giovedì 29 ottobre 2020

Il simbolismo del portale d’ingresso delle chiese

di Mario Pagni

Budapest, portale gotico della chiesa romanica di Jak
Budapest, portale gotico della chiesa romanica di Jak

Proseguendo il nostro cammino nel mondo dei simboli con particolare riferimento alle architetture e agli edifici antichi, dopo il campanile e la cupola incontriamo un altro elemento importante comune sia a edifici civili che religiosi sia in ambito antico che moderno. Si tratta del portale d’ingresso che di per se considerando l’ambito civile altro non offre che una sicurezza per chi abita all’interno e una accoglienza per chi invece vorrebbe entrare. Nelle chiese e nelle cattedrali gotiche medievali in particolare però, questo elemento architettonico, rappresentava sempre e comunque un “passaggio” fra il mondo profano e quello sacro posto all’interno. Questa è la prima importante considerazione a proposito del portale che ci fa anche capire il perché di tanti ricchissimi elementi decorativi posti sulle cornici esterne e davanti all’ingresso stesso.

Scrive Guillaume Durand de Mende: La porta della chiesa è Cristo. Ed ecco perché si legge nel Vangelo: “Io sono la porta dice il Signore”. Anche gli apostoli sono le porte della chiesa. Il termine “ostium” (porta) deriva da “obsistendo” (porsi di fronte a coloro che stanno fuori), oppure da “ostendendo” (mostrare loro l’entrata). Il battente della porta (valva) arriva da “volvere” (girare) e porta da “portando”, (portare) poiché è attraverso di essa che si porta e si reca nella chiesa tutto ciò che si offre a Dio”.

Nel medioevo il portale delle chiese aveva un grande valore sia simbolico che comunicativo. Il protiro come i leoni stilofori che sostengono le colonne poste ai lati che proteggono l’accesso, non è altro che una storica reminiscenza del quadriportico che aveva caratterizzato le basiliche paleocristiane.

lunedì 26 ottobre 2020

Margherita Porete e il Miroir des simples âmes

di Chiara Sacchetti

Della vita di Margherita sappiamo molto poco. Le uniche date conosciute sono quella presunta della sua nascita, fra il 1250/60 probabilmente nella contea di Hainaut nelle Fiandre vicino a Brabante, e quella della sua morte, avvenuta sul rogo il 1° giugno 1310 a Parigi. Da alcune cronache, siamo a conoscenza anche che era una beghina, ovvero una persona che senza prendere ufficialmente dei voti si dedicava alla vita monastica all’interno di associazioni religiose al di fuori della Chiesa Cattolica. Alcuni studiosi l’avrebbero invece legata ai Fratelli del Libero Spirito, una associazione religiosa considerata eretica per le visioni antidottrinali ma che ha con sé, come vedremo fra poco, molte opinioni simili a Margherita. Oltre a questo niente di più .

Stampa quattrocentesca con Margherita Porete
Stampa quattrocentesca con Margherita Porete

Di lei e della sua storia ci restano infatti soltanto gli atti del processo che la condannò a morte e il suo libro, causa e motivo dell’accusa di eresia, il “Miroir des simples âmes” ossia “Lo specchio delle anime semplici”, che nonostante fosse stato bruciato e messo al bando fra i libri proibiti ha continuato a circolare fino ad oggi. Alcuni amanuensi e studiosi, evidentemente sfidando la Chiesa e le altre istituzioni, hanno continuato a copiarlo come era consuetidine nel Medioevo e per fortuna è riuscito ad arrivare fino ai giorni nostri.

giovedì 22 ottobre 2020

Il simbolismo della cupola

di Mario Pagni

Siena, Duomo, Cupola interno
Siena, Duomo, Cupola interno

Dopo aver affrontato se pure a grandi linee il simbolismo del campanile e della torre campanaria in genere sia dal punto di vista cristiano che riferito ad altri culti e religioni presenti nel mondo sia antico che attuale, spostiamo la nostra sfera di interesse verso quello che potremo definire in architettura il “simbolo dei simboli”: la cupola.

Dice Guillaume Durand de Mende nel suo storico libro “Manuale per comprendere il significato simbolico delle cattedrali e delle chiese”: “ La cupola ossia la sommità alta e rotonda del tempio sulla quale si posa la croce, vuole significare, a causa della sua forma rotonda, con quale perfezione e quale inviolabilità la fede cattolica deve essere predicata e praticata; giacchè se non la si osserva interamente e senza macchia, si morrà per sempre nell’eternità.”

