giovedì 27 gennaio 2022

Il cammino verso Santiago di Compostella

di Mario Pagni

Il Cammino di Santiago è conosciuto da sempre come il percorso che i pellegrini, fin dal Medioevo ma forse anche in precedenza, intrapresero per giungere alla venerazione del santuario dedicato a San Giacomo apostolo.

Questo pellegrinaggio nasce infatti dalla storia del martirio di San Giacomo Maggiore, uno dei dodici apostoli, figlio di Zebedeo, e dal culto che in seguito ne nacque. Secondo la tradizione dopo la morte di Gesù egli avrebbe predicato il Vangelo in Spagna, spingendosi fino in Galizia, remota regione all’estremità ovest della Penisola Iberica, in quel tempo dominata dai Romani, ma (particolare interessante) di antica cultura celtica.

Nella storia degli Apostoli si riporta che Giacomo, tornato a Gerusalemme, fu fatto giustiziare con la spada nel 44 d.C. da re Erode Agrippa, il quale proibì che il corpo decapitato fosse sepolto. A questo punto la leggenda narra che i suoi discepoli Attanasio e Teodoro ne raccolsero le spoglie, e lo trasportarono segretamente su una barca fino alle coste della Galizia. Secondo la versione più diffusa il sarcofago avrebbe risalito il fiume Ulla e, dopo varie peregrinazioni, alla fine il corpo dell’apostolo sarebbe giunto a Iria Flavia (capitale della Galizia romana) su di un carro trainato da una coppia di buoi: il mausoleo (per alcuni un tempietto romano) sarebbe stato eretto proprio nel punto dove i buoi si erano fermati alla fine del percorso.

Il corpo dell’apostolo, a causa dei continui sconvolgimenti politici che in quell’epoca afflissero la Penisola Iberica e anche a causa della dominazione araba, rimase ignorato per secoli e se ne perse memoria. Una notte dell’813 d.C., per un eremita, Pelagio, fu attratto da una stella di colore azzurro, o forse secondo altre fonti da ben dodici stelle indicanti un luogo preciso a ovest sul monte Libredon, presso il quale doveva essere stato presente un antico insediamento militare romano di cui rimanevano tracce in un vecchio cimitero. L’archeologia ha in effetti recentemente dimostrato l’esistenza di tombe romane e di fondamenta che in seguito sarebbero state sancite e identificate dal Sator, il celeberrimo “Quadrato Magico” con scritta palindroma, mentre l’astronomia potrebbe presumibilmente confermare l’identificazione delle dodici stelle con la costellazione del Boote-Seminatore o Bifolco e la stella azzurra con “Spica” della costellazione della Vergine.

Dopo qualche tempo Pelagio si sentì in dovere di avvertire l’autorità ecclesiastica a proposito del “campo della stella” (in latino campus stellae) che aveva visto, e il vescovo di Iria Flavia, Teodomiro, ordinò di scavare in quel punto esatto Si scoprì dunque una tomba che conteneva tre scheletri, uno dei tre con la testa tagliata, e una scritta: “Qui giace Jacobus, figlio di Zebedeo e Salomé”. Il re asturiano, Alfonso II il Casto, informato del ritrovamento, fece edificare sul sepolcro una piccola chiesa, che subito diventò meta di fedeli e i monaci benedettini nell’893 vi fissarono la loro residenza. Iniziarono così i primi pellegrinaggi alla tomba dell’apostolo (Peregrinatio ad limina Sancti Jacobi), e attorno alla piccola chiesa nacque la città di Santiago de Compostela (appunto da campus stellae).

Vari percorsi per Santiago di Compostela quello in colore azzurro è il più frequentato

Il pellegrinaggio alle reliquie del santo assunse quindi il nome di “cammino delle stelle”, la Via Lattea di cui si parla anche nell’Historia Turpini, racconto cavalleresco attribuito al Vescovo di Reims, Turpino, contenuto nel IV libro del “Liber Sancti Jacobi” il cui mito si è fuso, in alcuni Paesi, con i culti della morte e del viaggio stesso dell’anima. La Via Lattea è identificata con il Cammino di San Giacomo, secondo la consueta corrispondenza tra cielo e terra, iter stellarum antico e universale, simbolo di collegamento tra il terrestre e il divino richiamato nei riti degli Egizi e dei Romani, poiché attraverso il pellegrinaggio si moriva metafisicamente per rinascere in una nuova vita spirituale.  Ancora una volta il Cammino di Santiago è la trasposizione nella Chiesa di fenomeni pagani di remote origini. Infatti molto prima della nascita di Gesù, già gli uomini viaggiavano senza posa fino alla Fine del Mondo, al punto conosciuto come Finisterre, la “Fine della terra”. Si racconta che lo stesso Apostolo Giacomo fornisse personalmente a Carlo Magno questa spiegazione durante una visione, indicandogli la “via delle stelle” per raggiungere il luogo della sua sepoltura.

