di Chiara Sacchetti
Quello delle Madonne del Parto è un tema molto complicato e
difficile da affrontare, sia per la complessità e la molteplicità delle letture
e supposizioni che per i collegamenti con altre problematiche simili, ma anche
per la scarsità di documenti certi da proporre a supporto di tali teorie. Ma
proviamo a vederlo assieme.
È una raffigurazione che si trova principalmente in Toscana
almeno fino ad oggi e in un periodo di tempo abbastanza limitato che va dall’inizio
del XIV secolo, per poi cominciare ad affievolirsi nel secolo XV fino a
terminare con la celeberrima opera di Piero della Francesca a Monterchi nella
provincia aretina (1455-65 circa). Questo periodo circoscritto, (e lo vedremo),
ha sicuramente un significato e una motivazione che deve essere ricercata anche
(ma non solo), nel rapporto che queste opere pittorico-simboliche avevano con
l’Ordine dei Cavalieri Templari, soppressi nel 1312 per volere di Clemente V.
Maria Platytera icona bizantina |
Bernardo Daddi, Madonna del Parto, chiesa di Monterchi (Arezzo) |
Maria in questa iconografia tiene nella mano sinistra, (solitamente
quella con cui sorregge il Bambino), un libro chiuso, chiaro significato del
Verbo quando ancora la Parola
di Dio non si era manifestata, appoggiato al grembo, quasi a volerlo proteggere.
Vi è una sola anomalia a questo schema, ossia l’opera attribuita a Bernardo
Daddi e conservata al Museo dell’Opera del Duomo di Firenze, dove il libro che
tiene in mano la Vergine
è inspiegabilmente aperto per una evidente diversa chiave di lettura o se
preferiamo un diverso messaggio simbolico. La sua veste è di color rosso
ricoperta da un mantello blu, come del resto tutte le altre Madonne del Parto,
ad eccezione di quella (sempre attribuita a Bernardo Daddi) che si trova nella
chiesa di San Francesco di Paola nella omonima piazzetta a Firenze. Qui Maria,
al contrario, ha il manto bianco con un orlo di verde marino, mentre restano
invariati sia la veste rossa che il libro chiuso.
Bernardo Daddi, Madonna del Parto, chiesa di San Francesco di Paola, Firenze |
Questi due colori possono essere letti anche con un significato di tipo alchemico che
rimanda a due dei tre colori, e quindi le fasi, che danno vita all’Opera nel
processo di trasformazione degli elementi: se il primo è il Nero, dove la
materia è ancora dissoluta e oscura, (forse anche come il Blu dei manti delle
altre Madonne), il Bianco è la materia purificata che viene fuori pronta per
essere plasmata della veste regale, purpurea, ossia il Rosso.
Vessillo dei Cavalieri Templari con una croce patente rossa in campo bianco e nero, forse riferimento alla trasformazione alchemica della materia |
Se andiamo a vedere altre opere o altri raffigurazioni
possiamo notare che questi tre colori che potremo tranquillamente definire
ricorrenti, sono anche quelli che caratterizzano la simbologia e i vessilli dei
Cavalieri Templari, riconoscibili proprio per una Croce patente rossa in campo
bianco e nero. Ma non solo. Anche le donne degli appartenenti ai Fedeli
d’Amore, un gruppo di letterati, di cui ricordiamo fra i più famosi Dante
Petrarca e Boccaccio, attraverso un linguaggio criptico segreto, trasmettevano
la vera Sapienza solo per pochi eletti, vestendo proprio di questi tre colori.
Questi poeti–scrittori, consideravano l’Amore come una pura indiscussa fonte di
energia che da movimento ed equilibrio a tutto l’Universo, trasmettendolo verso le donne che stimavano e
amavano come veicolo primario di una via iniziatica che le avrebbe condotte
fino al raggiungimento di una più pura e alta Conoscenza. In altre parole,
donne come Beatrice o Laura nella realtà, secondo una teoria relativamente
recente, sono sarebbero mai esistite ma rappresenterebbero soltanto il
filosofico viatico per giungere a tale sublime mèta. Ma questo lo vedremo in un
altro più approfondito articolo.
La Mistica Rosa dei Fedeli d'Amore |
Non è ancora tutto. Vi
è un’idea, quasi coeva a quella dei Fedeli d’Amore di un sacerdote cattolico,
tale Robert John, in cui si sostiene
l’esistenza di numerosi indizi che porterebbero a pensare che lo stesso Dante
sarebbe stato con ogni probabilità molto vicino all’Ordine dei Cavalieri
Templari: nei testi del Sommo Poeta infatti sarebbero molti gli elementi che
proverebbero l’esistenza di un linguaggio e di una conoscenza segreta, rivelata
attraverso allegorie e simboli e che soltanto altri Fratelli del suo pari
sarebbero in grado di comprendere.
In quest’ottica la
Madonna del Parto diverrebbe immagine iconografico-simbolica del Fiore Sapienziale, lo stesso Fiore che per i Fedeli d’Amore era
il Giglio e che si trasforma poi nella Rosa bianca e rossa che nella tradizione
islamica, rappresentava l’Armaiti termine che introduce l’iniziato nei
filosofici giardini dell’estasi. Nella
tradizione cabalistica, invece, la rosa bianca e rossa era simbolo dell’ultima
emanazione divina (Scheckinah),
avente caratteristiche simili se non uguali
alla Beata Vergine. Lo stesso Dante
associa il fiore a Maria, immagine della stessa Chiesa e della candida rosa dei
beati.
Nessun commento:
Posta un commento