Nella complessa realtà e nelle sapienti verità trasmesse espresse dal simbolo in generale fino dai primordi della storia dell’uomo, la forma geometrica della cupola o “a cupola”, raccoglie in se tanti altri significati che vanno in questo caso ben oltre a quanto espresso pur correttamente dal credo cattolico – cristiano.

lunedì 19 ottobre 2020

Bastet la dea gatto

di Chiara Sacchetti     

Fra le numerose divinità dell’Antico Egitto troviamo la dea Bastet raffigurata come un gatto completamente nero o come una donna con la testa di gatto, animale adorato e venerato così tanto dagli egizi da mummificarlo e porlo nelle tombe assieme ai defunti “umani” e da dedicargli anche templi ed edifici stupendi. Uno dei principali motivi di tale devozione, soprattutto per la gente comune, era sicuramente che il gatto per la sua indole teneva lontani i topi dai granai, riserve fondamentali per la sopravvivenza dell’intera popolazione, cosa che scongiurava la carestia; in più era anche utile contro i serpenti e i loro morsi dato che sapeva benissimo quali erbe utilizzare come antidoto. Per i nobili, invece, i gatti erano simbolo di ricchezza, di uno status importante e di grazia per il loro portamento e le eleganti mosse felpate.

Di certo non dobbiamo immaginarci l’animale addomesticato come alcuni di noi tengono in casa, anche se gli egizi vedevano i gatti anche come guardiani spirituali che sorvegliavano le dimore e per questo non esistevano case o templi in cui non abitasse questo affascinante felino. Quando il gatto moriva il padrone, in segno di lutto per la perdita e di rispetto nei confronti della dea a lui associata, si radeva le sopracciglia.

Il gatto era amato e venerato ufficialmente perché era considerato dagli egizi la rappresentazione terrena della dea e per questo era ritenuto così importante e sacro che furono emanate numerosi leggi a sua tutela, che vietavano di fargli del male o di allontanare l’animale oltre i confini tanto che chi trasgrediva tali disposizioni rischiava addirittura la pena di morte.

John Weguelin, L'ossequi al gatto egizio
John Weguelin, L'ossequi al gatto egizio

giovedì 15 ottobre 2020

Il simbolismo del campanile

di Mario Pagni

Ogni singola parte di un edificio ha delle motivazioni precise attribuibili ad esigenze di ordine pratico ma anche specialmente per quanto riguarda edifici antichi o vetusti, segnali precisi di ordine mistico e simbolico. La nostra breve considerazione riferita a questi ultimi riguarda proprio tali segnali con il loro messaggio trasmesso sia a livello archetipico, allegorico ma soprattutto proprio con la loro simbologia. Qui prima di continuare occorre fare una prima importante suddivisione fra ciò che insegnano i culti antichi e le attuali religioni con ciò che invece è trattato come linea di fondo a livello esoterico. Non è una suddivisione netta perché tutti i messaggi scolpiti nelle pietre di una chiesa o negli affreschi di noti pittori, parlano sostanzialmente all’uomo, con i suoi problemi , le sue paure ma anche la sua grande voglia spontanea di apprendere attraverso una conoscenza che ha oltrepassato i secoli servendosi di un linguaggio comune a tutti e per tutti.

“Nel profilo delle nostre città, dai paesi alle metropoli, il campanile è una presenza fondamentale, la cui assenza è quasi inimmaginabile. Storicamente è attorno al campanile che la comunità si raccoglie, punto di riferimento per la vista e per l’udito, e anche in una società più secolarizzata ed evoluta, il campanile rimane una cifra identitaria, spesso il simbolo stesso di una città, nonché una presenza protettiva e vigile, come archetipicamente è ogni torre.”

Stiamo parlando di una costruzione assai familiare nella nostra bella Italia ma che contraddistingue ogni paese o nazione del mondo dove la religione cristiana si è espressa a maggiore titolo. Tuttavia anche altre religioni hanno il loro campanile che annuncia , protegge, proclama anche per tramite degli stessi suoi seguaci o sacerdoti il loro credo religioso, un esempio per tutti è l’islamico minareto costruzione assai affascinante simile ad una matita appuntita rivolta verso il cielo con un terrazzo circolare vicino alla cuspide dal quale far partire le preghiere verso la città santa della Mecca.

lunedì 12 ottobre 2020

La Società Teosofica

di Chiara Sacchetti 

Abbiamo già parlato di Madame Blavatsky, una donna piuttosto particolare esperta di occultismo ed esoterismo che aveva essa stessa visioni fin da piccola, e anche della fondazione assieme ad un folto gruppo di esperti nel 1875 della Società Teosofica. Ma di cosa si trattava? Cosa faceva? E adesso esiste ancora?

Simbolo Società Teosofica
Simbolo Società Teosofica

Lo stemma della Società racchiude nei suoi simboli le caratteristiche principali che l’associazione intende perseguire e ha come espressione. È un uroboro rinchiuso da una svastica con sopra la parola sanscrita Om e all’interno due triangoli intrecciati con all’interno l’ankh, la croce che rappresenta l’unione dell’alto e basso Egitto  sotto il motto “There is no religion higher than truth” (non c’è religione più alta della verità). Il significato di tutti questi simboli è piuttosto complesso. L’uroboro riporta alla ciclicità della vita e di tutti gli eventi in un continuo rigenerarsi senza una fine e quindi una morte vera, cosa che riporta a sua volta sicuramente all’occultismo e alla credenza di una vita dopo la morte. L’ankh significa la vita e non a caso moltissime divinità egizie sono raffiguarate con questo oggetto fra le mani, mentre la svastica che soltanto nella storia contemporanea ha preso connotati negativi, nell’antichità indicava la religiosità e aveva un’accezione positiva. Infine i due triangoli intrecciati che formano la celebre croce di Davide, si riferiscono sicuramente alla religione ebraica con la Cabala e assieme la Trinità. La parola sanscrita Om, risulta intraducibile in lingue conosciute, ma associabile forse al greco Logos che a sua volta riporta ai primi passi della Bibbia «In principio era il Verbo, il Verbo er presso Dio e il Verbo era Dio».

