giovedì 11 giugno 2020

La vita dopo la morte

di Mario Pagni       


L’argomento che stiamo per affrontare seppure a grandi linee e in modo estremamente sommario è ed è stato all’apice dell’interesse di intere generazioni di studiosi sia contemporanei che di tutti i popoli dell’antichità. Le risposte più o meno convincenti ci sono state date da molte discipline scientifiche ma anche filosofiche e soprattutto religiose. Perché siamo nati se poi la nostra esistenza ha un termine oltre il quale non sappiamo e forse non sapremo mai cosa effettivamente ci aspetta e se ci aspetta qualcosa? Negli scritti precedenti abbiamo affrontato l’argomento del cosiddetto “corpo astrale” e della sua possibile separazione da quello fisico con pratiche attuabili a detta di molti anche in vita e in particolare durante certe fasi notturne del sonno. Anima e corpo astrale potrebbero essere la stessa cosa? Come già si vede sono più l’interrogativi delle risposte ma andiamo per ordine.

“La controversia tra i materialisti che negano l’esistenza e la sopravvivenza di una parte “spirituale” dell’uomo dopo la morte fisica e gli spiritualisti che invece sostengono l’esistenza di un’anima immortale è ben lungi dall’essere risolta. Tuttavia attualmente la permanenza di una vita cosciente fuori dal mondo materiale, anche se esclusivamente sul piano energetico, viene considerata piuttosto una consapevolezza interiore dell’uomo che non un semplice modo di sfuggire alla paura della morte”.
Tralasciando in questa sede e solo momentaneamente tutte le valutazioni di tipo religioso che hanno risposte diverse molte plausibili ma nessuna dimostrata, prenderemo invece in considerazione i dati scientifici più recenti circa il seguito della morte fisica dell’uomo. Scienziati di indubbia serietà e capacità che si sono occupati dell’argomento, hanno preso in esame numerosi casi di soggetti che la medicina ha “riportato in vita” dopo che essi hanno vissuto un breve intervallo di morte fisica. Per il medico il paziente era morto ma il defunto in molte occasioni non si è sentito affatto tale, anzi avrebbe sentito (da successive testimonianze dirette), le sue sofferenze attenuarsi fino a svanire del tutto sostituite da uno stato di benessere e di definitivo sollievo, oltre ad una manifesta pace interiore. In alcuni casi è stato raccontato addirittura di aver percepito un ronzìo simile ad un suono musicale. Al rientro nel mondo terreno se richiamato in vita da pratiche di rianimazione efficaci, le testimonianze sono state di vario genere e a nostro avviso anche i soggetti che ne sono stati interessati, descrivono l’esperienza in modo diverso a seconda del proprio carattere ma anche del proprio bagaglio culturale in essere. Non ultimo a livello di racconto, anche il tempo trascorso per la mancata affluenza di ossigeno al cervello e  i danni cerebrali ad esso associati anche se nei migliori casi senza conseguenze.

Dal momento che ciascuno “vive la morte” proprio secondo la propria cultura, (i cattolici parlano di musica angelica mentre i musulmani fanno riferimento alla musica festosa che accompagna le danze nel paradiso di Allah), il fenomeno sonoro resterebbe comunque un dato di fatto  sia per gli atei che per i credenti. Appena oltrepassata quella che chiameremo “soglia” fra mondo dei vivi e quello dei defunti, la persona interessata secondo quanto riferito dalla maggior parte degli studiosi, si sentirebbe come trascinata a gran velocità attraverso un tunnel oscuro, dopodiché si ritroverebbe all’improvviso fuori dal corpo fisico senza però allontanarsene troppo, anzi potrebbe scorgere il suo stesso corpo come uno spettatore. Da qui a seconda della causa del decesso potrebbe osservare i tentativi di rianimazione da parte dei medici, provando al contempo una forte emozione nel vedere tutto ciò.

Così inizierebbe la vita dopo la vita, ma infinite sono le variabili in merito se pure nelle migliaia di casi esaminati esisterebbero dei comuni punti di contatto. Si dice che alcuni vivono solo più tardi l’episodio del tunnel oscuro e in quasi tutti gli esempi, i “morti” avrebbero l’impressione di girare vorticosamente “leggeri come foglie morte” e una luce piccolissima ma sempre più vivida apparirebbe in fondo al lungo corridoio oscuro. Il dubbio che permane però è per quanto tempo tutto questo può essere letto e interpretato da un cervello ancora vivente e quanto invece apparterrebbe al passaggio già avvenuto e quindi a carico di quella che può davvero essere considerata una sorta di entità di tipo animico. I primi passi nell’altro mondo avverrebbero con la stessa luce iniziale che aumenterebbe costantemente di intensità accompagnata da una sensazione di indicibile dolcezza. Il defunto uscirebbe poi dal tunnel e entrerebbe completamente nella “Luce” e proprio qui avverrebbero i primi contatti con le persone care ma soprattutto con una entità (sempre la stessa in tutti i casi esaminati), che lo accoglierebbe definitivamente nel nuovo mondo.
“Improvvisamente appare all’anima una entità spirituale di una specie sconosciuta, uno spirito di una calda tenerezza, vibrante di amore, un essere di Luce. La sottopone ad una sorta di interrogatorio, non espresso con parole, e invita l’anima a fare il bilancio della sua vita passata”

Solo allora la persona defunta prenderebbe reale coscienza e consapevolezza del suo nuovo stato cominciando fra l’altro a disporre di altre facoltà maggiori e diverse di quelle possedute in vita, come ad esempio essere in grado di leggere nel pensiero di coloro che stanno ancora intorno al  suo corpo. Alcuni cardiologi della clinica’universitaria di Atlanta, hanno studiato questo fenomeno notando in modo inequivocabile che i sopravvissuti alla morte, hanno ricevuto durante il tempo di effettiva morte clinica (o forse subito prima), delle indicazioni che potremo definire di tipo parapsicologico su quanti erano i presenti leggendo anche nelle loro menti. Poi l’anima si sarebbe allontanata verso una sorta di luminosa terra di nessuno dalla quale non si è mai avuto testimonianza di ritorno alla vita se non in casi compresi nella fenomenologia spiritica, come la presenza di ombre o fantasmi richiamati fra i vivi, per un tetro bagaglio di compiti non ben espletati o risolti durante la loro umana esistenza.  Quello che abbiamo descritto riguarda esclusivamente una casistica ben documentata di decesso clinico “momentaneo” e come abbiamo già detto in precedenza, rimane costante il dubbio su tanti fattori in gioco, quali la permanenza delle funzioni cerebrali a “cuore fermo” fino alla totale mancanza di ossigeno, con persone richiamate in vita da massaggio cardiaco o intervento del defibrillatore.

Il confine rimane tuttavia invalicato e forse invalicabile almeno per il momento, fra ciò che sta da questa parte e verosimilmente ciò che accadrebbe dall’altra nel proseguo del cosiddetto cammino animico. Meglio pensare e magari sperare comunque che le ragioni per le quali siamo stati messi al mondo, siano motivo sufficiente a dimostrare che il tutto non può e non deve essere avvenuto solo per puro caso, ma per una serie di misteriose quanto valide ragioni ancora da chiarire.

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