lunedì 30 novembre 2020

I Catari

di Chiara Sacchetti

Il termine “cataro” viene dal greco καθαρός che significa «puro», appellativo con cui si definirono i primi seguaci del vescovo Novaziano che si elesse papa nel 251; alcuni storici invece sostengono che il termine derivi dalla parola greca “katha” ossia spurgo, poiché «trasudano tutti i loro vizi» e fu proposta per la prima volta dal teologo Alano di Lilla.

Croce catara

Questa corrente religiosa si diffuse nel Basso Medioevo, intorno all’XII secolo, nella Francia meridionale, probabilmente derivata da altre manichee, pauliciane e bogomile che attraverso i pellegrini e i crociati che tornavano in Europa o l’Impero Bizantino e i Balcani erano giunte fino in Francia.

A seguito della Riforma ecclesiastica di Gregorio VII con cui si cercava di contrastare i numerosi vizi presenti nella Chiesa e la cosiddetta “Lotta per le investiture”, con la quale il Papa di fatto accresceva il suo potere e la sua posizione a discapito dell’ingerenza dell’impero per la sua elezione, si contrapposero due correnti. Se da una parte c’era un folto gruppo d’accordo con questo rafforzamento, dall’altro nacque una nutrita schiera di coloro i quali mal vedevano questa situazione e si richiamavano ai primordiali principi di purezza e povertà evangelica come unica via per la redenzione e il Paradiso. Fra questi i Catari che attraverso la predicazione mettevano in luce agli occhi di tutti i fedeli le verità di corruzioni e vizi che da secoli esistevano e degradavano la Chiesa. Non è un caso infatti se la maggioranza dei focolai catari si potevano trovare nelle regioni dell’Europa meridionale in cui quella cristiana era sicuramente la religione più diffusa e in particolare in Francia dove molti signori, principi e feudali come i conti di Tolosa e di Foix, favorirono la propagazione di questa dottrina. Spesso gruppi di catari si stabilivano nei cosiddetti castra, piccoli borghi medievali soprattutto per la sicurezza di protezione che i signori del luogo potevano garantire loro e da dove iniziarono la loro guerra contro la Chiesa. Erano in particolare le aree più rurali quelle dove, come ricordano molti documenti, i Catari si stabilivano e vivendo una vita consacrata a Dio e al Vangelo, fatta di privazioni astinenza e castità e le loro case religiose erano sempre aperte. Era proprio in questi luoghi che le dame e i signori seguivano le cerimonie e addirittura alcuni decidevano di prendere i voti e dedicarsi alla vita religiosa.

giovedì 26 novembre 2020

Colonne e capitelli. Simbologia in cammino

di Mario Pagni

Castelnuovo dell'Abata, Pieve e Monastero di Sant'Antimo, Capitello d'ingresso

Come a sottolineare la prospettiva della navata centrale verso l’altare principale di una chiesa e a scandirne geometricamente gli spazi, le colonne e i capitelli ad esse sovrapposti, costituiscono una vera e propria trama che racconta la vita e le funzioni primarie del tempio stesso nel quale ci troviamo. Non è raro infatti che assieme ai consueti riutilizzi di precedenti manufatti di epoca romana e paleocristiana, vi siano inseriti elementi architettonici e decorativi coevi allo stile generale dell’edificio, in grado di raccontare simbolicamente vicende non solo bibliche, ma anche la semplice condizione umana dell’uomo del medioevo.  Già ben prima dell’apparire dello stile gotico infatti, nei capitelli sovrastanti sia colonne che pilastri delle pievi e delle chiese romaniche, trovavano spazio veri e propri racconti, composti da simboli e allegorie che aiutavano il fedele a capire meglio la realtà del luogo dove egli stesso si trovava e pregava.

lunedì 23 novembre 2020

La repressione della stregoneria. Il Tribunale dell'Inquisizione

di Chiara Sacchetti     

È il tribunale ecclesiastico più conosciuto, sorto, (seppur non con questo appellativo), agli inizi del XII secolo per volere di papa Gregorio IX che organizzò una nuova e più forte repressione contro gli eretici, nominando suoi delegati “inquisitori”, scelti prima fra i Domenicani, poi a partire dal 1245, con Innocenzo III, anche fra i Frati Minori. La struttura di questa potentissima istituzione si evolse nel corso dei secoli, facendo restare però immutato il suo obiettivo, ossia quello di reprimere e riportare sulla retta via “cristiana” coloro che con varie motivazioni ne uscivano. Papa Paolo III con la bolla “Licet ab initio” del 21 luglio 1542 istituì la Sacra congregatio Romanae et universalis inquisitionis seu Sacti uffici, con la quale nominò una commissione centrale composta da sei cardinali inquisitori, specialisti in materia di fede e con giurisdizione in tutto il mondo cristiano; dal 1908, anche se non si occupa più di stregoneria ed eresia, si chiama Congregazione del Santo Uffizio.

