È uno dei
quadri più raffigurati nella storia dell’arte oltre ad essere uno dei momenti
della storia “cristiana” più importanti e significativi, ma cosa racconta
l’Ultima Cena? E soprattutto quali sono i significati e le simbologie legate a
questo episodio essenziale per i
cristiani?
Quando
parliamo dell’Ultima Cena raccontiamo il momento
in cui Gesù si congedò dai suoi discepoli insegnando loro il rituale che
ancora oggi nella Santa Messa viene celebrato e ricordato al momento
dell’Eucarestia, e in cui predisse quanto sarebbe accaduto quella notte, il
tradimento e la morte. Una sorta di testamento, ma anche di insegnamento da
affidare ai posteri.
Il pasto consumato da Gesù e dai suoi discepoli rispecchia esattamente quello della tradizione ebraica della Pasqua, chiamata Pesach, in cui vengono riproposti i cibi che richiamano alle simbologie della schiavitù in Egitto e soprattutto della fuga e liberazione grazie a Mosè; e quindi troviamo il pane azzimo, non lievitato per la mancanza di tempo e la necessità di fuggire presto; le erbe amare, ossia la lattuga, la cicoria selvatica o il sedano, tutte comunque crude che ricordano l’amarezza e le difficoltà di quegli anni e che rimandano anche al tradimento con la frase espressa da Cristo "Colui che ha intinto con me la mano nel piatto, quello mi tradirà" (Matteo,n 26, 1-2); l’agnello, sacrificato al posto dei bambini e in ricordo del suo sangue versato che li aveva salvati, e una salsa, il Charoset, che richiama la malta usata dagli ebrei per le costruzioni egiziane fatta con mela, melagrana, fico, dattero, mandorla, noce, cosparse di cannella e cinnamomo, a simboleggiare la paglia che si mischiava al fango.
Ma a parte i
significati dei cibi consumati, quella cena nasconde anche numerosi quanto
esoterici simboli. Vediamoli!
Rivolta d'Adda, Basilica, Ultima cena, sec XIII
Non tutti gli studiosi concordano con
l’idea che l’Ultima Cena si sia svolta per la Pasqua ebraica e anzi alcuni di loro sostengono
invece che quella cena non avesse nulla a che fare con i rituali dell’imminente
festa, ma fosse bensì una cena d’addio voluta dallo stesso Gesù che aveva già
preannunciato la sua morte. È di questa opinione infatti il biblista e
sacerdote cattolico John Paul Meier che sostiene che Cristo abbia fatto quei gesti nel ricordo di lui e che soltanto gli Evangelisti poi
si sarebbero accordati per far svolgere quell’evento nei giorni antecedenti
alla Pasqua. Lo storico e biblista protestante Rudolf Bultmann invece si spinge
oltre reputando non storici molti degli
elementi, come l’invio dei discepoli per trovare il luogo della cena, o anche
la presenza di un vassoio comune in tavola, ma che soprattutto siano
elementi non affini alla Pasqua ebraica.
È probabile
che in realtà la scelta della Pasqua ebraica come momento di predizione di
quello che sarebbe accaduto e dell’istituzione di nuove cerimonie avesse la
valenza di dare a quella ricorrenza nuova simbologia e significato e
soprattutto quello di stabilire un Nuovo
Patto, dando così ordine alla nuova Chiesa che si sarebbe poi andata a formare.
Ma non solo. Le cerimonie stesse della Pesach
avrebbero così assunto un legame e una sorta di continuità con quello che
sarebbe poi successo, ossia il sacrificio per tutti i popoli da parte di
Cristo, che morendo salvava l’intera umanità liberandola dal Peccato Originale
di Adamo ed Eva. "Poi prese il calice, rese grazie e disse: «Prendete
questo e dividetelo fra di voi, perché io vi dico che non berrò piú del frutto
della vigna, finché il regno di Dio sia venuto». Poi, preso il pane, rese
grazie, lo spezzò e lo diede loro dicendo: «Questo è il mio corpo, che è dato
per voi; fate questo in memoria di me». Cosí pure, dopo aver cenato, prese il
calice dicendo: «Questo calice è il nuovo patto nel mio sangue, che è sparso
per voi" ci ricorda l’Evangelista Luca (22:17–20). Il pane azzimo della
fuga diventa così il suo corpo, come lui stesso dice "Io sono il pane
della vita chi viene a me non avrà mai piú fame e chi crede in me non avrà mai
piú sete […] Io sono il pane vivente che è disceso dal Cielo; se uno mangia di
questo pane vivrà in eterno; or il pane che darò è la mia carne, che darò per
la vita del mondo». […] Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue, ha vita
eterna, e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. Poiché la mia carne è veramente
cibo e il mio sangue è veramente bevanda" (Giovanni 6:35, 51, 54–55). L’agnello
e soprattutto il suo sangue diventano così il sangue di Cristo versato per la
salvezza di tutti noi.
Secondo alcuni
studi il luogo dove si sarebbe svolta l’Ultima Cena sarebbe il Cenacolo situato sul Monte Sion fuori dalle mura
dell’attuale Gerusalemme, dove per diversi anni c’era stato un convento di
Frati Minori della Custodia della Terra Santa; mentre la tavola dove si sarebbe
svolto il banchetto è conservato nella Cappella della Casa Colonna presso la
Basilica di San Giovanni in Laterano a Roma. Il Sacro Catino dove Cristo
avrebbe consumato il suo pasto invece è conservato a Genova al Museo del Tesoro
della Cattedrale di San Lorenzo.
Milano, Santa Maria delle Grazie, Leonardo da Vinci, L'Ultima Cena
Fra le opere
più famose e importanti che ritraggono questo momento non possiamo non citare
l’Ultima Cena di Leonardo, posto nel Refettorio della Chiesa di Santa Maria
delle Grazie a Milano e realizzato a tempera. Ne riparleremo presto!
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