tutta la famiglia prima a Treviso e poi in altri luoghi per sfuggire alla persecuzione religiosa da parte dell’Inquisizione. Da adulto passò la vita a viaggiare in Danimarca, Austria e Spagna, divenendo un umanista di ottima cultura e chiamato spesso come precettore delle più importanti e nobili famiglie del tempo. Alla fine arrivò a Londra e nello stesso periodo un suo lontano parente, che faceva l’attore nei teatri decedeva, e lui pensò bene di sostituirsi a lui: ma qualcuno se ne accorse per il suo inglese non perfetto e fu costretto a ritirarsi dalle scene.

Come poteva il figlio di un guantaio analfabeta come lo era Shakespeare ad avere una cultura così vasta come di fatto le sue opere dimostrano? 15 drammi su 37 per giunta sono ambientati in Italia e quindi sarebbe lecito chiedersi come potrebbe essere stato possibile descrivere così fedelmente quei luoghi senza averci mai messo piede? Oltretutto, forse non proprio casualmente, nell’Amleto, appaiono due cognomi di due compagni di università di Florio, ossia Rosencrantz e Guilderstern, studenti danesi; nel Mercante di Venezia invece emerge una conoscenza della legislatura della città del periodo piuttosto ampia che sicuramente per un abitante di Londra era impossibile da conoscere. E ancora. Nella commedia “Molto rumore per nulla” c’è una battuta detta dal protagonista «Mizzeca, eccellenza!» che solo un siciliano poteva conoscere e fra l’altro il titolo dell’opera è la traduzione inglese di una commedia giovanile del Florio (Tantu traficu ppi nenti).

Molto rumore per nulla

Come se non bastasse durante le sue ricerche lo studioso scoprì che Florio si era innamorato di una ragazza di nome Giulietta che a causa dell’opposizione della sua famiglia a questo amore purtroppo si sarebbe suicidata, proprio come la protagonista della celebre opera shakespeariana. Se poi andiamo a vedere i registri delle scuole di Stanford, dove il Bardo avrebbe vissuto la sua infanzia, non troviamo neanche un William Shakespeare come del resto nell’elenco degli apparentanti al Club In che sappiamo che il drammaturgo frequentava: al suo posto però troviamo il nome di un altro nostro conoscente, ossia quello di Michelangelo Florio.

Infine, la traduzione letterale di Shakespeare sarebbe proprio il cognome della madre, Crollalanza, Shake infatti vuol dire “agita”, “scrolla” mentre “spear” significa “lancia”. Sempre secondo Palladino l’uomo avrebbe deciso di cambiare il cognome per allontanarsi dalle persecuzioni contro i Calvinisti. Il nome William invece sarebbe quello al femminile della madre, Guglielma.

Casualità? Difficile dirlo. E difficile soprattutto sostenere che certi particolari siano semplicemente frutto di una coincidenza fortuita. Si dice che due indizi facciano una prova e qui ne abbiamo anche molti di più. Chi non pare avere dubbi ma solo certezze è il Times. La nota rivista inglese infatti, alla notizia di queste scoperte e delle successive e singolari ipotesi al riguardo ha così commentato: «Il mistero di come e perché Shakespeare sapeva così tanto dell'Italia ed ha messo tanta Italia nelle sue opere, è stato risolto da un accademico siciliano in pensione. La questione risiede nel fatto che Shakespeare non era affatto inglese, ma italiano».

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