di Chiara Sacchetti
Dal latino
Bacchanalia, i Baccanali erano le feste religiose dell’Antica Roma in onore di Bacco,
il dio del vino. La natura di queste celebrazioni sfociava spesso in lussuria
ed eccessi, con orge, balli e bevute del cosiddetto nettare degli dei, tanto
che ancora oggi con questo termine vengono identificate feste esagerate in cui
avvengono eventi irripetibili. Nella realtà i Baccanali erano essenzialmente un
culto misterico, inizialmente riservato alle sole donne, le Baccanti, che nel
tempo poi si aprì anche agli uomini ma a cui dovevano partecipare solo ed
esclusivamente gli iniziati. Nonostante quindi la fama che nel tempo questi
rituali hanno preso e mantenuto, queste celebrazioni
devono essere lette come rituali propiziatori alla fertilità della terra.
Secondo lo storico Tito Livio, la nascita del culto nell’Antica Roma deve essere ricercato nella figura di un sacerdote indovino di origine greca, abitante nell’Italia meridionale che si trasferì poi in Etruria dove fece conoscere i culti dionisiaci. Qui però le celebrazioni degenerarono e presero caratteristiche orgiastiche. Le cerimonie poi arrivarono anche a Roma grazie alla sacerdotessa Annia Pascullia, dove già erano conosciuti i riti dedicati a Dioniso confondendosi e fondendosi però con quelli Etruschi. Nell’Urbe questi rituali avvenivano tre volte l’anno, di notte nel bosco di Semele (Stimula) vicino all’Aventino e vi partecipavano soltanto le più importanti matrone romane; con l’arrivo dei rituali etruschi i Baccanali mutarono, cominciando a svolgersi cinque volte al mese ed ammettendo anche gli uomini. Con questi cambiamenti però lentamente iniziarono a farsi insistenti le voci che durante questi incontri si compiessero le peggiori scelleratezze ed intemperanze, destando sospetti e dubbi sulla loro regolatezza.
Sarcofago con i riti del culto dionisiaco
Cosa
accadeva veramente durante questi rituali non è del tutto chiaro e le fonti
mancano di molti dettagli. Di certo sappiamo che quasi sicuramente avvenivano
in aperta campagna, fuori quindi dalla città e probabilmente anche dai templi,
in luoghi appartati e poco visibili agli estranei. Prima del rituale si
facevano dei sacrifici di animali mentre le baccanti accendevano delle torce vicino
all’altare e l’iniziato di turno era velato. Venivano poi fatte delle letture
sacre e consacrate le offerte. Fra i riti quello più importante era quello del liknon, un vaglio mistico che veniva
fatto passare sopra la testa dell’iniziato stesso; una volta terminata tutta la
celebrazione, ormai a notte fonda, si dava inizio alle orge a cui prendevano
parte soprattutto le donne che si abbandonavano a danze e specialmente ad atti
di violenza contro uomini e animali.
Nel 186 la
liberta Ispala Fecenia raccontò al console Sp. Postumio Albino cosa avveniva
durante quelle cerimonie. Ne seguì un’inchiesta che soverchiò una setta della
quale furono accusate oltre 7000 persone che praticavano la violenza sessuale
reciproca, sodomia compresa, specialmente sui neofiti. Capi della setta
risultarono due plebei romani, Marco e Gaio Atinio, Lucio Opiterio di Falerii e
il campano Minio Cerrinio furono riconosciuti soltanto iniziati ai misteri, ma
innocenti di qualunque altra turpitudine o delitto e per questo furono soltanto
imprigionati. Quelli che si erano macchiati di stupri, omicidi o frodi, furono
puniti di pena capitale, comprese le donne.
Cesare Maccani, Ispala Fecenia racconta cosa accade durante i Baccanali
A seguito di
questo evento furono sciolte tutte le associazione bacchiche e fu emanato il
famoso Senatus consultus de Bacchanalibus
un senatoconsulto che proibiva la costituzione per il futuro di una nuova setta
di questo tipo.
Con questo
organo venivano così proibiti in generale i riti bacchici, e se ne permetteva
la celebrazione soltanto in qualche caso straordinario, solo previa
l’autorizzazione del senato, a condizione che al rito non partecipassero più di
cinque persone alla volta, due uomini e tre donne.
Nessun commento:
Posta un commento