di Chiara Sacchetti
Parlare di
Raimondo di Sangro, meglio conosciuto come il Principe di Sansevero, significa addentrarci nelle profondità più oscure e
singolari della mente umana, scavare non solo nella genialità ma anche
nelle conoscenze esoteriche e simboliche
che poi si sono esplicate non soltanto nella sua vita ma anche nelle
straordinarie opere che ci ha lasciato. Uomo dotato di un ingegno fuori dal
comune, e anche «Uomo straordinario predisposto a tutte le cose
che osava intraprendere […] celebre indagatore dei più reconditi misteri della
Natura», il Principe,
visse un’esistenza come si può dire “piena”, fatta di esperimenti, invenzioni e
assieme anche con lo studio di materie adatte solo a poche persone e fu lui
stesso che alimentò il suo mito e l’alone di mistero intorno alla sua figura.
Francesco de Mura, Raimondo di Sangro
Discendente si dice dalla casata di Carlo Magno, Raimondo di Sangro nacque nel castello di Torremaggiore il 30 gennaio 1710 da Cecilia Gaetani dell'Aquila d'Aragona, figlia della principessa Aurora Sanseverino, e da Antonio di Sangro, duca di Torremaggiore. Rimasto orfano da parte di madre molto presto, con un padre spesso lontano dall’Italia, il bambino venne affidato alle cure del nonno Paolo, sesto principe di Sansevero e cavaliere del Toson d'Oro, che lo portò con sé a Napoli crescendolo nel Palazzo di famiglia in piazza San Domenico Maggiore.
Ragazzino
molto sveglio e vivace, dotato di una profonda intelligenza, Raimondo venne
mandato dal nonno al Collegio dei Gesuiti a Roma, dove si dedicò allo studio della filosofia, della pirotecnica,
dell'architettura militare (della quale scrisse anche un saggio rimasto
però purtroppo inedito), delle lingue,
dell'idrostatica e delle scienze naturali.
Ancora
allievo al Collegio dei Gesuiti, il futuro principe iniziò inventando un palco pieghevole per le
rappresentazioni teatrali dimostrando la sua natura eclettica e fantasiosa.
Poco dopo morì il nonno e grazie alla rinuncia paterna all’eredità divenne il settimo
Principe di Sansevero entrando in possesso anche del Palazzo di Sangro che
resterà la sua dimora per tutta la vita.
Giovanissimo
incontrò il grande amore, la cugina quattordicenne Carlotta Gaetani dell'Aquila
d'Aragona con la quale convolò a nozze nel 1736 nelle Fiandre ed ebbe
addirittura otto figli. Ma la sua fama e
la sua grande intelligenza non passarono inosservati e due anni prima del
matrimonio venne nominato gentiluomo di camera con esercizio di Sua Maestà
dall'amico Carlo III di Borbone, Re del Regno di Napoli, e soltanto nel 1740 gli
venne conferito il titolo di Cavaliere dell'Ordine di San Gennaro.
Soltanto tre anni prima era stato
iniziato alla Massoneria entrando nella Loggia del duca di Villeroy a Parigi; quattro anni più tardi divenne Maestro Venerabile della Loggia “Perfetta
Unione”, e come se non bastasse il 10 dicembre 1747 fondò nel suo Palazzo
di Famiglia il “Cerchio Interno”
alla sua stessa Loggia che definì Rosa d'Ordine Magno, dalla quale prese vita
il Rito Egizio Tradizionale. Nel 1759 divenne Gran Maestro della Massoneria
napoletana, ma l’anno successivo Carlo III promulgò un editto con il quale
condannò i membri della «rispettabile Società» e chi li frequentasse, cosa che
portò Raimondo a rinunciare sotto giuramento all’appartenenza alla Massoneria,
restando però in segreto Gran Maestro del Rito Egizio Tradizionale.
Non pago
l’anno successivo il Principe di
Sansevero pubblicò la Lettera Apologetica dell'Esercitato Accademico della
Crusca contenente la Difesa del libro intitolato “Lettere d'una Peruana”
per rispetto alla supposizione de' Quipu scritta alla Duchessa di S**** e dalla
medesima fatta pubblicare, un’opera molto discussa con moltissimi riferimenti
alla Cabbala e all’esoterismo e numerose citazioni e riferimenti ad autori
eterodossi che vivacizzavano l’Illuminismo dell’epoca. Il lavoro di Raimondo
però non piacque alla Chiesa che già
l’anno successivo mise la Lettera nell’indice dei Libri Proibiti: a nulla
valse la supplica scritta di pugno dal Principe direttamente al Papa e l’opera
fu così oscurata.
Dopo quello
che era accaduto il suo estro nello scrivere fu messo a tacere, soprattutto per
evitare di cadere in nuove censure, tanto da rimanere praticamente improduttivo
se si esclude la “Dissertation sur une lampe antique” del 1756, dove egli discute su alcuni meccanismi che
aveva già progettato per la realizzazione del “lume perpetuo”. Di contro si
dedicò alla sua passione più grande, ossia la realizzazione di straordinarie
invenzioni.
Nonostante
la fortuna e le conoscenze, gli ultimi
anni di vita di Raimondo di Sangro furono caratterizzati da un grave problema
economico e dai contrasti che emersero a seguito della partenza dalla corte
di Carlo di Borbone, suo grandissimo e fedele amico.
Carrozza Marittima di Raimondo di Sangro
Nel luglio
1770 avvenne la sua ultima uscita pubblica ufficiale con un’elegante carrozza
marittima apparentemente trainata da cavalli ma in realtà mossa da un ingegnoso
sistema di pale a foggia di ruote rimasta la sua più creativa e straordinaria
invenzione. Finite le sue energie e anche la sua stessa vena creativa, il Principe di Sansevero si spense il 22
marzo 1771 nel suo Palazzo di Napoli, quasi certamente per una malattia
dovuta alle «chimiche preparazioni», a cui si dedicava con passione e dedizione
nei momenti liberi, assieme alle invenzioni più disparate.
Cappella di Sansevero a Napoli
Di lui,
oltre alle sue curiose invenzioni, resta soprattutto la splendida Cappella di
Sansevero a Napoli, un connubio di arte ed esoterismo e le celeberrime
“macchine anatomiche umane” eccellente e valido cantiere per lo studio della
circolazione sanguigna.
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