di Mario Pagni
Ormai da
tempo gli studiosi sono concordi nel ritenere che l’unico vero esempio sostanziale di religiosità praticata dai Romani
nel primo periodo di fondazione di Roma provenisse dagli Etruschi.
Come
sappiamo infatti, dal punto di vista religioso la dottrina etrusca si
presentava in forma di religione “rivelata”, e il complesso dei rituali
divinatori, in seguito trasferiti proprio ai Romani, erano raccolti e
tramandati nei libri sacri che costituivano la cosiddetta “disciplina etrusca”.
Quest’ultima
nasce dalla leggenda di Tagete, figlio di Genio e nipote di Giove,
“bambino-saggio” scaturito da una zolla
di terra toccata dall'aratro di un contadino, destinato a insegnare all'intera
Etruria tutta la disciplina che avrebbe abbracciato il sapere umano,
ispirato direttamente dal sapere divino.
La leggenda
racconta che un giorno Tarconte, (questo e il nome del contadino etrusco),
mentre arava il suo podere accanto al fiume Marta, nel territorio di Tarquinia,
volgendo lo sguardo al lavoro già eseguito si accorse che da un solco appena
tracciato era venuto fuori un fanciullo che, come se fosse una cosa
normalissima, cominciò a cantare. Alle grida spaventate di Tarconte accorsero
un gran numero di persone, tra cui i sacerdoti etruschi (i lucumoni), ai quali
il bambino disse di chiamarsi Tagete. Questi
continuò a cantare versi contenenti insegnamenti e profezie sul popolo etrusco,
che i sacerdoti sembra trascrissero parola per parola.
Tomba etrusca degli auguri sacerdoti e Tagete |
È interessante notare che qui il racconto prima a carattere tradizionale, assume il senso di “ierofania simbolica”, che si fonda su un patrimonio di valori, proprio come quello trasferito al popolo etrusco ma largamente orientato sulla sfera agraria. Il “principio generatore” coincide, infatti, con l’atto agricolo, inteso non solo come semplice aratura, ma anche come rituale impiegato per fondare le nuove città. Gli scritti e appunti presi dagli antichi sacerdoti etruschi furono raccolti in veri e propri testi sacri di riferimento fra questi abbiamo:
I Libri
Haruspicini, svelati proprio da Tagete che trattavano
l’arte della divinazione attraverso vari metodi, tra i quali la consultazione
delle viscere degli animali. Un valido esempio di ciò è costituito dal
cosiddetto “Fegato di Piacenza”, reperto archeologico che, con le sue
iscrizioni, può essere assimilato ad una sorta di mappa, che guidava il
sacerdote etrusco che osservava la superficie dell'organo animale alla ricerca
dei segnali divini. Questo stesso schema è analogo a quello di reperti affini
babilonesi, e per alcuni studiosi è riconoscibile nella stessa pianta della
città di Roma.
I Libri
Fulguratores invece, il cui contenuto era stato manifestato dalla ninfa Vegoe,
riguardavano l’interpretazione dei
fulmini posti in relazione al settore di volta celeste dalla quale si riteneva provenissero.
Infine abbiamo i Libri Rituales, svelati
anch'essi da una ninfa, Vegoe o Begoe, dove troviamo ancora la suddivisione
della volta celeste, la spiegazione dell’agrimensura, dei riti e dei criteri
per la consacrazione dei templi, oltre ad importanti nozioni sulla
fondazione delle città con la pianta disposta a scacchiera e l’orientamento
stabilito dai sacerdoti o augures.
Il cielo degli Etruschi suddiviso in parti diverse |
La genesi di
questa “disciplina etrusca” pare presente anche in Mesopotamia, e sembra avere
un’origine caldea, con influenze greche. Auspici celesti, tratti per esempio
dall’aspetto della Luna, sono attestati in Mesopotamia fin dal secondo
millennio a.C., dove si osservava abitualmente il cielo proprio per trarne
presagi per il futuro.
Secondo
Adriano Maggiani Funzionario archeologo della Soprintendenza per i Beni
Archeologici della Toscana “non era soltanto una tecnica per formulare profezie
e previsioni, era un insieme di nozioni
e precetti, raccolti e ordinati secondo precisi criteri che potevano spiegare
tutta la realtà in quanto sistema rigorosamente strutturato di leggi e norme
dipendenti coerentemente da un complesso di dogmi, frutto di rivelazione
divina”, quella del fanciullo Tagete o della ninfa Vegoe.
Le tecniche
di divinazione etrusche erano quindi
destinate a svolgere anche a Roma (come inizialmente accennato)
un’importante funzione, fin dalla sua fondazione, se è vero che alla fine del I
sec. a.C. lo stesso Augusto, secondo le parole di Servio, fece porre i libri
sacri degli Etruschi nel tempio di Apollo Palatino, assicurandone in tal modo
la conservazione il prestigio e il controllo statale
Gli Etruschi
erano un popolo religiosissimo e la classe sacerdotale ne costituiva la guida
spirituale ma questo si rifletteva anche
in attività pratiche, quali ad esempio la definizione dei calendari e la
scansione temporale delle attività agricole.
Le
caratteristiche e la struttura dei riti della disciplina etrusca sono pervenute
a noi attraverso gli scritti di Cicerone, Livio, Seneca ed altri scrittori
latini o mediante il rinvenimento di straordinari documenti, come la “Mummia di
Zagabria” o il prima citato “Fegato di Piacenza”.
Fegato di Piacenza |
La
disciplina augurale si celebrava con il
caratteristico lituo, un bastone arcuato all’estremità superiore, nelle due
forme a semicerchio e a spirale, di cui si servivano proprio gli auguri per
delimitare la zona “inaugurata” , cioè consacrata e del quale abbiamo numerose
testimonianze sia scritte da parte degli
annalisti, sia figurate in bronzetti votivi o steli funerarie. Plutarco, nella
Vita di Camillo (32, 6-8) definisce il lituo come uno degli oggetti sacri e
intoccabili, legato proprio alle origini di Roma, introdottovi dall’Etruria e
consacrato a Roma ogni 23 di marzo, insieme con le trombe di guerra.
L’origine di questo strumento ci
porta in Oriente, come la stessa disciplina augurale, poiché lo troviamo
raffigurato nei monumenti Ittiti, ed esso era certamente una della insegne del potere degli
antichi re Caldei e dei sovrani dell’Asia Minore.
Statuetta in bronzo di Augure con il Lituo |
Il lituo era
però anche uno strumento astronomico, come si evince da un passo del De
Verborum Significatione (351) di Sesto Pompeo Festo, nel quale si associa la
divinazione del volo degli uccelli alle stelle: "Stellam significare ait
Ateius Capito laetum et prosperum, auctoritamen secutus P. Servili auguris
[stellam], quae ex lamella aerea adsimilis stellae locis inauguratis
infigatur." ("Ateio Capito dice che, secondo l'autorità dell'augure
P. Servilio, l'indicare la stella è favorevole e apporta buona fortuna, per cui
una lamina bronzea simile a una stella è infissa nei luoghi
inaugurati").
Si potrebbe
supporre infine che all'origine del lituo ci fosse l'usanza dei pastori di misurare le distanze tra le stelle, ponendo
come regolo la forma circolare del loro bastone e, in questo modo,
individuare il polo attorno al quale ruotavano le costellazioni generatrici
delle quali abbiamo già ampiamente trattato.
Aruspici del Trasimeno ricostruzione |
La stessa
costellazione di Boote (il Seminatore), in antiche carte astronomiche, è
rappresentata con in mano il tipico bastone con l'estremità a spirale, che
ricorda proprio le forme di un lituo.
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