lunedì 28 ottobre 2019

Le origini di Halloween

di Chiara Sacchetti

Breve parentesi (anche se non del tutto) dei nostri studi sulle divinità e sul Femminino Sacro per dedicarci, in occasione della festività, alla ricorrenza di Halloween, o, come detto in italiano, Ognissanti.
“Dolcetto o scherzetto?” Per chi abita in America è una cantilena che va avanti da sempre, gruppi di bambini, vestiti con costumi delle più strane e paurose creature, vanno in giro nei quartieri con villette a schiera, a bussare alle porte chiedendo, con questa inarrestabile  nenia, caramelle e dolci, a chi ci abita. E se non ne hanno? Beffe e burle contro di loro e soprattutto l’abitazione!

Caramelle Candy Corn tipiche del periodo di Halloween


Ma da dove nasce questa tradizione che sta prendendo piede anche in Italia? L’origine di questa festa è ambigua e potrebbe derivare da molteplici antiche usanze.
Fra le numerose ricorrenze degli antichi romani, per esempio, esistevano i cosiddetti Parentalia, delle feste private in onore dei propri defunti che si svolgevano dal 13 (Idi) al 21 Febbraio, giorno in cui si celebravano i Feralia: si trattava della vera e propria festa dei morti, questa volta a carattere pubblico ed erano così chiamati dal verbo latino “fero” (portare) perché i vivi portavano doni e offerte ai defunti come ci racconta Ovidio.  Tali celebrazioni si credeva fossero state istituite dallo stesso Enea, e le Vestali facevano sacrifici per tutta la comunità. Durante questi giorni, si immaginava che i morti potessero vagare liberamente tra i vivi, non sappiamo con quali intenzioni e per questo venivano lasciate ai bordi delle strade delle ciotole con cereali, soprattutto farro, sale, pane bagnato nel vino e fiori di viola per loro. Ogni attività, anche di carattere pubblico, era sospesa per dedicarsi ai propri trapassati, i templi chiusi, il fuoco sacro spento, nessun matrimonio celebrato. Il giorno successivo (22 febbraio) si celebravano le Caristie, banchetti funebri durante i quali venivano risolte anche le varie contese familiari.

Pompei, Casa di Giulio Polibio, celebrazioni delle Caristie

Sempre fra le celebrazioni del calendario dell’Antica Roma, troviamo, questa volta nel mese di maggio, i Lemuria, tre giorni (9, 11 e 13) durante i quali si dovevano placare le anime vaganti dei defunti; per fare questo il pater familias gettava alle sue spalle alcune fave nere per 9 volte recitando delle formule propiziatorie.
Ma il contatto mondo dei vivi e regno dei morti era qualcosa che per gli antichi, greci e romani, andava oltre alle festività e il mito di Demetra (o Cerere), madre di Persefone, che scende nell’Ade alla ricerca della figlia, è il simbolo di questo forte e profondo legame, ma allo stesso tempo di timore e rispetto verso i defunti. Questo racconto viene collegato anche al Caeresis Mundus, una porta che veniva aperta tre volte all’anno (24 agosto, 5 ottobre e 8 novembre): erano questi i giorni durante i quali tutte le attività, guerra compresa, venivano interrotte. Secondo la credenza, l’apertura della fossa metteva in comunicazione i due mondi rendendo questo periodo molto pericoloso, non tanto per la paura dei morti fra i vivi, quanto perché il Mundus avrebbe potuto attrarre i vivi, specie durante scontri e battaglie. Ma cosa era questo passaggio? Durante la fondazione della città romana, venivano tracciate due strade perpendicolari, il Cardus Maximus e il Decumanus Maximus, le vie principali da cui poi si sarebbe sviluppata l’intera urbe. Il loro punto di intersezione, umbilicus per i romani e omphalos per i greci, era certamente il luogo più importante, come punto di origine del ”tutto” e non a caso può essere visto come simbolo dell’utero materno. È qui che veniva prima scavata una fossa circolar e poi successivamente coperta con delle lastre di pietra, a simbolo della volta celeste. Era qui che il mondo dei vivi e quello dei morti potevano entrare in contatto, anzi si potrebbe pure pensare che il passaggio fosse un punto terrestre di comunicazione fra il cielo, dove vivevano gli Dei, e il mondo sotterraneo del regno dei morti. Ma lo vedremo in modo più approfondito in un prossimo articolo!
Più vicino ad Halloween come noi oggi lo conosciamo pare la festività della Samhain, antica festa pagana celtica, che si celebrava fra il 31 ottobre e il 1° novembre, quando per la tradizione avveniva il passaggio tra il vecchio e il nuovo anno; essa è anche legata al lavoro nei campi e unica menzionata nel Calendario di Coligny. Questa parola avrebbe origini dal gaelico e significherebbe “summer’s end”, con essa si metteva fine a tutti quei lavori dei mesi precedenti fatti per assicurarsi provviste e nutrimento per i mesi più freddi e durante i quali l’agricoltura e l’allevamento sarebbero andati a riposo, anche se nella realtà non del tutto . La festa in ogni caso serviva per celebrare l’arrivo dell’inverno, una sorta di rito di passaggio, ma soprattutto per propiziare le divinità affinché riportassero la primavera per ricominciare “a vivere”. E proprio come nell’inverno sembra tutto morire (solo apparentemente perché sottoterra in realtà continua la vita) anche in questa festa la morte era il tema principale: i celti credevano che il 31 ottobre Samhain richiamasse gli spiriti dei morti che vivevano nel Tir nan Oge (un luogo di eterna giovinezza) sulla terra e che si potessero unire ai vivi andando contro a tutte le leggi naturali. Si pensava, infatti, che i trapassati in questa giornata particolare “fuori dal tempo” facessero ritorno alle loro dimore e riprendessero le abitudini che avevano in vita. Ci si radunava quindi nei boschi per dare vita alla celebrazione dell’accensione del Fuoco Sacro, vicino alla collina di Tara, e fare sacrifici animali (anche se non si escludono nell’antichità anche umani). Si spegnevano tutti i vecchi fuochi e ognuno ne prendeva uno nuovo dal Sacro Falò: era un rituale così importante che si pensava che «chi non veniva ad Emain in occasione della notte di Samhain perdeva la sua ragione.  In tale occasione si provvedeva ad alzare il tumulo, la tomba e la mattina seguente la sua pietra tombale», come ci racconta un antico testo celtico.

