giovedì 28 maggio 2020

Il Drago animale leggendario e specchio delle umane paure

di Mario Pagni

La minacciosa figura del drago è sempre viva nella nostra storia, nella mitologia e nelle leggende di ogni epoca. Così come l’eroica figura dell’uomo che cerca di sconfiggerlo. Esso è Perseo, Marduk, Sigfrido, San Giorgio.
Paolo Uccello, San Giorgio e il Drago
Il drago fra gli animali ritenuti leggendari è sicuramente uno dei più interessanti. Erede quasi immateriale e sfuggente dei veri grandi rettili del primo periodo preistorico, nelle leggende di quasi tutti i popoli antichi da questa e dall’altra parte del continente è nominato spesso e fa parte di molte delle tradizioni sia colte che popolari. Benchè possa apparire inconsueto, anche gli antichi simboli cinesi attribuiscono al drago le stesse valenze di potenza della natura della tradizione indo – europea e più in generale per l’occidente, esattamente come per il Feng–Shui sistema topografico che identifica proprio nella crosta terrestre e nelle sue manifestazioni di superficie, la sede di forze segrete opposte e complementari denominate proprio come l’animale leggendario.

lunedì 25 maggio 2020

Viviana la Dama del Lago

di Chiara Sacchetti


È uno dei personaggi più ambigui e mutevoli del ciclo arturiano, e allo stesso tempo anche molto affascinante e ricco di mistero, ma diverso, spesso anzi confuso con quello altrettanto misterioso e ambiguo di Morgana e con un luogo di origine probabilmente comune, l’isola di Avalon. Una protagonista senza tempo e senza età, quello di Viviana, che vive come in una trasparente bolla chiusa  nella quale il tempo non trascorre,  essa non invecchia e non imbruttisce; è custode del Graal che solo l’eroe Parsifal, condottiero puro di tutta la saga arturiana, riuscirà a riscattare. Ed è proprio nel suo lago che quest’ultimo getterà la spada del re di Camelot, per suo stesso volere, come sua ultima richiesta dopo la morte.
Kingtston Maurward, statua della spada di Artù Excalibur

giovedì 21 maggio 2020

Uscire dal proprio corpo. Viaggiare in astrale

di Mario Pagni

Il nostro doppio
Quando stiamo per addormentarci è il momento forse migliore ma anche il peggiore per riflettere sulla giornata trascorsa ma anche sulla vita in generale sulle sue vere ragioni e sul perché esistiamo. I ricordi si impadroniscono di noi facendoci arretrare fino alle cose che più abbiamo desiderato e non siamo riusciti a realizzare. Questo a volte assieme alle solite preoccupazioni, ci impedisce di prendere sonno ma senza entrare nel campo scientifico delle varie fasi che lo caratterizzano, ci limiteremo a dire che proprio in quei momenti, entriamo spesso involontariamente, in un territorio ancora per certi versi sconosciuto, una sorta di misto fra sogno e realtà, uno stato psico–fisico disturbato e prolifico di sensazioni curiose, non giustificate dall’assoluto controllo del nostro “Super Io” come avviene invece durante la veglia. Il primo sonno è caratterizzato proprio da questo tipo di fenomenologia al punto tale da farci dire la famosa frase “sogno o son desto”, tipica di una prima riflessione di fronte a fatti che stanno a cavallo fra la loro percezione reale e il confine con l’incerto surreale e il fantastico. Forse non proprio a tutti ma certamente a molti è accaduto almeno una volta nella vita e proprio in questi momenti, di avere l’impressione di vedersi “da fuori”; è successo anche nelle sale operatorie durante stati apparenti di coma, oppure durante drammatici incidenti stradali con il corpo “materiale” ferito a terra e soccorso dagli addetti all’ambulanza come se l’io cosciente fosse esterno allo stesso. Anche la scienza con il solito voluto “ritardo accademico” ha preso recentemente in considerazione la possibilità di un “dualismo” di tipo fisico – spirituale presente nel corpo umano, ma andando a trattare certe problematiche sempre e forse giustamente con i “piedi di piombo” .

