di Chiara Sacchetti
La figura femminile è sempre stata fin dagli albori dell’arte
ritratta e riprodotta. Nella cosiddetta età classica, greci e romani
raffiguravano le divinità femminili del loro pantheon divino, bellissime, e
ciascuna con i propri attributi tipici del suo essere. Erano quindi principalmente
ispirazioni, ovvero donne fantastiche, divine che nulla o quasi avevano a che
fare con la realtà.
Prima di loro, in epoca preistorica, era la Dea Madre, con i
suoi attributi femminili enfatizzati ad essere venerata e ritratta, a
rappresentare la più importante e naturale essenza della donna fecondatrice, quella
cioè in grado di poter dare alla luce altri uomini. In lei si racchiudevano poi
tutti gli aspetti positivi e negativi dell’essere donna, e che poi andranno a
dividersi nelle varie divinità che ancora oggi conosciamo.
Venere di |
Ma con l’avvento del Cristianesimo sono le figure bibliche e soprattutto evangeliche che predominano nell’arte. Nelle prime rappresentazioni pittoriche risalenti al periodo bizantino era la Madonna, raffigurata come icona, ovvero uno standard preciso e ben delineato, a padroneggiare nelle figure delle pale e non c’è certamente da meravigliarsi , la maggior parte delle commissioni erano per chiese o luoghi religiosi ed ovviamente il tema principale era quello evangelico - cristiano. Di solito era il viso ad essere rappresentato, spesso con Gesù Bambino o in sembianze anziane per sottolineare che lui è il padre di tutti, vestito con una tunica da filosofo nell’atto di benedire. A volte i due personaggi sono posti guancia a guancia e in questo caso si parla di madre eleusa, ovvero dolce, come ad anticipare quasi i futuri artisti.
Icona bizantina |
Lo stesso si può dire
per i periodi successivi, dove chi richiedeva l’opera era per lo più il clero, chiese
monasteri e conventi, venivano abbelliti crescendo anche di importanza con le
opere dei più bravi e famosi pittori
dell’epoca.
Celebri e di grande interesse sono le cosiddette Maestà,
Madonne in trono con Bambino, circondate spesso ai lati e al di sotto da angeli
o santi. Qui Maria veniva generalmente ritratta come figura intera seduta su di
un seggio o trono che la rappresentava come la Madre di tutti con accanto o in
braccio il Figlio di Dio. Fra le più
importanti rappresentazioni non possiamo non citare quelle famosissime di Giotto e di Duccio da Boninsegna,
entrambe conservate alla Galleria degli Uffizi di Firenze. Le due opere segnano
sicuramente il passaggio dall’arte romanica a quella gotica, con vari embrionali tentativi di riprodurre una sorta
di prospettiva, non ancora geometrica o precisa e per la quale si dovranno
aspettare gli insegnamenti di Piero della Francesca e del Brunelleschi, ma che
cerca già di dare una spazialità al
dipinto.
Giotto, Maestà, Firenze, Galleria degli Uffizi |
Altra importante iconografia femminile mariana è quella che
la ritrae nel momento in cui le viene annunciato che aspetta il figlio di Dio.
L’arcangelo Gabriele arriva davanti alla
donna per annunciare la lieta e inaspettata notizia che proprio lei sarà Madre
di colui che salverà gli uomini. Di solito la Vergine viene colta di sorpresa
dall’arrivo dell’angelo, mentre sta leggendo un libro e nelle più classiche
raffigurazioni tiene il segno con il dito. Il libro qui vuole rappresentare la
Sapienza, ma anche la Rivelazione. L’espressione di Maria è spesso impaurita e
sconvolta, e a volte ritratta come se si
tirasse indietro intimorita, non solo dall’improvviso apparire dell’arcangelo
ma anche da quello che le viene detto.
Simone Martini, Annunciazione, Firenze, Galleria degli Uffizi |
Il Rinascimento vede il rifiorire della cultura degli
antichi, con i loro miti e racconti e quindi una riscoperta di personaggi
tratti dalla mitologia greca e romana, spesso anche questa volta rivisitati e
“usati” per una lettura più profonda e diversa riscoprendone anche l’arcana
simbologia. Ne sono un esempio importante opere come la Primavera e la Venere di
Botticelli che sono tuttora argomento di dibattiti e di interpretazioni molto
diverse fra loro. La prima, sicuramente la più complessa e discussa, ritrae la personificazione
della Primavera, ovvero la ninfa Cloris trasformata da Zefiro, il vento della
stagione della quale è innamorato in Flora. Accanto numerosi altri personaggi.
Primo fra tutti un Cupido bendato che si trova in alto, di lato invece troviamo
le Tre Parche ritratte in una sinuosa danza e vicino a loro Mercurio con i
tipici calzari alati. La seconda invece,
simbolicamente meno complessa è la dea Venere su una conchiglia che esce dalle acque: chiara è la
corrispondenza del mito per la quale questa divinità nasce, a seguito della
caduta dei genitali di Urano nel mare sorgendo
dalla stessa schiuma prodotta dalla caduta. Assieme a lei troviamo ancora il
vento Zefiro che la spinge con il suo respiro verso le rive con la ninfa Clori
vicina a lui. A destra di Venere c’è
invece una fanciulla , che rappresenta una delle Ore che presiedono al
cambiamento delle stagioni. Al di là
delle varie interpretazioni e significati che si possono trovare, la donna
viene rappresentata come una Venere pudica, che si copre con le braccia il seno
e il basso ventre, una raffigurazione della dea tipica del periodo dove, nei
suoi significati intrinsechi che l’opera vuole trasmettere, non interpreta più
la sensualità e sessualità tipica del suo essere, ma diviene il vero modello
ispiratore di un’elevazione sapienziale più alta e quasi divina.
Sandro Botticelli, Primavera, Firenze, Galleria degli Uffizi |
Si deve aspettare ancora molti secoli e solo con l’epoca
moderna si potrà vedere rappresentata artisticamente la donna reale, vera, immersa e consapevole della propria
quotidianità.
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