Celebrazione irlandese della Samhain

Quando celti e romani entrarono in contatto molte delle tradizioni furono considerate pagane e per questo cancellate, ma alcune, come la festa dei morti, subirono solo trasformazioni e adattamenti andando così a integrarsi, seppur con alcune differenze, nella stessa società romana. La prima celebrazione avvenne il 13 maggio (uno dei tre giorni dei Lemuria) del 609 d.C. in occasione della consacrazione del Pantheon alla Vergine Maria,  ma fu poi nel 998,  che Odilone di Cluny istituì  la festa di Ognissanti il 1° novembre, e dedicare il giorno successivo a tutti i  defunti. Ma è con papa Gregorio IV nel IX secolo che la festa fu riconosciuta da tutta la Chiesa Cattolica, con la sola eccezione dei Cristiani ortodossi che sono rimasti fedeli all’antica celebrazione del 13 maggio.
Con la carestia del XIX secolo che investì l’Irlanda molti abitanti dell’isola decisero di emigrare nel Nuovo Mondo alla ricerca di fortuna, andando a formare una forte e nutrita comunità dove le tradizioni continuavano a vivere. Fu così che Halloween, prese pian piano piede anche in America fino a trasformarsi nella festa che anche noi europei conosciamo, grazie soprattutto ai vari film sull’argomento e che stiamo cominciando anche noi a celebrare.

Jack o' Lantern

Simbolo principale della ricorrenza è la zucca scavata con una candela dentro, che sembra derivare dalla leggenda irlandese di un certo Jack O’Lantern. Quest’uomo, un fabbro ubriacone sempre alla ricerca di guai, una sera si trovava a bere in un pub quando gli apparve il diavolo che voleva la sua anima. L’uomo, astuto, gli chiese un’ultima bevuta prima di andare e quindi di trasformarsi in una moneta per poter pagare, ma Jack anziché bere, mise il soldo nel suo borsello accanto ad una croce d’argento. Il diavolo, per farsi liberare, promise di lasciarlo stare per dieci anni. Passato però quel tempo tornò reclamando di nuovo l’anima dello sfortunato che questa volta gli chiese una mela da un albero prima di andare. Il diavolo si trasformò nel frutto ma l’uomo incise sul tronco una croce così da rendere impossibile il suo ritorno alle sembianze originarie. Dopo un lungo litigio i due arrivarono ad un accordo, la liberazione di entrambi per sempre. Ma non molto tempo dopo Jack morì per la sua vita troppo al limite e la sua anima fu rifiutata dal Paradiso; quando arrivò alla porta dell’Inferno anche il diavolo lo rinnegò costringendolo a vagare per l’eternità sulla Terra: quando questi fece notare il freddo del clima circostante, il diavolo gli scagliò un tizzone rovente che Jack mise dentro una rapa svuotata. La rapa, ortaggio poco presente in America, fu presto sostituita da una zucca e fu così che cominciò la leggenda!

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