di Mario Pagni
Quadratura del cerchio |
Un cerchio e la sua
"quadratura", hanno la stessa area
La quadratura del cerchio, assieme al problema della trisezione dell'angolo e a quello della duplicazione del cubo, costituisce un problema classico della geometria greca. In sostanza quello della quadratura del cerchio non è altro che un problema di matematica (più precisamente di geometria) il cui scopo è costruire un quadrato che abbia la stessa area di un dato cerchio, con uso esclusivo di riga e compasso.
Storia e descrizione del problema
Il problema
risale alle origini della geometria, e ha tenuto occupati i matematici per
secoli. Fu solo nel 1882 che l'impossibilità venne provata rigorosamente, anche
se i geometri dell'antichità avevano afferrato molto bene, sia intuitivamente
che in pratica, la sua intrattabilità.
Trovare una
soluzione richiederebbe la costruzione del numero (infatti l'area del cerchio è quindi un quadrato con area deve avere lato pari a).
L'impossibilità
di una tale costruzione, con le limitazioni imposte dall'uso esclusivo di riga
e compasso, deriva dal fatto che π è un numero trascendente, ovvero
non-algebrico, e quindi non-costruibile. La trascendenza di π fu dimostrata da
Ferdinand von Lindemann proprio nel 1882.
La soluzione
del problema della quadratura del cerchio con riga e compasso implicherebbe
quindi trovare anche un valore algebrico per π il che si è dimostrato
impossibile dopo il lavoro di Lindemann. Ciò non implica invece che sia
impossibile costruire un quadrato la cui area sia per approssimazione molto da
vicino quella del cerchio dato.
La "quadratura del cerchio"
come metafora
Come già ricordato nel 1882 Ferdinand von
Lindemann pubblicò la dimostrazione della trascendenza di pi greco.
Precedentemente egli aveva già dimostrato che se pi greco fosse stato
trascendente, allora l'antico problema della quadratura del cerchio con riga e
compasso ovvero attraverso risoluzione grafica sarebbe stato irrisolvibile.
Fino a quel momento erano stati innumerevoli i tentativi della quadratura
matematica del cerchio, tanto che l'espressione era (ed è) diventata sinonimo di
un'impresa vana, senza speranza o priva di un significato concreto. In senso
meramente letterario, l'espressione "quadratura del cerchio", viene
infatti spesso usata per indicare la soluzione perfetta ad un dato problema
(anche se, come abbiamo visto, non esiste).
In
architettura quando una struttura nascente volutamente di forma rotonda, tipo
le cupole, o le pseudo volte a calotta, è stato usato sia nello stile romanico
che nello stile gotico, una sorta di sostegno proprio di forma quadrata. I pilastri
dell’incrocio fra nave principale e transetto (per esempio di una chiesa), partendo da terra, dovevano arrivare ad una
certa altezza a sostenere proprio un telaio di forma quadrata. La trasmissione
dei pesi della sovrastante volta circolare (o a calotta) sul quadrato stesso,
avveniva attraverso la distribuzione e lo sfruttamento strutturale dei cosiddetti pennacchi laterali “unghiati” che
raccordavano in maniera egregia le due diverse figure geometriche. Questi
pennacchi laterali posti ai quattro angoli del quadrato di sostegno, assumevano
la forma triangolare per esercitare meglio la funzione di scarico dei pesi
della cupola sulla pilastratura sottostante. Era questo un modo intuitivo ma efficace dal
punto di vista delle spinte che provenivano dall’alto, per contrapporsi alle
medesime, fornendo alla struttura solidità e eleganza di risoluzione
architettonica. I pennacchi sono stati da sempre usati anche in antico per
risolvere coperture del tipo a “Tholos” sia per l’architettura greca che per
quella prima etrusca e poi romana con assoluta costante efficacia.
Copertura a calotta su pennacchi |
In fondo pur
non avendo risolto il problema suesposto della “quadratura del cerchio” era
anche questo un “metodo” per far si che le due forme geometriche, trovassero un
accordo strutturale fra loro. Dal punto di vista simbolico invece, non
dimentichiamoci che da sempre il quadrato rappresenta la terra, mentre il
cerchio sarebbe l’espressione della perfezione “divina”. La loro
sovrapposizione che come sappiamo passa da altre figure geometriche quali
esagono e ottagono, non può che avvenire quindi con una certa difficoltà, non
solo di rappresentazione, ma anche come concetto simbolico di passaggio tra
realtà terrena e trascendente.
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