Stemma del Tribunale dell'Inquisizione

giovedì 19 novembre 2020

Dell’illuminazione e del simbolismo delle finestre delle chiese

di Mario Pagni

Abbiamo già accennato negli scritti precedenti sul simbolismo delle costruzioni di come durante il primo medioevo contrassegnato dallo stile romanico, le aperture e le finestre in particolare, praticate nelle pesanti strutture delle pievi e delle chiese del periodo, fossero di dimensioni assai ridotte con una elegante “strombatura” interna che però non corrispondeva all’effettiva superficie illuminante posta sull’esterno della parete. Gli storici dell’arte ma anche la religione cristiana, attribuiscono tale scelta come voluta, per permettere una maggiore capacità di concentrazione e raccoglimento interiore a chi all’interno del tempio si dedicava alla preghiera. I raggi del sole penetravano infatti con fatica all’interno della chiesa, creando una atmosfera quasi surreale, sottolineata da ricorrenti motivi decorativi e dalle sculture spesso volutamente inquietanti, poste sui capitelli e negli angoli dei robusti pilastri, in grado di trasmettere al fedele un senso di timore quasi reverenziale nei confronti del luogo sacro dove egli stesso si trovava. Tutto questo subì una notevole quanto risolutiva trasformazione nel successivo periodo gotico, caratterizzato da gigantesche finestre con arco a “ogiva” in grado anche di alleggerire le altissime pareti, e i rosoni posti  sia ai lati delle navate che sulla facciata e nell’abside, che illuminavano la chiesa – cattedrale, con una luce brillante e multicolore. La cupa concentrazione romanica svaniva in funzione di una fantasia di effetti di luce che trasmettevano nei fedeli il senso del sacro e del divino in ben altro modo.

lunedì 16 novembre 2020

Cecco d'Ascoli

di Chiara Sacchetti

Francesco Stabili di Simeone, più noto come Cecco d'Ascoli, nacque a Ancarano nel 1269 (alcuni studiosi collocano la sua nascita invece nel 1259, ma come spesso accade per quest'epoca è difficile poter dare una giusta notizia in mancanza di fonti certe). La sua giovinezza fu contraddistinta dallo studio e dalle sue eccezionali capacità, tutti nel paese natio lo consideravano un negromante per le sue virtù nello scrivere poesie, impossibili per la sua età se non grazie all'intercessione di qualche essere superiore o potere soprannaturale. Intorno ai diciotto anni Cecco entrò nel Monastero di Santa Croce ad Ascoli Piceno, di origine templare, probabilmente scelta importantissima per la sua successiva formazione di filosofo, astrologo e alchimista.

Francesco Stabili di Simeone
Cecco d'Ascoli

giovedì 12 novembre 2020

Il Labirinto come simbolo di percorso esistenziale

di Mario Pagni

Mosaico di epoca romana, Teseo e il Minotauro

Fra i simboli più importanti fino dalla più remota antichità il Labirinto si presenta ancora oggi come fra i più enigmatici e dai molteplici e reconditi significati.

Labirinto deriva dal nome greco labýrinthos (λαβύρινθος), usato nella mitologia per indicare il labirinto del palazzo di Cnosso. La parola è di origine pre-greca e Arthur Evans espresse la sua ipotesi supponendo la sua derivazione dal lidio labrys, bipenne, l'ascia a due lame, simbolo del potere reale a Creta. "Labirinto" vuol dire dunque "palazzo dell'ascia bipenne" con il suffisso -into a significare "luogo" su modello del greco Corinto, cioè il palazzo del re Minosse a Cnosso.

 Il Labirinto è presente quasi in ogni civiltà del nostro globo terracqueo ma quello che noi tutti conosciamo appartenente ai nostri ricordi di scuola è sicuramente quello progettato da Dedalo a Cnosso dentro al quale vi era una oscura e inquietante presenza : il Minotauro. Da esso se ne poteva uscire soltanto con lo strattagemma del “filo di Arianna” che se seguito poteva ricondurre il malcapitato nuovamente all’ingresso e alla salvezza. Prima ancora in ambito italiano preistorico nella Valcamonica, troviamo il labirinto inciso o dipinto con evidenza e in varie occasioni sulla pietra; gli studiosi asseriscono che esso avrebbe simboleggiato l’utero il cui  significato era legato alla rigenerazione e alla ciclicità.

lunedì 9 novembre 2020

Maria Maddalena

di Chiara Sacchetti

Uno dei personaggi più conosciuti ma anche controversi delle Sacre Scritture è certamente quello di Maria Maddalena. Oggi il suo nome nei Vangeli tradizionali della domenica, richiama quello di una prostituta redenta che grazie alla sua conversione diviene seguace di Cristo. L’appellativo con cui viene identificata deriva quasi certamente dal suo luogo di nascita, Magdala, un villaggio di pescatori sul lago di Tiberiade detto anche di Genezaret, centro commerciale ittico chiamato in greco Tarichea (ossia pesce salato).

