Mi trovavo alla presentazione di un libro ormai qualche anno
fa in un noto circolo fiorentino e alla fine i proprietari del locale fecero la
pubblicità del prossimo evento in programma. Parlarono di un libro da un titolo
piuttosto particolare che trattava della biografia di una donna forte e decisa
che perorò la causa dell’unificazione italiana. Non so perché, ma quella seppur
rapida esposizione, mi colpì tanto che decisi di acquistare quel libro e di
leggerlo, rimanendone assai colpita.
Quella donna era Jessie White Mario, inglese di nascita ma
italiana di spirito e di adozione, paladina del Risorgimento italiano e figura
forte e determinata.
Jessie Jane Meriton White (questo il suo nome completo)
nacque a Gosport vicino a Porthsmouth
nello Hampshire da una famiglia benestante di armatori e costruttori di velieri,
e nelle umide sere davanti al camino, ascoltava e parlava assieme al padre e ai
fratelli della politica italiana e di tutte le possibilità che il nostro Paese
avrebbe avuto per raggiungere la vera libertà unità e indipendenza. Ma fu
l’incontro con Emma Roberts a Parigi a cambiare le sorti della vita di Jessie:
la donna, una ricca vedova, infatti era molto vicina a Garibaldi tanto che nel
1854 andò a trovarlo prima a Nizza e poi in Sardegna per una caccia al
cinghiale portando con sé l’amica. Fu per Jessie una conoscenza folgorante
tanto che rimase affascinata da quest’uomo con la barba bianca e pieno di
carisma, al quale resterà sempre legata fino alla morte e di cui forse sarà un
po’ sempre innamorata. Le lunghe chiacchierate con lui e il suo entusiasmo,
convinsero definitivamente la ragazza a seguire e perorare la causa italiana decidendo
di restare per qualche tempo e scrivere come inviata per il Daily News.
Jessie White Mario |
Tornata a Londra l’anno successivo, con l’intenzione di
iscriversi alla Facoltà di Medicina, Jessie si dovette però arrendere alla
società del tempo e abbandonare il sogno di diventare dottore ripiegando su quello di giornalista ma anche
di infermiera da campo. Essa ne restò
amareggiata ma allo stesso tempo forte della battaglia finalmente cominciata. «Sono convinta che il modo migliore per far
sì che altre donne lavorino, è di cominciare a ottenere noi stesse un lavoro
pratico. Non andrò comunque in America per seguire quegli studi che
l’Inghilterra mi rifiuta. […]Diverse personalità del campo medico mi hanno
assicurato che se un gruppo di donne chiedesse oggi l’ammissione in uno o più
ospedali, dopo il vespaio suscitato fra gli spiriti più aperti dalla mia richiesta,
sarebbe molto improbabile che la loro domanda venisse respinta». Dirà di
questa esperienza.
Qui, frequentando la Società
Ashurts e il Circolo Amici dell’Italia a cui si era iscritta appositamente,
incontrò anche Giuseppe Mazzini, che si trovava in esilio nella città inglese e
con cui decise di fare una raccolta fondi in Inghilterra e America per
sovvenzionare le spedizioni in Italia, con conferenze e incontri che anche lei
teneva per perorare la causa italiana. Fu
proprio il padre della Giovine Italia che le dette il soprannome di Miss
Hurricane (Signora Uragano) per il suo temperamento forte e deciso, una donna
coraggiosa ma capace di slanci di estrema generosità.
Nel 1857 fu proprio
con Giuseppe Mazzini che Jessie partì per l’Italia, prima per aiutare Carlo
Pisacane nella spedizione borbonica come infermiera, e poi nell’insurrezione
popolare genovese che però fallì. Accusata di aver preso parte al tumulto e per
questo arrestata, dovette sopportare 4 mesi nel carcere di Sant’Andrea, dove
però ebbe l’incontro più importante della sua vita, Albero Mario da Lendinara,
Garibaldino e massone, colui che sarebbe divenuto poi suo marito. Presentati
dallo stesso Mazzini, i due ebbero il classico colpo di fulmine e dopo solo
cinque mesi si sposarono andando a formare una delle coppie politiche più
famose forti e importanti. Assieme presero parte alla spedizione dei Mille di
Garibaldi, lui come volontario, lei come infermiera e inviata corrispondente,
nel 1867 a Mentana e Monterotondo, e nel 1871 nella battaglia di Digione nella
guerra contro i Prussiani.
A lei si devono numerose biografie prime fra tutte quelle di
Garibaldi e Mazzini, interessanti analisi su importanti questioni italiane come
quella della situazione meridionale, lo sfruttamento minorile, la salute dei
minatori nelle solfatare siciliane, la condizione degradante napoletana, e
infine si dedicò della conservazione alla memoria delle opere di Carlo
Cattaneo.
Nel 1883 Alberto a soli 53 anni morì e lei rimase vedova
perdendo poco alla volta anche tutti gli amici fidati e compagni di quel pezzo
di storia italiana così affascinante e ricca di eventi.
Lapide in via Romana a Firenze che ricorda l'abitazione di Jessie |
Quindici anni dopo si ritrovò in via Romana a Firenze, dove
aveva già abitato con il marito qualche anno prima in piazza San Francesco di
Paola vicino a Bellosguardo, dove ottenne la cattedra di inglese al Magistero, impiego che tenne fino
alla sua morte avvenuta nel 1906 per un banale raffreddore.
Fu seppellita accanto al marito a Lendanara.
Fino a pochi decenni fa la figura di Jessie era pressoché
sconosciuta, nonostante le importanti e consistenti opere che essa ha
realizzato. Eppure sarebbe stata ed è tuttora un’importante esempio per tutte
le donne, e ragazzine soprattutto, per il suo spirito combattivo e tenace, mai
domato già ambiziosa e determinata in
una società maschile come quella in cui visse, seppe farsi strada e spazio, e soprattutto
fu apprezzata e stimata da molte figure prestigiose e fondamentali del nostro Risorgimento.
Tomba di Alberto e Jessie a Lendanara |
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