lunedì 18 maggio 2020

Fata Morgana

di Chiara Sacchetti

Conosciuta come la sorellastra perfida di re Artù, e una delle tre figlie di Igraine e del marito il duca Gorlois di Cornovaglia, Morgana appare però solo nel 1148 per la penna di Goffredo da Monmouth nella sua Vita Merlini come una delle nove sorelle dell’Isola delle Mele (Avalon), capace di guarire le ferite e salvare da morte certa gli eroi. Era la più grande e bella delle altre sorelle (Moronoe, Mazoe, Gliten, Glitonea, Gliton, Tyronoe, Thiten, Thiton) tutte sacerdotesse, maghe e guaritrici che governavano sull’isola.
La Fata Morgana

giovedì 14 maggio 2020

Lo Zodiaco fra scienza tradizione antica e magia

di Mario Pagni

Lo zodiaco
Fino da circa 3500 anni a. C. gli antichi astrologi Medi avevano individuato nel cielo gruppi di stelle in apparente legame fra loro. Tali gruppi definiti “costellazioni” se unite da tratti immaginari, assumevano osservandole da terra nelle limpide notti di allora,  forme e disegni particolari che i primi astrologi della Grecia antica descrissero e identificarono con figure mitologiche di dei, eroi e animali. Fra questi gruppi di stelle alcune si muovevano proprio lungo il moto apparente del Sole (eclittica), ad un altezza di circa 30 gradi sull’orizzonte celeste. Esse nel numero costante di dodici furono definite dello “Zodiaco” ovvero in greco “cerchio di animali”.

lunedì 11 maggio 2020

Ginevra la regina di Camelot

di Chiara Sacchetti

È la leggendaria moglie di re Artù, e da sempre ricordata come l’amante di Lancillotto, Primo Cavaliere della Tavola Rotonda e più fidato uomo del marito. Ma chi era davvero Ginevra? E nella sua figura mitologica esiste un fondo di verità?
Il suo nome, nella forma gallese Gwenhwyfar, significa “incantatrice bianca” oppure anche fata/fantasma bianca, mentre in celtico, Gwena, donna, bella e regina nell’animo.
Dalle fonti letterarie che sono giunte fino a noi, le origini di Ginevra non sono concordi: per Goffredo di Monmouth era figlia di un nobile romano, mentre autori successivi la indicano invece di Leodagan di Carmelide. Quella che è certa la sua origine aristocratica, cosa che influenzerà la sua intera esistenza.
William Morris, La Regina Ginevra

giovedì 7 maggio 2020

Re Artù e la presunta sepoltura nell’abbazia di Glastonbury. Leggenda o realtà

di Mario Pagni
Abbazia di Glanstonbury
Si dice spesso che l’archeologia studia i fatti e non le ipotesi per supportare la storia che lavora sulle fonti scritte per dare un fondamento reale e “materico” al nostro passato. Questa disciplina scientifica ma creata su basi umanistiche, nel corso degli ultimi 50 anni ha subito una notevole mutazione in termini di precisione e affidabilità dei dati che provengono dalle aree di scavo. Recentemente l’indispensabile ausilio di scienze quali la geometria descrittiva e la stessa informatica, hanno permesso la restituzione puntuale di ciò che è stato prodotto, sia dal ritrovamento e catalogazione dei reperti che dalla misurazione delle strutture rinvenute, in modo più corretto e puntuale a livello di documentazione. Le difficoltà di reperire dati reali però aumentano, quando si ha a che vedere con metastorie che sfiorano e oltrepassano anche la leggenda, come nel caso delle vicende legate a re Artù, ai suoi Cavalieri della Tavola Rotonda e persino al Santo Graal. Lo scenario che si configura e il rischio che si corre è quello non solo della libera interpretazione della realtà storica, ma al contempo della possibilità di proiettare i propri desideri e le specifiche esigenze di tipo culturale, rendendo tutto più difficile e inesatto nelle conclusioni.