lunedì 22 giugno 2020

Le donne nell'arte

di Chiara Sacchetti

La figura femminile è sempre stata fin dagli albori dell’arte ritratta e riprodotta. Nella cosiddetta età classica, greci e romani raffiguravano le divinità femminili del loro pantheon divino, bellissime, e ciascuna con i propri attributi tipici del suo essere. Erano quindi principalmente ispirazioni, ovvero donne fantastiche, divine che nulla o quasi avevano a che fare con la realtà.

Prima di loro, in epoca preistorica, era la Dea Madre, con i suoi attributi femminili enfatizzati ad essere venerata e ritratta, a rappresentare la più importante e naturale essenza della donna fecondatrice, quella cioè in grado di poter dare alla luce altri uomini. In lei si racchiudevano poi tutti gli aspetti positivi e negativi dell’essere donna, e che poi andranno a dividersi nelle varie divinità che ancora oggi conosciamo.

Venere di

Ma con l’avvento del Cristianesimo sono le figure bibliche e soprattutto evangeliche che predominano nell’arte. Nelle prime rappresentazioni pittoriche risalenti al periodo bizantino era la Madonna, raffigurata come icona, ovvero uno standard preciso e ben delineato, a padroneggiare nelle figure delle pale e non c’è certamente da meravigliarsi , la maggior parte delle commissioni erano per chiese o luoghi religiosi ed ovviamente il tema principale era quello evangelico - cristiano. Di solito era il viso ad essere rappresentato, spesso  con Gesù Bambino o in sembianze anziane per sottolineare che  lui è il padre di tutti, vestito con una tunica da filosofo nell’atto di benedire. A volte i due personaggi sono posti guancia a guancia e in questo caso si parla di madre eleusa, ovvero dolce,  come ad anticipare quasi i futuri artisti.

Icona bizantina

Lo stesso si può dire per i periodi successivi, dove chi richiedeva l’opera era per lo più il clero, chiese monasteri e conventi, venivano abbelliti crescendo anche di importanza con le opere dei più bravi e famosi  pittori dell’epoca.

Celebri e di grande interesse sono le cosiddette Maestà, Madonne in trono con Bambino, circondate spesso ai lati e al di sotto da angeli o santi. Qui Maria veniva generalmente ritratta come figura intera seduta su di un seggio o trono che la rappresentava come la Madre di tutti con accanto o in braccio  il Figlio di Dio. Fra le più importanti rappresentazioni non possiamo non citare quelle  famosissime di Giotto e di Duccio da Boninsegna, entrambe conservate alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Le due opere segnano sicuramente il passaggio dall’arte romanica a quella gotica, con vari  embrionali tentativi di riprodurre una sorta di prospettiva, non ancora geometrica o precisa e per la quale si dovranno aspettare gli insegnamenti di Piero della Francesca e del Brunelleschi, ma che cerca già  di dare una spazialità al dipinto.

Giotto, Maestà, Firenze, Galleria degli Uffizi

Altra importante iconografia femminile mariana è quella che la ritrae nel momento in cui le viene annunciato che aspetta il figlio di Dio. L’arcangelo Gabriele  arriva davanti alla donna per annunciare la lieta e inaspettata notizia che proprio lei sarà Madre di colui che salverà gli uomini. Di solito la Vergine viene colta di sorpresa dall’arrivo dell’angelo, mentre sta leggendo un libro e nelle più classiche raffigurazioni tiene il segno con il dito. Il libro qui vuole rappresentare la Sapienza, ma anche la Rivelazione. L’espressione di Maria è spesso impaurita e sconvolta,  e a volte ritratta come se si tirasse indietro intimorita, non solo dall’improvviso apparire dell’arcangelo ma anche da quello che le viene detto.

Simone Martini, Annunciazione, Firenze, Galleria degli Uffizi

Il Rinascimento vede il rifiorire della cultura degli antichi, con i loro miti e racconti e quindi una riscoperta di personaggi tratti dalla mitologia greca e romana, spesso anche questa volta rivisitati e “usati” per una lettura più profonda e diversa riscoprendone anche l’arcana simbologia. Ne sono un esempio importante opere come la Primavera e la Venere di Botticelli che sono tuttora argomento di dibattiti e di interpretazioni molto diverse fra loro. La prima, sicuramente la più complessa e discussa, ritrae la personificazione della Primavera, ovvero la ninfa Cloris trasformata da Zefiro, il vento della stagione della quale è innamorato in Flora. Accanto numerosi altri personaggi. Primo fra tutti un Cupido bendato che si trova in alto, di lato invece troviamo le Tre Parche ritratte in una sinuosa danza e vicino a loro Mercurio con i tipici calzari alati.  La seconda invece, simbolicamente meno complessa è la dea Venere su una conchiglia  che esce dalle acque: chiara è la corrispondenza del mito per la quale questa divinità nasce, a seguito della caduta dei genitali di Urano nel mare  sorgendo dalla stessa schiuma prodotta dalla caduta. Assieme a lei troviamo ancora il vento Zefiro che la spinge con il suo respiro verso le rive con la ninfa Clori vicina a lui. A destra di Venere  c’è invece una fanciulla , che rappresenta una delle Ore che presiedono al cambiamento  delle stagioni. Al di là delle varie interpretazioni e significati che si possono trovare, la donna viene rappresentata come una Venere pudica, che si copre con le braccia il seno e il basso ventre, una raffigurazione della dea tipica del periodo dove, nei suoi significati intrinsechi che l’opera vuole trasmettere, non interpreta più la sensualità e sessualità tipica del suo essere, ma diviene il vero modello ispiratore di un’elevazione sapienziale più alta e quasi divina.

Sandro Botticelli, Primavera, Firenze, Galleria degli Uffizi

Si deve aspettare ancora molti secoli e solo con l’epoca moderna si potrà vedere rappresentata artisticamente la donna reale, vera,  immersa e consapevole della propria quotidianità.

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