lunedì 12 luglio 2021

Celestino V il Papa del rifiuto

di Chiara Sacchetti

È passato alla storia come il Papa del “Gran Rifiuto”, quello che a pochissimi mesi dall’elezione al Soglio Pontificio, decise di ritirarsi da quella vita e lasciare ad altri l’incarico. Su di lui tante voci e tante leggende, legate a figure e personaggi leggendari come i Cavalieri Templari e la Sacra Sindone. Ma chi è stato davvero Pietro da Morrone, ossia Celestino V?

Penultimo di dodici figli, Pietro nacque da Angelo Angelerio e Maria Leone, due contadini, forse ad Isernia o a Sant’Angelo Limosano in un anno fra il 1209 e il 1215:  una delle fonti più sicure sulla sua vita, ci racconta che al momento della morte nel 1296 Celestino aveva 87 anni e quindi si fa sempre più certa la data  anteriore del 1209.

Celestino V

La breve esperienza nel monastero benedettino di Santa Maria in Faifoli portò alla luce la sua predisposizione all’ascetismo e alla vita solitaria, tanto che Pietro si convinse a ritirarsi in una caverna sul Monte Morrone, sopra Sulmona fino al 1240 quando si trasferì a Roma per un anno. Qui infatti studiò per prendere gli ordini sacerdotali ma ritornò subito all’eremitismo sul suo Monte: per cinque anni visse in una  grotta poi si rifugiò in un’altra in un luogo ancora più difficile presso il Monte della Maiella, dalla quale si allontanò soltanto per recarsi da papa Gregorio X e vedersi riconosciuta la sua Congregazione, sorta da un ramo dei benedettini e chiamata inizialmente “dei frati di Pietro da Morrone” (poi Celestini), nata presso l’Eremo di Sant’Onofrio al Morrone. Nel 1273 la sua Congregazione rischiava però la soppressione ed egli dovette recarsi a Lione per il Concilio II dove fu accolto con favore, tanto che si dice che ottenne la Bolla di conferma del suo ordine 46 giorni prima del Concilio; intanto la sua figura aveva già odore di santità per la vita che conduceva tanto che il Papa stesso gli chiese di celebrare Messa.

Eremo di Sant'Onofrio a Morrone

Ma il momento decisivo fu la morte di papa Niccolò IV. L’elezione del nuovo Pontefice fu lunghissima e difficile. Le prime problematiche arrivarono con le sedi del Conclave che cambiavano ogni momento, prima a Santa Maria sopra Minerva, poi a Santa Maria Maggiore e infine sull'Aventino presso il monastero di Santa Sabina. L’arrivo della peste complicò ancora di più la situazione e come se non bastasse il morbo colpì anche il cardinale Cholet che in poco tempo morì, riducendo a soli 11 membri il numero del collegio cardinalizio. Finita l’epidemia le difficoltà tornarono per la scelta del luogo del Conclave e soltanto un anno dopo la sospensione si riuscì a riprendere i lavori, questa volta a Perugia, ma ancora senza fortuna: i cardinali non riuscivano ad eleggere il nuovo Pontefice, soprattutto per le due posizioni antitetiche che da una parte sostenevano il Colonna (dell’omonima famiglia) e dall’altra tutti gli altri cardinali, portando anche un profondo malcontento nella popolazione.

L’arrivo a Perugia di Carlo d’Angiò che necessitava dell’avallo pontificio per il trattato che avrebbe messo fine all’occupazione aragonese della Sicilia con il re di Napoli e Giacomo II re di Aragona, fu un evento che mise fretta per la fine del Conclave stesso anche se il re fu poi cacciato in malo modo. Ma Pietro da Morrone aveva predetto cattivi castighi alla Chiesa se non si fosse provveduto all’elezione del Papa e la profezia, portata in Conclave dal cardinale Decano Latino Malabranca, fece il suo lavoro: il religioso, forse per trovare velocemente una soluzione, forse anche per la particolarità della sua figura, indicò proprio lo stesso Pietro come il successore del Papa, per il suo carisma e la notorietà che il suo personaggio aveva in Europa. E così avvenne. In realtà si dice che fu Carlo d’Angiò a recarsi dall’uomo e a convincerlo a scrivere quella lettera per la Congregazione per porre finalmente rimedio e fine al Conclave per arrivare finalmente all’elezione di un Papa, che forse lo stesso re già si immaginava essere lo stesso Pietro.