La cattedrale di Burgos tappa fondamentale del pellegrinaggio

Il nome di Via Lattea proviene dall’antica mitologia greca e mediterranea, e riguarda la Grande Madre, il cui tempio era presente a Roma presso la casa di Romolo. Nei suoi scritti, Erastotene diceva che persino i figli degli dèi non avrebbero avuto onore nelle loro vite se non avessero bevuto il latte dai seni di Hera, e che se un mortale avesse potuto berne anche un solo sorso, sarebbe divenuto immortale. Nell’Antico Testamento essa è associata alla stella di Giacobbe, e nei sermoni di Callisto II compare per la prima volta l’immagine che fa della Via Lattea proprio il cammino delle anime.

A Roma la via Lattea era chiamata “Palatino del Cielo”, perché veniva ricollegata alla strada fiancheggiata dalle case degli dèi, che i Romani percorrevano in maniera rituale per radunarsi presso il loro divino sovrano sui luoghi della fondazione della città. Anche ai tempi di Dante era comunemente accettata l’idea del cielo stellato che mostra la galassia «cioè quello bianco cerchio che la vulgo chiama la via di Sa Jacopo».

Essa è osservabile come una larga fascia di 10/15° che passa intorno al cielo formando un angolo di circa 60° con la direzione quotidiana del moto delle stelle, e la sua visibilità è massima quando incrocia lo zenit da nord a sud nelle sere di fine estate. I Maya la consideravano il cordone ombelicale che collegava il cielo agli inferi e alla terra, come una grande strada o fiume celeste.

Il Cammino di Santiago si rivela dunque profondamente esoterico, esso conduce all’abbandono degli schemi terreni, portando il pellegrino a morire allegoricamente e a rinascere in una nuova realtà, rappresentata dal simbolo di rigenerazione del Sator.

Anche il mondo etrusco non era estraneo ai pellegrinaggi, retaggio della cultura pagana, nell’ambito della quale rappresentavano il cammino dell’uomo per raggiungere l’aldilà. Nel periodo arcaico tutte le forze naturali erano state oggetto di reverente ammirazione, per cui il Sole, la Luna, le stelle e tutti gli altri corpi celesti, acquisirono un valore divino tale da giustificare la peregrinazione verso quei luoghi dove era possibile entrare a contatto con tali manifestazioni. Il Cristianesimo trasformò questa dimensione mitologica in chiave propriamente cristiana, ovvero come ri-generazione trascendente, attraverso il viaggio verso il Paradiso o i luoghi di pellegrinaggio come Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostela.

La via di pellegrinaggio verso Santiago di Compostela si dispiega attraverso segnali alchemici, astrologici ed ermetici, nelle costruzioni e nelle opere d’arte disseminate lungo il percorso, a richiamare costantemente l’attenzione verso la meta prefissata.

Pellegrini in viaggio sul percorso contraddistinto dalla conchiglia del tipo Capasanta

Giunti a Santiago di Compostela, il Cammino finalmente si trasmuta “in un grande fiume che sfocia nel mare di Santiago, formato da molti affluenti, che hanno le loro sorgenti nelle lontane regioni d’Europa”. La cattedrale di Santiago appare dunque in stretta connessione con le chiese-santuario e le varie tappe sparse lungo le vie di pellegrinaggio, sia per le soluzioni architettoniche adottate che per le scelte operate nella decorazione scultorea, come anche nelle iconografie e nei linguaggi plastici espressi. Era infatti abituale per le maestranze muoversi tra centri notevolmente distanti; lo stesso cantiere della cattedrale originale di Santiago di Compostela è diretto nell’XI secolo da Bernardo il Vecchio, mirabilis magister di probabile origine francese

Chiesa romanico-gotica di Estella verso la parte conclusiva del percorso

La chiesa attuale segue nella metodologia costruttiva il modello a croce latina, ed è però sempre astronomicamente orientata verso i punti cardinali ovest ed est, con le tre navate e l’abside occupata da diverse cappelle. Nella “Guida del pellegrino” a Santiago di Compostela, Almerico Picaud paragona la chiesa a un organismo umano, in cui la navata principale è il corpo e i transetti le braccia; le dimensioni seguono le stesse proporzioni, “l’uomo quadrato” di Santa Ildegarda con le braccia tese e i piedi uniti, che indicano i quattro punti cardinali.

A prescindere da informazioni turistiche e connotazioni storiche di assoluto pregio oltre a luoghi bellissimi o splendidi monumenti che ne contraddistinguono l’intero percorso, il cammino di e per Santiago di Compostela è una prova assolutamente introspettiva, un esame che guarda a noi stessi e che dialoga con il nostro “io” interiore, alla ricerca di una sorta di resettaggio completo della mente e forse della stessa anima.

Pellegrinaggio non solo a piedi ma anche con con la bicicletta


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