giovedì 2 dicembre 2021

La porta magica del marchese di Palombara a Roma

di Mario Pagni

Medaglione posto sull'architrave della porta

“Il Giardino Alchemico rimane chiuso per chi non ha i piedi per camminare e seguire le orme della Natura” Da: Atalanta Fugiens, di M. Mater, Emblema XXVII

Difficile se non impossibile al giorno d’oggi non solo capire ma probabilmente anche riuscire ad immaginare o meglio percepire, ciò che gli antichi alchimisti hanno voluto insegnarci e tramandarci a livello di Tradizione e Conoscenza occulta. Esistono tanti testi scritti in materia soprattutto di matrice divulgativa e non certo per approfondire la materia stessa, che da secoli fluttuano sulla verità rivelata senza però mai svelarla. L’idea che ci siamo fatti giusta o sbagliata che sia è che l’Alchimia nel corso dei secoli dall’esperienza prima Egizia e poi Araba, non sia mai stata realmente sostituita da nessun’altra vera esperienza conoscitiva, meno che meno dalla chimica moderna che si è limitata ad acquisire solo in parte alcuni dettami di essa senza mai penetrare in alcun modo i veri segreti tramandatici dai tempi di Ermete Trismegisto. Tali segreti passati da maestro ad adepto, sono sempre rimasti tali proprio perché dovevano rimanere tali e assolutamente non rivelati. Erano i segreti legati alla Natura e alle sue periodiche e catartiche trasformazioni dalla quale l’uomo moderno “in ben altre faccende affaccendato” si è progressivamente e spesso volutamente distaccato.

Esistono però ancora oggi segnali e simboli di questa strana e misteriosa materia non solo descritti su testi antichi e recenti ma anche rappresentati in monumenti reperti e opere d’arte come quella che stiamo per descrivere. Narra la leggenda che un giorno, mentre passeggiava tra i viali ombrosi della sua villa, il marchese Massimiliano Palombara udì una voce e come in un sogno gli apparve San Giovanni che gli rivelò i segreti dell’alchimia, della pietra filosofale e della trasmutazione.

Attuale sistemazione della Porta Alchemica

Se sia andata proprio così è difficile dirlo ma è un fatto che, dopo quella visione, il marchese si fece costruire un laboratorio proprio accanto alla sua villa e lì, tra alambicchi e formule magiche, si dedicò allo studio del mistero della pietra filosofale,  lo zenith della ricerca di ogni occultista. Poco alla volta il nome del marchese Palombara iniziò a circolare in tutti gli ambienti esoterici dell’Urbe.

La” vox populi” racconta che una notte del 1660 un enigmatico pellegrino (si pensa che fosse tal Francesco Giustino Bono, famoso alchimista del tempo) si presentò alla villa del marchese in cerca di ospitalità.

Giovanni Stradano il laboratorio dell'alchimista

Generosamente Massimiliano Palombara gli aprì le porte della sua dimora e gli offrì un riparo. Al mattino però il misterioso viandante rivelò di essersi spinto fin lì per trovare un ambiente adatto nel quale dedicarsi nientemeno che alla creazione della Pietra Filosofale..

Chiese quindi al marchese di poter utilizzare il suo splendido e funzionale laboratorio. Ottenuto questo permesso, il pellegrino trascorse tre giorni chiuso nel gabinetto scientifico del marchese, a mescolare erbe magiche ad alcuni ignoti elementi chimici. Dopodiché scomparve ancor più misteriosamente di com’era arrivato.

Villa palombara sede del laboratorio alchemico

Nessuno fu in grado di dire quale fine avesse fatto lo sconosciuto, il quale però, a testimonianza del buon esito dei suoi esperimenti, aveva lasciato proprio sul tavolo del laboratorio alcuni grammi di oro purissimo e, vicino al prezioso metallo, un foglio in pergamena con sopra annotata una formula misteriosa: in quelle frasi latine e in quei segni cabalistici si racchiudeva forse il segreto dell’oro.

 

Formule misteriose nella Porta Magica

Schema dei simboli incisi su architrave e stipiti della porta alchemica

Il marchese Palombara, malgrado gli sforzi e lo studio, non riuscì mai a venir a capo dell’enigmatico testo capace di trasformare un vile metallo in oro e per fissare nel tempo quella scoperta, fece incidere sullo stipite della porta del laboratorio (l’attuale Porta Magica, appunto) la formula misteriosa.

Dopodiché, sul gradino della stessa porta, fece aggiungere una scritta: “Est opus occultum veri Sophi aperire terram ut germinet salutem pro populo” (ossia: “È opera occulta del vero saggio aprire la terra affinchè generi salvezza per il proprio popolo”), sottolineando con ciò quale fosse la missione vera di ogni studioso di esoterismo.

In tanti, nel corso dei secoli, hanno provato a decifrare il segreto della Porta Magica e in tanti si sono dovuti arrendere dinanzi a quelle iscrizioni latine che prevedono insoliti prodigi : “Quando nella tua casa neri corvi partoriranno candide colombe, allora sarai chiamato sapiente; oppure: “Chi sa bruciare con l’acqua e lavare con il fuoco fa cielo della terra e del cielo cosa preziosa”.

Il marchese Massimiliano Savelli Palombare

Non esistono conclusioni di questo breve scritto un po’ come tutte le vere cose alchemiche. Per chi però volesse approfondire l’argomento e magari andare a Roma a vedere la Porta Magica, occorrerà sapere che la sua attuale collocazione non è quella originaria e anche i “guardiani” posti a fianco dell’ingresso sono statue comunemente definite “Bes” ritrovate nel 1888 durante gli scavi sul colle del Quirinale. Questo nome è da sempre attribuito dagli egittologi ad una divinità dell’antico Egitto con evidenti caratteristiche “mascoline” peraltro non presenti nel caso in questione. Chi le ha collocate a suo tempo forse sapeva dell’attinenza fra le due sculture e la porta stessa se non altro perché la disciplina alchemica ha indubbie origini con questa grande e sapienziale civiltà antica.

La porta magica con i guardiani ai fianchi i due Bes


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