Un altro eremo di Celestino V

Qualche giorno dopo Pietro, vide arrivare tre ecclesiastici che gli dettero la notizia dell’elezione al soglio pontificio. Lui, «un uomo vecchio, attonito ed esitante per così grande novità -con indosso- [...] una rozza tonaca», rimase sgomento di fronte alla notizia; inizialmente pensò di rifiutare l’incarico poi si girò verso il crocifisso e cominciò a pregare. Alla fine dopo una lunga meditazione Pietro accettò il nuovo incarico e, a conferma della vicinanza con Carlo d’Angiò, partì con lui e il figlio Carlo Martello, sopra un asinello e il 29 agosto 1294 nella chiesa di Collemaggio a L’Aquila, venne incoronato Papa con il nome di Celestino V.

Di lui resta la cosiddetta Bolla del Perdono che avrebbe poi dato vita alla famosa Perdonanza, una celebrazione religiosa che tuttora viene tenuta a L’Aquila tra i vespri del 28 e il tramonto del 29 agosto (le date che ricordavano la sua nomina) in cui tutti quelli veramente pentiti dai propri peccati avrebbero ricevuto l’indulgenza plenaria recandosi nella chiesa di Collemaggio. Il rito anticipava di qualche anno il più famoso Giubileo, che verrà istituito ufficialmente nel 1300 dal suo successore Bonifacio VIII.

Santa Maria a Collemaggio a L'Aquila

Il Pontificato di Celestino era di fatto però in mano a Carlo d’Angiò che fu nominato maresciallo del futuro Conclave, mentre Celestino firmò quel trattato che di fatto sanciva alla morte del re, che la Sicilia tornasse in mano aragonese. La sua reggenza fu anche caratterizzata da una notevole ignoranza, oltre che da una ingenuità: se fino a quel momento la lingua parlata era il latino con Celestino V, un uomo di umili origini che aveva studiato poco e niente e non sapeva molto delle opere classiche, fu sostituita dal volgare portando però ad una confusione totale nell’amministrazione del Pontificato, con cariche che venivano spesso duplicate per errori di comprensione.

Nonostante le pressioni di Carlo d’Angiò che di fatto premeva per la presenza di Pietro al soglio pontificio dopo soli 4 mesi Celestino V il 13 dicembre 1294, durante un concistoro, lesse la sua famosa rinuncia:

«Io Papa Celestino V, spinto da legittime ragioni, per umiltà e debolezza del mio corpo e la malignità della Plebe [di questa città], al fine di recuperare con la consolazione della vita di prima, la tranquillità perduta, abbandono liberamente e spontaneamente il Pontificato e rinuncio espressamente al trono, alla dignità, all'onere e all'onore che esso comporta, dando sin da questo momento al sacro Collegio dei Cardinali la facoltà di scegliere e provvedere, secondo le leggi canoniche, di un pastore la Chiesa Universale»

Celestino V, fu incarcerato dai soldati nella Rocca di Fumone, castello dei territori di Caetani, il nuovo Papa, dove morì il 9 maggio 1296, debilitato dalla deportazione e soprattutto dalla prigionia.

Alcune voci vorrebbero che la morte di Celestino in realtà non sia stata naturale bensì per volere di papa Bonifacio VIII che ne avrebbe commissionato l’assassinio: le perizie sulla sua morte del 1313 e del 1888, hanno evidenziato un foro nel cranio del defunto Papa che è stato ricondotto da alcuni ad un chiodo di 10 centimetri, mentre da altri ad un ascesso di sangue. L’ipotesi dell’assassinio di Celestino venne supportata anche nel 1630 dall’Abate Generale della Congregazione dei Celestini ma senza fortuna e di fatto la Chiesa non l’ha mai avvalorata. La perizia del 2013, l’ultima in ordine di tempo, sostiene invece che quel foro sarebbe davvero un colpo inferto però solo molti anni dopo la sua morte. Durante la ricognizione, fatta a seguito del terribile terremoto dell’Aquila del 6 aprile 2009, venne notato anche lo scioglimento della maschera di cera posta a suo tempo sul suo volto che venne sostituita con un’altra d’argento assieme ai suoi paramenti.

Il volto della maschera d'argento di Celestino V

Il 5 maggio 1313 Celestino venne canonizzato da papa Clemente V, dopo varie sollecitazioni da parte di Filippo il Bello che riportava (si dice) la volontà popolare, ma come confessore e non come martire come invece avrebbe voluto il re di Francia.

Della sua rinuncia tanto è stato detto e moltissime sono le ipotesi che la riguardano. Alcuni sostengono che Celestino sia stato molto vicino ai Templari e che avrebbe avuto da loro alcune reliquie, fra le quali anche la Sacra Sindone, e che in quel breve pontificato avrebbe fatto il lavoro che doveva fare per aiutarli, per poi decidere di abbandonare definitivamente. Difficile dirlo in breve tempo. La storia è lunga e lo vedremo presto in un nuovo appuntamento!

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