Figlio
illegittimo di Fazio Cardano, un giurista molto importante tanto che perfino
Leonardo da Vinci lo consultò, Girolamo venne al mondo il 24 settembre 1501 e ancora prima di nascere la sua vita fu
difficile e complicata. L’uomo, infatti conobbe la futura madre di Cardano,
la vedova Chiara Micheri che aveva già tre figli a Milano e se ne innamorò
tanto che lei rimase incinta. Non essendo sposata e vivendo ancora con la
famiglia del defunto marito, Chiara,
grazie all’aiuto di un amico di Fazio, venne assunta come governante presso il
patrizio Isidoro Resta, per limitare lo scandalo. I figli di lei però si ammalarono
la peste e morirono a poca distanza l’uno dall’altro e la donna disperata tentò l’aborto ma senza fortuna; ancora
piccolo, a soli 3 anni, lo stesso Gerolamo contrasse il morbo assieme alla
balia che ne morì mentre lui riuscì a sopravvivere.
La sua vita
cominciò a riprendere verso i 7 anni, quando ripresosi dalla peste, andò ad
abitare assieme alla madre e alla balia a Milano dove si trasferì poco dopo
anche il padre che negli anni successivi riuscì a regolarizzare l’unione con
Chiara Micheri.
Gerolamo passò la sua infanzia e l’adolescenza seguendo il padre nei suoi viaggi di lavoro e saltuariamente anche studiando. A 17 anni invece si iscrisse all’università, prima a Pavia e poi a Mantova, per intraprendere gli studi di matematica e medicina anche se il padre avrebbe preferito seguisse le sue orme legali.
Alla fine
dopo essere scappato per la peste si trasferì prima a Padova e poi a Venezia
dove si laureò in “arti liberali” per poi prendere il dottorato nel 1526 in
medicina.
Rifiutato
per l'iscrizione nel Collegio dei Nobili Fisici di Milano perché era un figlio
illegittimo, Cardano, grazie all’aiuto del senatore milanese Filippo Archinto,
ottenne la cattedra per l'insegnamento
della matematica, geometria, aritmetica e astronomia presso le scuole Piattine di
Milano, luogo dove fra l’altro aveva insegnato anche il padre. In quegli stessi
anni rifiutò diversi incarichi di prestigio come medico proprio per la sua
assenza nel collegio visto che non poteva essere retribuito, ma è da quel
momento che iniziò la sua fama anche e soprattutto grazie ad una disputa con
Niccolò Tartaglia a proposito della formula di risoluzione delle equazioni
cubiche. L’uomo lo accusò di avergli rubato lo studio e averlo pubblicato a suo
nome.
Niccolò Tartaglia Terza lettera di risposta a Girolamo Cardano e a Messer Ludovico Ferraro
Quando nel
1539 venne finalmente ammesso nel collegio e 4 anni più tardi accettò la cattedra
di medicina nell’Università di Padova, cominciò anche a praticare la sua
professione, dando prova della sua
bravura e del suo fiuto per comprendere quali mali affliggessero i malati:
famosa è la cura, fra l’altro con esiti
positivi, per l'arcivescovo di Edimburgo John Hamilton (1512-1571), che
soffriva quasi sicuramente di asma bronchiale. Questi infatti intuì nelle
lenzuola e nei cuscini che il religioso usava per andare a dormire la causa del
suo male proibendogli di usarli e guarendolo. Meno fortunata fu invece la sua vocazione per la predizione del
futuro: «volle fare l'oroscopo all'arcivescovo e al re, e lesse nelle
stelle un futuro radioso per entrambi. Il primo fu impiccato quasi subito dai
riformatori, e il secondo morì di tubercolosi l'anno dopo.». si dedicò anche
allo studio del corpo umano e in particolare a condurre autopsie al fine per
verificare le sue tesi diagnostiche e ottenere conferme o comunque nuove
informazioni sulle malattie.
Ma la vita
di Gerolamo ebbe numerose disgrazie e motivi di tristezza. Il primo in ordine di tempo, il processo e la successiva condanna a
morte del primogenito Giovanni, accusato di aver ucciso la moglie. L’uomo
infatti, sposato con una contadina povera, per risparmiare aveva dovuto abitare
dai suoceri e la convivenza non era certamente piacevole e serena. Oltre ai
continui litigi Giovanni aveva dovuto anche sopportare le numerose infedeltà
coniugali e una sera, colto dalla rabbia, uccise la moglie facendole mangiare
una focaccia avvelenata con l’arsenico. Convinto dell’innocenza del figlio e
che la condanna fosse solo dovuta all’invia Cardano si trasferì a Bologna dove
però nemmeno lì ebbe vita facile. Il secondogenito Aldo, un ragazzo scapestrato
e irrequieto, passava le sue giornate a
parlare male del padre e a derubarlo tanto che l’uomo alla fine fu
costretto a denunciarlo. Aldo venne così espulso dalla città. Ma come se non
bastasse ebbe la notizia che stavano preparando un processo contro di lui per eresia, e su consiglio di Giovanni
Morone, Cardano decise di lasciare la sua cattedra. Ma non gli bastò. La sera
del 6 ottobre 1570 venne arrestato assieme al suo discepolo Rodolfo Silvestri
che non volle abbandonare il maestro.
Illustrazione del Cerchio di Cardano
Non sappiamo
purtroppo di preciso quali furono i capi d’accusa che la Chiesa gli rivolse,
sappiamo soltanto che fra le altre cose eretiche c’erano la composizione dell’oroscopo di Cristo che raccontava
come la sua vita fosse scritta dalle stelle, l’aver scritto l’encomio di
Nerone, l’imperatore romano che aveva perseguitato i cristiani e soprattutto
l’aver intrattenuto rapporti di amicizia assieme al suo allievo (anch’esso
arrestato) nei circoli protestanti.
Ai
domiciliari fino al 18 febbraio dell’anno successivo, Cardano fu costretto all’abiura per ordine dalla Sacra Congregazione
del Santo Uffizio, e in particolare quello dell’inquisitore bolognese Antonio
Baldinucci, imposta prima in forma grave (de vehementi) coram populo e
successivamente in forma meno infamante (coram congregationem). La sua
ritrattazione avvenne in una lettera rivolta a papa Pio V in cui il medico
prometteva di non insegnare più, anche perché fra l’altro gli era stata tolta
la cattedra di Pavia, e di non pubblicare più altre opere “compromettenti”. E
sotto proprio la protezione del Pontefice, Cardano si trasferì a Roma dove
inizialmente gli venne negata la pensione, che invece ottenne grazie a papa
Gregorio XIII, che conosceva bene visto che era stato suo collega
all’università di Bologna e città dove scrisse il De propria vita, opera poi
pubblicata postuma.
De propria vita di Girolamo Cardano |
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