giovedì 5 settembre 2019

Gli Etruschi e la magia


di Mario Pagni

Abbiamo visto come presso alcuni popoli mediorientali con particolare riferimento agli Egizi, qualsiasi forma di pratica magica altro non era e non voleva essere che una sorta di ripristino laddove fosse necessario, di uno stato di equilibrio armonico atto a far tornare dal chaos  probabilmente momentaneo, al Kosmos. Ogni forma di ritualità era quindi celebrata per assecondare tale condizione e per raggiungere tale obbiettivo, magìa e religione viaggiavano spesso di pari passo con la prima ben lungi da essere condannata. Occorre precisare subito che il mondo magico etrusco è fenomeno altrettanto complesso e necessiterebbe di approfondimenti di vario genere, lo scritto che segue è e rimane una semplice traccia dell’argomento.

Aruspice

Sulle discusse origini degli Etruschi

Molte e diverse nel tempo sono state le ipotesi relative alla provenienza da chissà dove degli Etruschi; personalmente siamo propensi a considerare tutto ciò un problema minore o secondario se visto nell’ottica della ben più complessa realtà generale di tale popolo e delle ancor note difficoltà negli studi anche attuali ad essi dedicati. Ci limiteremo perciò in questa sede a riportare quanto è stato enunciato anche in passato  a livello ipotetico. 

Castellina in Chianti (SI), Tumulo etrusco di Monte Calvario

Dionigi d’Alicarnasso, arrivato a Roma nel 30 a. C. per studiare la storia antica, già contestava sia Erodoto, sia coloro che facevano derivare gli Etruschi dai primitivi abitatori dell’Italia, i Pelasgi (nome che proviene da pelagus, mare). Per Dionigi gli Etruschi erano: “Un popolo antichissimo, non somigliante a nessuno né per lingua, né per costumi, che viveva nelle immediate vicinanze dei Pelasgi e che prese il loro posto quando essi lasciarono la regione. Sono più vicini al vero coloro che affermano che la nazione etrusca non proviene da nessun luogo, ma che è invece originaria del paese. Coloro che dicono trattarsi di una stirpe autoctona fanno derivare il loro nome dalle fortezze che essi costruirono per primi fra tutti i popoli del paese” Per Dionigi, quindi, il nome Tirreni deriverebbe dalla forma attica  thyrrenoi (che significa torre, roccaforte). Il nome di Etruschi deriverebbe invece dal latino Tusci, che i Romani avrebbero dato loro dal verbo greco thuo (che significa sacrificare) per la frequenza con la quale questo popolo faceva sacrifici in onore dei propri dei.

Particolare Tomba della Quadriga infernale
Sarteano, Necropoli delle Tinacce, Tomba della Quadriga infernale 


Religiosità e credenze
Le varie testimonianze tratte da reperti quali epigrafi, iscrizioni e  documenti vari  hanno permesso di ricostruire con sufficiente esattezza usi, costumanze, magia e religione degli Etruschi . Essi adoravano una triade di dei principali: Tinia, corrispondente al Giove romano, sua moglie Uni, corrispondente a Giunone, e Menrva, Minerva. C’erano poi Aplu (Apollo), Hercle (Ercole), Turms (Mercurio), Turan (Venere) e Maris (Marte). Divinità ritenute malvage erano Vetisl, Velkhans ed il demone Charun, che faceva uscire l’anima dai corpi morti con un poderoso colpo di martello. C’era inoltre una dea, Norzia, detta “fissatrice del destino”, che aveva la sede principale di culto a Bolsena: la vogliamo ricordare per il rinvenimento  di un rituale a lei dedicato, fatto con un chiodo, che molto ricorda i rituali anche attuali di magia nera per il contro maleficio. La volontà di questi dei veniva interpretata dai sacerdoti, che avevano varie specialità: alcuni erano esperti nell’osservare i lampi (ars fulguratoria), altri nel volo degli uccelli (auspicium), altri ancora nell’osservare le viscere degli animali sacrificati (haruspicium). Quest’ultima era un’arte ritenuta importantissima, essendo il fegato considerato sede della vita: a Piacenza è stato ritrovato il modello bronzeo di un fegato di pecora, diviso in quaranta parti, ciascuna col nome di una divinità. L’arte aruspicina era la caratteristica in cui eccelleva il popolo etrusco, tanto che veniva detta “disciplina etrusca”; considerata un vero e proprio sacerdozio, essa era appannaggio di nobili famiglie; fra queste possiamo ricordare gli Spurinna di Tarquinia, poiché fu proprio uno di loro a predire a Giulio Cesare la morte alle Idi di marzo.

