lunedì 16 dicembre 2019

Le Visioni di Ildegarda di Bigen

L’Universo, l’Uomo e tutta la Sophia che la monaca imparò dalla Luce

di Chiara Sacchetti

«La luminosità che vedo non è racchiusa in un luogo, ma risplende più della nube che sta davanti al sole; non so distinguere in essa altezza, lunghezza e larghezza; ed essa per me ha nome “Ombra del Vivo Splendore”. E come il sole, la luna e le stelle appaiono riflessi nell'acqua, così le scritture, i discorsi, le virtù e le opere degli uomini risplendono per me in essa. Tutto quello che vedo e apprendo nelle visioni lo conservo nella memoria per lungo tempo, cosicché ricordo quello che un tempo vidi; e vedo, ascolto e apprendo nello stesso istante, e quasi istantaneamente comprendo ciò che ho appreso; ma quello che non vedo non lo conosco, perché sono ignorante ed ho imparato a malapena a leggere. Le cose che scrivo delle visioni sono ciò che ho visto e udito; e non aggiungo altre parole oltre a quelle che sento e che riferisco in un latino imperfetto, come le ho udite nella visione; poiché nelle mie visioni non mi si insegna a scrivere come scrivono i filosofi, e le parole udite nella visione non sono come quelle che risuonano sulla bocca degli esseri umani, ma come fiamma che abbaglia o come una nube che vaga nella sfera dell'aria più pura. Di questa luminosità non posso conoscere la forma, non più di quanto si possa guardare direttamente la sfera del sole. Talvolta, ma non accade di frequente, vedo all'interno di questa luminosità un'altra luce, che chiamo 'Luce Vivente'. Non so dire quando e come io la veda; ma, allorché la vedo, si allontano da me tristezza e dolori, e mi comporto allora con la semplicità di una fanciulla, e non come una donna ormai vecchia».
Statua di Ildegarda di Bigen, Corizia

Abbiamo parlato la volta scorsa della vita di Santa Ildegarda di Bigen, una monaca che fino da piccola fu di salute cagionevole ma che ebbe anche visioni di Luce che le insegnarono tutto ciò che poi ci ha lasciato attraverso i suoi scritti. Ildegarda non è andata a scuola, è una «indocta, e paupercola forma femminea» come lei stessa si definisce, ma grazie a queste visioni ha imparato e poi ha divulgato quanto appreso.  Varie sono le interpretazioni che gli studiosi hanno dato a questi incontri. Alcuni sostengono che Ildegarda abbia quasi inventato queste esperienze per giustificare una sapienza che nella realtà veniva dai libri e dalle molte ore passate a studiare, ma che in una società come quella passata tutto ciò non poteva essere tollerato. Solo una Conoscenza dall’Alto, da Dio, un Maestro che non era terreno ma che aveva scelto lei per insegnarle e tramandare la vera Sapienza agli uomini, poteva riuscire a far accettare una tale condizione. Altri invece, come lo storico della scienza e della medicina Charles Singer, poi ripreso dal neurologo Oliver Sacks, sosteneva che queste visioni avessero in realtà un’origine emicranica, cioè fossero frutto della fantasia insana della donna, pur non avendo essa stessa alcuna trance o estasi. Non ci è dato sapere quale sia la verità, ma quello che ora ci interessa in questa sede è di scoprire e capire cosa lei ci ha raccontato e ci ha lasciato di questi momenti.
Come già detto per la monaca è la Luce che le trasmette il Sapere, una luce che è facilmente identificabile con Dio, ma non solo. Vede anche Amore e Sapienza, entrambe in fattezze femminili. La prima come una ragazza giovane con il viso splendente ma che tutti chiamano Domina, la seconda, invece, una donna solennemente vestita di bianco con una tunica verde ricamata di perle e adorna di gioielli: è lei che rappresenta il mondo, sia il macro che il micro cosmo.

