lunedì 15 giugno 2020

Jessie White Mario

di Chiara Sacchetti

Mi trovavo alla presentazione di un libro ormai qualche anno fa in un noto circolo fiorentino e alla fine i proprietari del locale fecero la pubblicità del prossimo evento in programma. Parlarono di un libro da un titolo piuttosto particolare che trattava della biografia di una donna forte e decisa che perorò la causa dell’unificazione italiana. Non so perché, ma quella seppur rapida esposizione, mi colpì tanto che decisi di acquistare quel libro e di leggerlo, rimanendone assai colpita.
Quella donna era Jessie White Mario, inglese di nascita ma italiana di spirito e di adozione, paladina del Risorgimento italiano e figura forte e determinata.
Jessie White Mario
Jessie Jane Meriton White (questo il suo nome completo) nacque  a Gosport vicino a Porthsmouth nello Hampshire da una famiglia benestante di armatori e costruttori di velieri, e nelle umide sere davanti al camino, ascoltava e parlava assieme al padre e ai fratelli della politica italiana e di tutte le possibilità che il nostro Paese avrebbe avuto per raggiungere la vera libertà unità e indipendenza. Ma fu l’incontro con Emma Roberts a Parigi a cambiare le sorti della vita di Jessie: la donna, una ricca vedova, infatti era molto vicina a Garibaldi tanto che nel 1854 andò a trovarlo prima a Nizza e poi in Sardegna per una caccia al cinghiale portando con sé l’amica. Fu per Jessie una conoscenza folgorante tanto che rimase affascinata da quest’uomo con la barba bianca e pieno di carisma, al quale resterà sempre legata fino alla morte e di cui forse sarà un po’ sempre innamorata. Le lunghe chiacchierate con lui e il suo entusiasmo, convinsero definitivamente la ragazza a seguire e perorare la causa italiana decidendo di restare per qualche tempo e scrivere come inviata per il Daily News.
Tornata a Londra l’anno successivo, con l’intenzione di iscriversi alla Facoltà di Medicina, Jessie si dovette però arrendere alla società del tempo e abbandonare il sogno di diventare dottore  ripiegando su quello di giornalista ma anche di infermiera da campo. Essa ne restò amareggiata ma allo stesso tempo forte della battaglia finalmente cominciata. «Sono convinta che il modo migliore per far sì che altre donne lavorino, è di cominciare a ottenere noi stesse un lavoro pratico. Non andrò comunque in America per seguire quegli studi che l’Inghilterra mi rifiuta. […]Diverse personalità del campo medico mi hanno assicurato che se un gruppo di donne chiedesse oggi l’ammissione in uno o più ospedali, dopo il vespaio suscitato fra gli spiriti più aperti dalla mia richiesta, sarebbe molto improbabile che la loro domanda venisse respinta». Dirà di questa esperienza.
Qui, frequentando la Società Ashurts e il Circolo Amici dell’Italia a cui si era iscritta appositamente, incontrò anche Giuseppe Mazzini, che si trovava in esilio nella città inglese e con cui decise di fare una raccolta fondi in Inghilterra e America per sovvenzionare le spedizioni in Italia, con conferenze e incontri che anche lei teneva per perorare la causa italiana.  Fu proprio il padre della Giovine Italia che le dette il soprannome di Miss Hurricane (Signora Uragano) per il suo temperamento forte e deciso, una donna coraggiosa ma capace di slanci di estrema generosità.
Nel 1857  fu proprio con Giuseppe Mazzini che Jessie partì per l’Italia, prima per aiutare Carlo Pisacane nella spedizione borbonica come infermiera, e poi nell’insurrezione popolare genovese che però fallì. Accusata di aver preso parte al tumulto e per questo arrestata, dovette sopportare 4 mesi nel carcere di Sant’Andrea, dove però ebbe l’incontro più importante della sua vita, Albero Mario da Lendinara, Garibaldino e massone, colui che sarebbe divenuto poi suo marito. Presentati dallo stesso Mazzini, i due ebbero il classico colpo di fulmine e dopo solo cinque mesi si sposarono andando a formare una delle coppie politiche più famose forti e importanti. Assieme presero parte alla spedizione dei Mille di Garibaldi, lui come volontario, lei come infermiera e inviata corrispondente, nel 1867 a Mentana e Monterotondo, e nel 1871 nella battaglia di Digione nella guerra contro i Prussiani.
A lei si devono numerose biografie prime fra tutte quelle di Garibaldi e Mazzini, interessanti analisi su importanti questioni italiane come quella della situazione meridionale, lo sfruttamento minorile, la salute dei minatori nelle solfatare siciliane, la condizione degradante napoletana, e infine si dedicò della conservazione alla memoria delle opere di Carlo Cattaneo.
Nel 1883 Alberto a soli 53 anni morì e lei rimase vedova perdendo poco alla volta anche tutti gli amici fidati e compagni di quel pezzo di storia italiana così affascinante e ricca di eventi.
Lapide in via Romana a Firenze che ricorda l'abitazione di Jessie

Quindici anni dopo si ritrovò in via Romana a Firenze, dove aveva già abitato con il marito qualche anno prima in piazza San Francesco di Paola vicino a Bellosguardo, dove ottenne la cattedra di  inglese al Magistero, impiego che tenne fino alla sua morte avvenuta nel 1906 per un banale raffreddore.
Fu seppellita accanto al marito a Lendanara.
Tomba di Alberto e Jessie a Lendanara
Fino a pochi decenni fa la figura di Jessie era pressoché sconosciuta, nonostante le importanti e consistenti opere che essa ha realizzato. Eppure sarebbe stata ed è tuttora un’importante esempio per tutte le donne, e ragazzine soprattutto, per il suo spirito combattivo e tenace, mai domato già ambiziosa e determinata  in una società maschile come quella in cui visse, seppe farsi strada e spazio, e soprattutto fu apprezzata e stimata da molte figure prestigiose e fondamentali del nostro Risorgimento.

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