Fra i
simboli del Natale, oltre al consueto albero, troviamo anche il presepe che
ricostruisce il momento della nascita del Messia fino all’arrivo dei Re Magi
con i loro doni colmi di significati esoterici.
Fra i dilemmi che ci siamo trovati ad
affrontare fin da piccoli, spesso aiutati dai genitori, vi era quello della scelta
di far nascere Gesù bambino in una grotta oppure in una capanna o stalla. Quando ci raccontano la storia del
momento del travaglio di Maria spesso ci viene detto che i due futuri genitori
non trovarono stanze nelle locande e che per questo vennero portati in un
ovile visto anche l’imminente lieto evento. Ma allora perché il la nascita di Gesù viene rappresentata anche in una
grotta? E quale significato hanno i luoghi scelti per questo importante evento?
La grotta
La
tradizione che vuole la nascita di Cristo in una grotta, come racconta una
celeberrima canzoncina per bambini, era già nota intorno al II sec. d.C. in
Oriente, mentre in Occidente comparve circa due secoli dopo di fatto
subentrando a quella della stalla/capanna che comunque resterà in alcune tradizioni
familiari fino ad oggi. Ma quale significato ha questo luogo così buio e tetro?
La grotta è il simbolo della Madre per eccellenza, l’utero materno della terra che genera i suoi figli, un viaggio prima a ritroso verso la parte più oscura e profonda nelle viscere della stessa e poi il ritorno fuori alla luce del sole. Un percorso che potrebbe essere paragonato a quello degli iniziati ad un nuovo livello di Conoscenza, quando per accedere a questa nuova vita (e riuscire a possedere di conseguenza una nuova Sapienza superiore) essi devono morire simbolicamente per poi rinascere, come fossero nuovi esseri che iniziano una nuova vita. Non a caso, (e lo dico anche con un pizzico di malinconia da credente), come in un circolo senza fine, il corpo di Gesù dopo la Passione e la morte terrena verrà posto sempre in una grotta, dalla quale uscirà come rinato però nella natura di una nuova “sostanza”.
La grotta, poi, viene spesso posta
sopra una montagna alla quale si arriva soltanto dopo una lunga e impervia
strada fatta di pericoli e imprevisti, che si richiamano alle prove e le
avversità della vita o più in particolare a quelle necessarie che portano ad avere poi
una visione superiore. Arrivati alla meta poi la discesa verso gli inferi richiama ancora le
paure e le angosce che si possono provare nel buio dell’Ignoranza per poi
essere finalmente spettatori della nuova luce del Sole, e quindi del trionfo
della luce sulle tenebre, del Bene contro il Male e di conseguenza anche della
Natura che supera la fase invernale (e l’apparente morte di tutte le cose).
Grotta detta di Nettuno a Tivoli (Villa Gregoriana)
Da un punto
di vista pagano poi la grotta era simbolo del cosmo e soprattutto il luogo di
nascita degli dei. Dioniso, per esempio, dio del vino e della vite, secondo la
mitologia greca, nasce in un antro avvolto di luce; anche Hermes, messaggero di
Zeus, nasce in una grotta, sul monte Cilene, mentre il re dell’Olimpo Zeus in
un antro sul monte Diktos. Lo stesso
Cristo infine viene spesso visto come la Roccia di salvezza e la Pietra viva, e
la sua nascita nella grotta richiama alla salvezza del genere umano, missione
per la quale, secondo la fede cristiana, è venuto sulla Terra.
La
stalla/capanna
La capanna
invece richiama il tronco di Iesse di cui Cristo è il nuovo Germoglio e assieme
anche l’albero della Vita del Paradiso Terrestre per l’arrivo del nuovo Adamo e
quindi di una nuova era della Cristianità.
Scena della Natività nella capanna
Le fonti
Dal punto di vista strettamente
documentario le fonti riguardano soltanto i Vangeli cosiddetti apocrifi, visto
che soltanto nel Vangelo di Luca (Luca 2,7) si ha una sommaria descrizione
della venuta al mondo di Cristo quando egli ci racconta che Giuseppe e Maria «mentre si trovavano in quel luogo, si
compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio
primogenito, lo avvolse in fasce e lo depose in una mangiatoia perché non c’era
posto per loro nella locanda […]». Per avere invece maggiori
informazioni e più dettagli dobbiamo ricorrere al Vangelo dello pseudo Matteo
che scrive: un angelo apparve agli sposi e «fece fermare la giumenta, poiché era giunto il momento di partorire, e
ordinò a Maria di scendere dall’animale e di entrare in una grotta sotterranea
dove non vi era mai stata luce, ma solo tenebre perché non riceveva affatto la
luce del giorno. Ma all’ingresso di Maria tutta la grotta cominciò ad avere
splendore e rifulgere di luce quasi vi fosse il sole […]». Se si pensa poi che le due versioni
siano in contraddizione l’una con l’altra si deve tenere conto che spesso le
mangiatoie erano ricavate negli antri della terra e quindi anche nelle grotte.
Rimane
comunque costante la doppia simbolica valenza del luogo esatto dove viene alla
luce il Redentore; da un lato la grotta con valenze esoteriche e alchemiche nel
contempo, dall’altro la capanna o mangiatoia che dir si voglia di per se più
cristianamente pervasa di atmosfera tenera e tranquillizzante.
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