lunedì 19 dicembre 2022

Capanna e grotta: le origini e i significati di una tradizione millenaria

di Chiara Sacchetti

 

Fra i simboli del Natale, oltre al consueto albero, troviamo anche il presepe che ricostruisce il momento della nascita del Messia fino all’arrivo dei Re Magi con i loro doni colmi di significati esoterici.

Fra i dilemmi che ci siamo trovati ad affrontare fin da piccoli, spesso aiutati dai genitori, vi era quello della scelta di far nascere Gesù bambino in una grotta oppure in una capanna o stalla. Quando ci raccontano la storia del momento del travaglio di Maria spesso ci viene detto che i due futuri genitori non trovarono stanze nelle locande e che per questo vennero portati in un ovile  visto anche l’imminente  lieto evento. Ma allora perché il la nascita di Gesù viene rappresentata anche in una grotta? E quale significato hanno i luoghi scelti per questo importante evento?

 

La grotta

La tradizione che vuole la nascita di Cristo in una grotta, come racconta una celeberrima canzoncina per bambini, era già nota intorno al II sec. d.C. in Oriente, mentre in Occidente comparve circa due secoli dopo di fatto subentrando a quella della stalla/capanna che comunque resterà in alcune tradizioni familiari fino ad oggi. Ma quale significato ha questo luogo così buio e tetro?

Entrata di una grotta

La grotta è il simbolo della Madre per eccellenza, l’utero materno della terra che genera i suoi figli, un viaggio prima a ritroso verso la parte più oscura e profonda nelle viscere della stessa e poi il ritorno fuori alla luce del sole. Un percorso che potrebbe essere paragonato a quello degli iniziati ad un nuovo livello  di Conoscenza, quando per accedere a questa nuova vita (e riuscire a possedere di conseguenza una nuova Sapienza superiore) essi devono morire simbolicamente per poi rinascere, come fossero nuovi esseri che iniziano una nuova vita. Non a caso, (e lo dico anche con un pizzico di malinconia da credente), come in un circolo senza fine, il corpo di Gesù dopo la Passione e la morte terrena verrà posto sempre in una grotta, dalla quale uscirà come rinato però nella natura di una nuova “sostanza”.

La grotta, poi, viene spesso posta sopra una montagna alla quale si arriva soltanto dopo una lunga e impervia strada fatta di pericoli e imprevisti, che si richiamano alle prove e le avversità della vita o più in particolare  a quelle necessarie che portano ad avere poi una visione superiore. Arrivati alla meta poi la discesa verso gli inferi richiama ancora le paure e le angosce che si possono provare nel buio dell’Ignoranza per poi essere finalmente spettatori della nuova luce del Sole, e quindi del trionfo della luce sulle tenebre, del Bene contro il Male e di conseguenza anche della Natura che supera la fase invernale (e l’apparente morte di tutte le cose).

Grotta detta di Nettuno a Tivoli (Villa Gregoriana)

Da un punto di vista pagano poi la grotta era simbolo del cosmo e soprattutto il luogo di nascita degli dei. Dioniso, per esempio, dio del vino e della vite, secondo la mitologia greca, nasce in un antro avvolto di luce; anche Hermes, messaggero di Zeus, nasce in una grotta, sul monte Cilene, mentre il re dell’Olimpo Zeus in un antro sul monte Diktos. Lo stesso Cristo infine viene spesso visto come la Roccia di salvezza e la Pietra viva, e la sua nascita nella grotta richiama alla salvezza del genere umano, missione per la quale, secondo la fede cristiana, è venuto sulla Terra.

 

La stalla/capanna

La capanna invece richiama il tronco di Iesse di cui Cristo è il nuovo Germoglio e assieme anche l’albero della Vita del Paradiso Terrestre per l’arrivo del nuovo Adamo e quindi di una nuova era della Cristianità.

Scena della Natività nella capanna

 

Le fonti

Dal punto di vista strettamente documentario le fonti riguardano soltanto i Vangeli cosiddetti apocrifi, visto che soltanto nel Vangelo di Luca (Luca 2,7) si ha una sommaria descrizione della venuta al mondo di Cristo quando egli ci racconta che Giuseppe e Maria «mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia perché non c’era posto per loro nella locanda […]». Per avere invece maggiori informazioni e più dettagli dobbiamo ricorrere al Vangelo dello pseudo Matteo che scrive: un angelo apparve agli sposi e «fece fermare la giumenta, poiché era giunto il momento di partorire, e ordinò a Maria di scendere dall’animale e di entrare in una grotta sotterranea dove non vi era mai stata luce, ma solo tenebre perché non riceveva affatto la luce del giorno. Ma all’ingresso di Maria tutta la grotta cominciò ad avere splendore e rifulgere di luce quasi vi fosse il sole […]». Se si pensa poi che le due versioni siano in contraddizione l’una con l’altra si deve tenere conto che spesso le mangiatoie erano ricavate negli antri della terra e quindi anche nelle grotte.

Pagina di un Vangelo

Rimane comunque costante la doppia simbolica valenza del luogo esatto dove viene alla luce il Redentore; da un lato la grotta con valenze esoteriche e alchemiche nel contempo, dall’altro la capanna o mangiatoia che dir si voglia di per se più cristianamente pervasa di atmosfera tenera e tranquillizzante.

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