L’importanza del Rito
E’ piuttosto noto che il popolo antico presso il quale veniva praticata la forma più intensa e sistematica di rituali magici è proprio quello etrusco. Arnobio, scrittore del primo cristianesimo accusava l’Etruria di essere generatrice e madre di tutte le superstizioni, ma è altrettanto vero che credenze, modi di pensare, riflessi religiosi condizionati, riti, e perfino la principale iconografia di quel popolo, sono stati riciclati in larga parte proprio dalla religiosità cristiana e ancora di più nelle credenze popolari ancora vigenti. Si direbbe che tutta la realtà degli etruschi, terrena e ultraterrena, ruotasse decisamente intorno alla conoscenza di una ritualità segreta, questi riti, eseguiti con assoluta precisione, non mancavano di piegare qualunque volontà, compresa quella degli dei, ai voleri dell’uomo e ai suoi bisogni e necessità.

Sarteano, Tomba della Quadriga infernale, Serpenti

Scrive a tal proposito Giulio Lensi Orlandi che ricordiamo fu Ingegnere capo al Comune di Firenze negli anni ’70 dello scorso secolo, da sempre appassionato di esoterismo ma anche di archeologia, (lo ricordiamo come uno dei promotori della campagna di scavo di Piazza della Signoria a Firenze assieme all’allora Soprintendente alle Antichità dell’Etruria dott. Guglielmo Maetzke):
… Nel senso che noi diciamo religioso, gli Etruschi non trattarono neppure le potenze funebri, se esse non amavano gli uomini, gli uomini non amavano loro, ma con la tecnica pura e semplice del rito le obbligavano a non svolgere azioni nefaste. Di ciò la chiesa cattolica, in uno dei suoi aspetti più impressionanti e suggestivi, ha vagamente conservato il ricordo, nella complessa e quasi dimenticata tecnica esorcistica per vincere o debellar individuate o supposte potenze demoniache.
La più alta forma quindi della spiritualità etrusca non professò particolari dottrine, non ebbe dogmi, non conobbe né rivelazioni né grazie, ma solo il linguaggio matematico della verità assoluta espressa nel simbolo e l’indispensabilità del rito.
Alla maniera assai simile dei sacerdoti Druidi, gli Etruschi per tramite dei loro sacerdoti, consideravano la Natura incombente come degna di profondo religioso rispetto e da essa e dalle sue manifestazioni traevano come ben documentato, auspici e messaggi. Essa non poteva essere dominata ma semmai governata  proprio attraverso l’uso incondizionato di una perfetta ritualità. Ed ecco i loro oggetti ritrovati soprattutto nelle necropoli e nelle principesche tombe “a camera” scavate o costruite che ci raccontano tutta la loro vita quotidiana, ma anche il dubbioso passaggio nell’Aldilà, accompagnato da complessi cerimoniali e banchetti funebri dei quali si ha perfetta testimonianza nella produzione ceramica, pittorica parietale, vascolare e bronzea, carichi di una magìa che raccoglie e sa mantenere molta della prorompente umanità che questo popolo ancora oggi a distanza di molti secoli ci sa trasmettere e comunicare.

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