giovedì 8 ottobre 2020

Modulistica architettonica applicata al sacro e alla preghiera. L'architettura cistercense

 di Mario Pagni

San Bernado
San Bernardo
L’architettura cistercense imponente e al tempo stesso sobria, povera e disadorna ha fra le sue principali caratteristiche stilistiche, una certa ripetitività modulare di elementi costruttivi sia di tipo strutturale che decorativo.

Essa inizia verso il 1135 quando San Bernardo pone le fondamenta (non solo fisiche) per la costruzione di Clairvaux, superando il primo incerto periodo quando le abbazie erano un semplice complesso di baracche lignee per diffondersi poi rapidamente in tutta Europa.

Abbiamo subito accennato alle abbazie perché saranno proprio questi edifici a veicolare quello che potremo definire lo “stile dei monaci costruttori cistercensi”. L’esempio classico di tale stile sarà l’abbazia di Fontenay, realizzata fra il 1139 e il 1147, voluta dallo stesso Bernardo di Chiaravalle e della quale ancora oggi si conservano tutti gli ambienti originali.

lunedì 5 ottobre 2020

Madame Blavatsky

 di Chiara Sacchetti

Eléna Petróvna von Hahn, meglio conosciuta come Helena Blavatsky o Madame Blavatsky nacque a Dnipro il 12 agosto 1831 (o secondo il calendario russo la notte fra il 30 e il 31 luglio). Primogenita di Pëtr Alekseevič von Hahn e Elena Andreevna Fadeeva, contrasse assieme alla madre il colera che in quel periodo imperversava nella loro cittadina e nonostante le poche speranze date dai medici, le due donne sopravvissero alla malattia. La sua famglia discendeva da nobili origini, la madre infatti, un’autodidatta, era la figlia della principessa Yelena Pavlovna Dolgorukova, mentre il padre era un capitano dell’artiglieria reale a cavallo, lavoro che portò spesso la famiglia a trasferirsi.

Helena Blavatsky
Heleva Blavatsky

giovedì 1 ottobre 2020

I segreti delle piramidi

di Mario Pagni

Le “Vie della Conoscenza” da questo scritto in poi si occuperanno principalmente di problemi archeologici e architettonici ad ampio spettro seppure con il numero di caratteri e di cartelle a disposizione volutamente limitate ad una sommaria ma non per questo errata informazione. Lo scritto in questione verrà riproposto anche sulla pagina Facebook in generale e sull’altro sito dedicato ai “Maestri della pietra e monaci costruttori” già in condivisione ed uso da molto tempo. Occorre però subito precisare che ogni tematica che verrà affrontata, riguarderà un metodo di indagine “composito”, ovvero formato da elementi costituitivi del monumento facenti parte solo apparentemente, di altre discipline scientifico – filosofiche ma assai simili nella realtà dell’impianto costruttivo dell’opera architettonica e archeologica in oggetto. Di tale realtà ne faranno parte quindi e a pieno titolo, non solo gli aspetti estetici e le intenzioni del popolo  del maestro costruttore o dell’architetto che le ha edificate, ma anche simbologie, tecniche murarie e riferimenti storico – religiosi che ne hanno permesso a suo tempo e nel tempo il loro compimento.

“Se è vero che le forme le forme geometriche possono emettere un particolare tipo di onde, bisogna prendere in considerazione l’ipotesi che gli antichi sacerdoti egizi conoscessero queste forze assai meglio di noi e delle nostre attuali supposizioni e avessero imparato a sfruttarle in modo adeguato”.

Il concetto di “montagna sacra” è universalmente riconosciuto in ogni antico popolo. Esso identifica in forma simbolica l’eterno contatto fra la terra e il cielo. Non è difficile riscontrare in molti siti archeologici sia europei che americani o asiatici, un certo riferimento a ciò che sembra costituire un tema ricorrente nella disposizione o nella vicinanza di tale simbolico messaggio. Dalle grandi piramidi d’Egitto alle Ziggurath medio orientali, per arrivare alle cupole delle chiese cristiane e islamiche, in tutti questi casi il messaggio universale è sempre lo stesso; rappresentare in una sorta di perenne microcosmo, la grandezza del cielo e della volta celeste con i suoi milioni di astri, disegnato o dipinto, nel soffitto di queste gigantesche emblematiche costruzioni. Uno dei maggiori e imponenti esempi di questa simbologia sono le piramidi egiziane in particolare quelle poste nella piana di Gizah nei pressi della caotica città del Cairo.

Vista aerea della piana di Gizah