Liber Scivias, Domina
Negli scritti di Ildegarda l’uomo viene rappresentato così come il nucleo centrale di questo cosmo composto da cerchi concentrici tutti circoscritti e abbracciati da Dio, rappresentato a sua volta come un cerchio di fiamme. L’essere umano ha nelle sue fattezze la rappresentazione stessa degli elementi che compongono l’Universo: così la testa è il Sole, la Luna e le stelle, il petto sono i venti, l’addome le acque, mentre gambe e piedi rappresentano la terra. Tutto ciò per far capire che nell’uomo stesso si racchiude l’essenza di noi stessi, della vita e dell’intero Creato. L’uomo e l’Universo sono così composti allo stesso modo, dei quattro elementi, fuoco, aria, acqua e terra, e in più la viriditatis che anima ogni energia (viene intesa da Cicerone come la freschezza e la vivacità tipica giovanile) è raffigurata come una forma ignota di energia spirituale. Si tratta anche di una sorta di forza vitale che può animare non solo la vita vegetale ma tutto quanto è contenuto nel Creato, nella realtà umana e in quella inanimata e forse per questo la monaca la descrive come i germogli verdi delle piante non ancora maturate. Per questo, per ritrovare la salute, l’uomo che è sempre in relazione con l’intero Universo, deve ristabilire un equilibrio con esso, attingendo energie dal mondo che lo circonda e con il quale c’è un rapporto quasi osmotico di reciproca necessità e proporzione. La guarigione diventa così una sorta di cammino per ristabilire questo ordine, sia interno che con il Mondo che lo circonda e le piante e i fiori diventano ottimi rimedi per venire in aiuto proprio per ristabilire questo ordine.


Ildegarda di Bigen, Liber Divinorum Opera
Nonostante fosse una religiosa Ildegarda ha trattato anche argomenti più personali e di natura intima di medicina, di scienze o di biologia. Uno di questi è il sesso fra uomo e donna che sono differenti per emotività e fisicità. «Quando nel maschio si fa sentire l'impulso sessuale (libido), qualcosa comincia come a turbinare dentro di lui come un mulino, poiché i suoi fianchi sono come la fucina in cui il midollo invia il fuoco affinché venga trasmesso ai genitali del maschio facendolo bruciare [...]. Ma nella donna il piacere (delectatio) è paragonabile al sole, che con dolcezza, lievemente e con continuità imbeve la terra del suo calore, affinché produca i frutti, perché se continuamente la bruciasse nuocerebbe ai frutti più che favorirne la nascita. Così nella donna il piacere con dolcezza lieve ma anche con continuità produce calore, affinché essa possa concepire e partorire. Se bruciasse sempre per il piacere non sarebbe adatta a concepire e generare. Perciò, quando il piacere si manifesta nella donna, è più sottile che nell'uomo […]».
Anche nella gravidanza e nel parto è più o meno la stessa cosa; quando è vicino «il vaso in cui è chiuso il bambino si apre e la forza dell'eternità, che trasse Eva dalla costola di Adamo, è lì, giungendo all'improvviso, e rivolta tutti gli angoli di quella casa che è il corpo femminile».
Lingua segreta, Litterae ignotae
Fra le conoscenze che la monaca ci ha lasciato ce n’è anche una curiosa, una lingua artificiale composta da 23 lettere (ignotae litterae), forse usata per fini mistici, anche se qualcuno, in epoche più recenti, ha supposto che potesse essere stato un tentativo di creare una lingua universale. Oggi invece viene anche considerata l’ipotesi di un linguaggio segreto, simile alla musica da lei stessa composta, imparata per ispirazione divina durante le sue visioni.
Di Ildegarda, di quello che ha visto e ci ha tramandato, ci sarebbe molto altro da dire e scrivere. Lascio alla curiosità del lettore di approfondire questi argomenti anche se non è escluso che in un prossimo futuro articolo riprenderemo questi temi per affrontarli o rileggerli anche in rapporto con altri.

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