lunedì 7 giugno 2021

La lettera del Diavolo reliquia o creazione di una mente malata?

di Chiara Sacchetti

È una delle reliquie meno conosciute ma avvolte da un alone di mistero che forse, oggi, a distanza di molti secoli potrebbe aver trovato qualche risposta.

Stiamo parlando della Lettera del Diavolo, un messaggio che nel 1676 Suor Crocifissa avrebbe scritto sotto dettatura del terribile Demonio e che è stato anche fonte di ispirazione per autorevoli autori come Tomasi di Lampedusa (del quale la religiosa era anche una antenata) e Andrea Camilleri, famoso autore del Commissario Montalbano.

Isabella Tomasi Suor Crocifissa

La storia, non del tutto certa, iniziò il 7 ottobre 1660 quando Isabella Tomasi entrò nell’ordine benedettino nel monastero di clausura a Palma di Montechiaro dedicato al SS. Rosario che il padre aveva fatto costruire qualche anno prima, prendendo i voti con il nome di Maria Crocifissa della Concezione. Isabella era la seconda figlia del Principe di Lampedusa Giulio Tomasi e di Rosalia Traina, baronessa di Falconeri e Torretta: una famiglia, la sua, molto devota e cristiana che destinò tutti i figli alla vita religiosa.

Nel Monastero Isabella dedicò la sua esistenza alla meditazione, ai lavori più umili e soprattutto a ricercare una unione sempre più forte e profonda con Dio; per questo il vescovo di Agrigento, Ignazio d’Amico, decise di mandare tre gesuiti a controllare le voci che aveva sentito su di lei. Una volta giunti al SS Rosario, i tre religiosi conobbero e parlarono a lungo con Suor Crocifissa rimanendo impressionati da una così intima e irremovibile devozione e riferendo tutto al vescovo. In effetti la testimonianza di una sorella conferma questa profonda e sentita religiosità di Suor Crocifissa che viveva di penitenza  e accettava con gioia ogni malattia che il Signore le dava come anche perfino la sua prematura fine a soli 44 anni.

Monastero Palma di Montechiaro dedicato al SS. Rosario

Morta il 16 ottobre 1699 e dichiarata venerabile da papa Pio VI, Suor Crocifissa venne seppellita nel monastero dove ha vissuto.

Dalle cronache degli annali del Monastero stesso si legge che la notte dell’11 agosto 1676 una sorella (Suor Crocifissa) ricevette dal demonio in persona un biglietto autografo che il diavolo le chiese di firmare, ma la religiosa avendo capito il contenuto della lettera scrisse solamente «ohimè». La mattina seguente, tramortita da quello che aveva passato, Isabella raccontò tutto alle sorelle: durante la notte un gruppo di demoni era arrivato a farle visita nella sua cella e dopo una lunga battaglia era stata obbligata a scrivere quelle 14 righe. Ma oltre a quel messaggio ce ne sarebbero stati altri due che la suora si sarebbe rifiutata di scrivere e il cui segreto avrebbe portato con sé nella tomba. Quello che c’è di misterioso nella missiva, al di là della modalità con la quale sarebbe pervenuta, è sicuramente l’uso dei caratteri usati così incomprensibili e sconosciuti da renderne illeggibile il suo contenuto, almeno fino ad ora.

La Lettera del Diavolo

Grazie alla nuova tecnologia e in particolare ad un algoritmo messo a punto dal team di Ludun, recenti studi hanno tradotto questa lettera identificando i caratteri fra quelli dell’alfabeto greco, cirillico, latino, runico e quello del popolo degli Yadizi, considerati adoratori del diavolo. Secondo il direttore del gruppo di lavoro (in altre parole), l’alfabeto del testo sarebbe stato un’invenzione della sorella che forse soffriva di disturbo bipolare causato dallo stress della vita monastica e che avrebbe mischiato caratteri di varie lingue. La Chiesa ha ovviamente un parere opposto, ritenendo la missiva il risultato della lotta di Suor Crocifissa con il Maligno e dalla quale sarebbe uscita vincitrice tanto da farla beata poco tempo dopo la sua morte.

Oggi la misteriosa reliquia è custodita ancora nell’originale Monastero del SS. Rosario di Palma di Montechiaro, mentre si dice che una copia sia invece conservata nell’archivio della Cattedrale di Agrigento.

Difficile dire chi possa aver ragione in questa storia. Nella fede è per etimologia stessa qualcosa a cui si crede senza alcuna riserva, senza cercare comprensioni né tantomeno prove che dimostrino e attestino la veridicità, ma dall’altra esiste la scienza che visti i tempi  offre soluzioni e risposte che spesso coprono (o scoprono) quell’alone di mistero che tanto rende affascinante qualcosa.

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