di Chiara Sacchetti
Non sappiamo
con certezza quale sia l’origine degli attuali Tarocchi, e varie e molteplici
sono le teorie che si sono susseguite nel corso dei secoli, anche se la loro
storia si perde nella notte dei tempi fino a intrecciarsi con racconti
leggendari e misteriosi.
Per Court Gebelin, uno studioso francese del 1700, i Tarocchi sarebbero una rappresentazione su carta degli antichi geroglifici del Libro di Thot, testo in cui veniva raccolta tutta la conoscenza e la religione degli antichi egizi, e dove i tarocchi stessi sarebbero l’alfabeto riservato inizialmente ai sommi sacerdoti dove è raccolto il sapere originario e da cui poi sono iniziate tutte le forme di conoscenza. In questa accezione quindi, secondo lo storico, queste carte sarebbero state anticamente la chiave per aprire i sigilli dei geroglifici ieratici e sarebbero arrivate in Europa grazie alle migrazioni dei nomadi verso il XIV sec..
Un’altra
teoria sulla stessa linea della precedente e forse anche la più probabile,
vuole i Tarocchi collegati allo Ching,
anch’esso un libro sapienziale cinese custode di tutta la conoscenza e risalente
a più di 3000 anni fa. Questa ipotesi trova fondamento per più di un motivo:
nell’Antica Cina i chings erano in
effetti uno strumento di divinazione ad opera di scelte e casualità e collegato
all’estrazione e soprattutto, proprio in quella terra, videro la luce sia la
nascita delle carte da gioco sia anche la stampa stessa, tutti elementi che
renderebbero plausibile questa ipotesi.
Milano, Sala Borromeo, Giocatori di Tarocchi
Altri invece
sostengono che i primordiali Tarocchi siano collegabili alle naibbe, carte di un antico gioco che i
musulmani portarono in Sicilia nel IX secolo quando vi si insediarono, il nome
sarebbe derivante probabilmente dal sostantivo arabo nā’ib (“deputato”) che richiamerebbe
proprio una delle figure del mazzo. Queste tessere erano originariamente senza
figure con soli ornamenti e numeri, come la religione musulmana obbligava e nel tempo poi si trasformarono in quelli
odierni. Sappiamo che ebbero una grande fortuna e troviamo la prima menzione
ufficiale nel Ludus qui vocatur naibbe
(Il gioco chiamato naibbe), un testo contenuto nell’ordinanza del Priore di
Firenze del 1376, dove se ne vietava però il gioco.
Ci sono
infine altre due teorie.
Una che
vuole che le carte siano arrivate tramite i contatti con i Mamelucchi egiziani
verso la fine del XIII sec. nelle forme molto simili a quelli odierni con
quattro semi, ossia mazze da polo, denari, spade e coppe, le prime poi
sostituite nei tempi successivi con i bastoni, e dove ogni seme aveva tre
figure di corte (Re, Regina e Cavaliere).
Infine
l’altra teoria, molto più semplice, sostiene che i Tarocchi non sarebbero altro
che il normale mazzo di carte a cui poi sono stati aggiunti i 22 Trionfi (i
cosiddetti Arcani Maggiori); e il primo riferimento in Italia ufficiale è in
una missiva del 1440 del notaio Giusto Giusti di Anghiari dove egli scrive: «Venerdì
a dì 16 settembre donai al magnifico signore messer Gismondo un paio di naibi a
trionfi, che io avevo fatto fare a posta a Fiorenza con l’armi sua, belli, che
mi costaro ducati quattro e mezzo.»
Tarocchi del Mantegna, Carta della Fortezza
Solo due anni più tardi troviamo altre due citazioni sui Trionfi che compaiono nei registri della corte di Ferrara, la prima riferita al pagamento di Jacopo da Sagramoro, pittore di corte, per la decorazione di quattro mazzi di trionfi destinati al signore di Ferrara stesso Leonello d'Este mentre la seconda all'acquisto, ad un prezzo molto minore, di alcuni mazzi destinati ai fratelli di Leonello come se esistessero mazzi più economici rispetto ad altri.
Ed è proprio
nell’Italia del Nord e precisamente alla corte di Milano con il duca Filippo
Maria Visconti che si pensa possano essere nati gli attuali Tarocchi nella
prima metà del 1400: come prova di ciò i numerosi ritrovamenti di carte,
citazioni sui mazzi nei documenti e nei registri di corte e l’uso dei semi (tipicamente
italiano), con le spade, i bastoni le coppe e i denari. Narra la storia infatti
che il duca per celebrare la nascita di un figlio che non sperava di avere
abbia commissionato la realizzazione di un mazzo di Tarocchi “italiani” dove
erano rappresentate sedici divinità greche: la nascita però di una figlia
femmina l’anno successivo, Bianca Maria Visconti, modificò il simbolismo delle
carte ma non certamente il fatto che già in quegli anni i Tarocchi erano
presenti e conosciuti nel nostro Paese.
Pisanello, Codex Vallardi 2483, Filippo Maria Visconti
Difficile se
non impossibile sapere quale sia la reale storia di queste carte che nel tempo
hanno preso significati esoterici e magici, usate per divinare il futuro spesso influenzando scelte e idee.
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