Tra le
figure che troviamo nella tradizione e nel folklore italiano c’è la janara, una sorta di strega tipica della
regioni meridionali dell’Italia, e in particolare della Campania e che ancora
oggi, in certe località rurali più isolate, è una figura delle più temute.
Le origini
della janara
L’etimologia
della parola janara è incerta,
secondo alcuni viene da “Dianara”, vocabolo
che indicava la sacerdotessa di Diana, dea della caccia legata alla luna e alle
streghe stesse, mentre altri sostengono il legame con il termine latino ianura, ossia porta. Dietro a questa
infatti, secondo le antiche credenze, doveva essere posta una scopa o un
sacchetto di sale grosso per tenere lontane queste fattucchiere, costrette a
contare i fili della granata o il numero dei grani contenuti nella busta prima
di entrare. Occorre ricordare anche il termine latino Janua per indicare accesso o ingresso verso altro ambiente. Il
toponimo Genova capoluogo ligure,
costituisce un esempio di porto o accesso ad un determinato luogo.
Janare intorno al Noce di Benevento |
La leggenda relativa
a questa figura di strega ha origini nel beneventano in ambiente rurale e ben
presto poi si è diffusa fino ad arrivare nella città di Napoli, e ancora oggi
in alcuni paesi della provincia non è difficile trovare donne con il preciso
compito di tenere lontane queste oscure figure.
La
tradizione vuole che le janare avessero conoscenze profondissime per riti
magici e occulti, capaci di distruggere la vita delle persone; la storia ci
racconta che esse abbiano fatto il loro ingresso nella cultura locale nel
periodo longobardo, quando ancora c’era una simbiosi fra culti pagani e il
cristianesimo appena nato e in particolare, quando le genti del contado
continuavano a venerare le dee Diana, Iside ed anche Ecate come è anche
testimoniato da alcuni monumenti presenti in città.