Antonio Veneziano, Maria Maddalena
Capelli lunghi biondi ma tendenti al rosso, Maria incarna nella concezione comune, la donna ammaliante  e seducente  che conduce una vita sconnessa e ai limiti ma che poi incontrando il Messia si pente di quanto fatto fino a quel momento e proprio grazie a lui cambia la sua vita seguendo tutti  i suoi precetti fino a divenire quasi un’eletta. Nella realtà evangelica il suo personaggio è confuso con altri, spesso omonimi o anonimi, che sono ben lontani da ciò che essa veramente era. Di Maria di Magdala parla infatti l’evangelista Luca nell’8 capitolo, che la nomina quando racconta di Gesù che andando nei villaggi aveva guarito alcune donne che aveva incontrato «Gesù andava per città e villaggi predicando e annunciando il regno di Dio. Erano con lui i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, detta la Maddalena, dalla quale erano usciti sette demoni, e Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode, e Susanna e molte altre che li assistevano con i loro beni» (Luca 8, 1-3).

giovedì 5 novembre 2020

Significato simbolico della planimetria della chiesa

di Mario Pagni

Firenze, Santa Maria del Fiore, veduta area

La vista dall’alto di un qualsiasi edificio aiuta molto a chiarire significati e scopi per i quali esso è stato progettato e costruito, così come le sue probabili aggiunte e trasformazioni sia in corso d’opera che durante gli anni e i secoli successivi alla sua realizzazione.

Quello che salta quasi subito all’occhio specialmente nel periodo o stile romanico ma anche nel primo stile gotico è l’orientamento del quale abbiamo già parlato più volte. Scrive Guillame Durand De Mende: “Essa (la chiesa) deve essere costruita in modo tale che il capo guardi dritto verso l’Oriente. L’abside della chiesa sarà dunque rivolta verso l’alzarsi equinoziale del Sole, per significare che la Chiesa, che combatte sulla terra, si deve comportare con moderazione e giustizia d’animo nella gioia come nelle afflizioni; non bisogna quindi orientare l’abside verso l’alzarsi del Solstizio come fanno alcuni”.

Inoltre:

La disposizione della chiesa “materiale” rappresenta la forma del corpo umano, visto che la balaustra o il luogo dove si trova l’altare rappresenta la testa, e la croce dell’una e dell’altra parte le braccia e le mani; infine l’altra parte che si estende dopo occidente, tutto il resto del corpo”.

lunedì 2 novembre 2020

Bloody Mary

di Chiara Sacchetti

In questo periodo autunnale con cieli spesso scuri e l’aria nebbiosa quasi volesse nascondere qualcosa è permesso raccontare anche una storia da brividi, non soltanto dati dal freddo! La protagonista è la famosissima Bloody Mary, o “Maria la sanguinaria” che fra l’altro, ha dato recenti origini anche all’omonimo cocktail.

La vicenda, a quanto viene raccontato, risale più o meno alla fine dell’Ottocento in un villaggio degli Stati Uniti d’America quando una sedicenne di nome Mary Stewart, figlia del medico del luogo, si ammalò di tifo, o almeno al padre sembrò data la febbre altissima e lo stato di semi incoscienza in cui si trovava la poveretta. Il genitore con questo sospetto, dato che non c’era molto da fare per salvare la sventurata, e per evitare che la malattia si spargesse per tutto il paese, decise di mettere la figlia in una bara e di seppellirla. La madre, una lavandaia cattolicissima disperata per quella decisione, pose legato al polso della ragazza un campanello che sbucava dal terreno così che la figlia, se miracolosamente fosse guarita, muovendosi avrebbe fatto tintinnare il sonaglio richiamando su di sé l’attenzione in modo da salvarsi. La donna, visto che la casa era molto distante dal cimitero, scelse di riposare proprio vicino alla tomba, ma il marito le somministrò un sonnifero e una volta addormentata la riportò a casa, conscio del fatto che anche se la figlia si fosse svegliata sarebbe morta comunque per asfissia.

Cimitero
Cimitero