Intermediaria fra Cielo e Terra
di Chiara Sacchetti
Stiamo per addentrarci nella prima di due puntate sulla vita
di una donna divenuta famosa non solo per le sue eloquenti visioni , ma anche e
soprattutto per la conoscenza che anche attraverso di esse ci ha tramandato.
Una persona che, al contrario di altre che abbiamo visto, è stata approvata
dalla Chiesa e che anzi dalla stessa è stata incoraggiata a divulgare quanto la
“voce di Luce” che le appariva, le comunicava e consigliava. Una donna che è
stata, non solo Badessa del suo monastero, ma anche medico, erborista,
guaritrice, filosofa, poetessa e persino musicista. Ci lascia un po’ stupiti
che una figura femminile sia diventata in quel periodo così importante e in
certo senso già emancipata, seppure vissuta
nell’umiltà e nella paura di ciò che vedeva nelle sue apparizioni dove
incontrava Sophia, (la
Sapienza femminile), e
che sia stata addirittura approvata e persino santificata: forse il suo segreto
è stato proprio, il suo atteggiamento intimorito semplice e mai prorompente,
una vita vissuta in un certo senso ai margini e lontana da quelli che oggi
definiremo i riflettori della celebrità. Non solo; la sua esistenza si discosta
anche molto da quello che, come abbiamo già visto, è lo schema consueto delle
agiografie e che per questo la rendono forse ancora più vera e vicina a noi.
Ildegarda di Bigen |
Ultima di dieci fratelli, Ildegarda, il cui nome significa “vincitrice delle battaglia”, nacque a Bermresheim vicino Magonza nel 1098 da una famiglia aristocratica, figlia del nobile Ildeberto di di Vendersheim e di Matilda. Da piccola era di corporatura fragile e di salute molto cagionevole, ma da subito mostrò di essere una bimba speciale, intelligente e acuta. A soli 3 anni iniziò ad avere visioni di Luce: «i miei genitori con gemito mi consacrarono a Dio, e a tre anni vidi una così gran luce, che la mia anima tremò; ma, data la mia età infantile, nulla potei dire di questa visione. A otto anni fui offerta a Dio per la vita religiosa e fino a quindici anni ebbi molte altre visioni e dissi diverse cose con semplicità, per cui coloro che udirono ciò si chiedevano meravigliati, donde questo provenisse e da chi. E rimasi anch’io stupita del fatto che, quando avevo una visione interiore, vedevo anche con gli occhi del corpo; e poiché di nessuno udii una cosa simile, tenni nascosta quanto potei la visione che avevo nell’intimo; e ho ignorato molte cose esteriori a causa del frequente malore di cui ho sofferto da quando venivo allattata da mia madre fino ad oggi, malore che macerò il mio corpo ed indebolì gravemente le mie forze», come ci raccontano nella Vita di Ildegarda i monaci Goffredo e Teodorico. Le apparizioni di Ildegarda, al contrario di altre, avvennero in modo reale, quando la donna era ben presente e vigile alla realtà, non in stato di trance o tantomeno estatico, come raccontarono a suo tempo alcuni testimoni. Anzi spesso queste visioni erano accompagnate da uno stato di malessere, dolori fisici e sofferenze, che tormentavano il suo corpo e il suo stato generale. La figura che più spesso incontrava era proprio Sophia, ovvero
Resti dell'abbazia di Disibodenberg |
Nel 1106 entrò nel monastero benedettino di San Disibodo, dove incontrò la sua maestra Jutta von Spoheim, una giovane di nobili origini figlia del conte di Spoheim appena ritirata in clausura che «l'educò accuratamente all'umiltà e all'innocenza, la iniziò ai canti di David e le insegnò i salmi». Assieme a lei anche il monaco Volmar, assistente spirituale alla clausura che diventerà poi suo segretario, che la iniziò alla conoscenza delle arti liberali.
Qualche anno dopo (fra il 1112 e
il 1115) ricevette il velo, consacrando per sempre la sua vita a Dio e fino al
1136 «la sua reverenda madre scopriva piena di meraviglia come la sua allieva
fosse divenuta a sua volta maestra [...]» anno in cui la maestra morì sostituita
per voto delle altre monache dalla stessa Ildegarda.
A 45 anni, durante una delle sue
crisi visionarie, la stessa voce di Dio le chiese di parlare di quanto le accadeva
e di far quindi tutti partecipi delle sue apparizioni e di quanto le veniva
detto «manifesta le meraviglie che apprendi...Oh tu fragile creatura...parla e
scrivi ciò che vedi e senti...». Le sembrò impossibile perché quello per lei
era un periodo difficile, allettata e malata, ma la Luce le spiegò che nel
momento in cui avrebbe cominciato a fare quanto chiesto tutto sarebbe finito.
Presa da dubbi e incertezze,
Ildegarda si consultò con Bernardo di Chiaravalle a cui raccontò tutto, delle
visioni, della voce che le intimava di divulgare quanto le accadeva e delle
perplessità che l’affliggevano per quanto doveva fare. Dall’abate ricevette
pieno appoggio protezione e soprattutto la spinta di cui aveva bisogno per
scrivere e trasmettere a tutti ciò che lei viveva ormai da tutta la sua
esistenza.
Bernardo di Chiaravalle |
E così fu. Ildegarda cominciò così a scrivere la sua opera più importante, lo Scivias (Conosci le Vie), aiutata dal suo segretario Volmar, dalla consorella Riccarda e da Guilberto di Gembloux che poi avrebbe scritto anche la sua biografia. Ma le notizie di quanto stava accadendo cominciarono ad espandersi arrivando anche alle orecchie del Papa a tal punto che Eugenio III inviò una delegazione affinché parlasse con la donna per capire se era tutto reale oppure frutto di una mente non sana. Al ritorno però l’impressione che ne riferirono i delegati fu di assoluta veridicità degli eventi: a convincerli fu anche il fatto che la donna non si era mai approfittata del suo dono ma anzi lo aveva sempre tenuto nascosto e soprattutto si era sempre mostrata titubante nel renderlo noto e palese. Nel sinodo che ne seguì furono letti e analizzati i suoi scritti e lo stesso Bernardo ne assunse le sue difese prodigandosi affinché così tanta luce non venisse spenta. Il Papa si convinse e dette la sua approvazione, incoraggiando anzi quella che ormai era
Una pagina dello Sciavias |
La sua fama crebbe velocemente e moltissime furono le lettere di persone che si rivolgevano a lei per aiuto e consigli anche numerose ragazze bussavano alla porta del suo monastero per poter entrare a farne parte. Ildegarda decise così di fondare uno nuovo luogo di devozione, non lontano da lì sulla collina di Rupertsberg, per accogliere tutte le richieste ottenendo in breve anche l’appoggio dello stesso imperatore Federico Barbarossa e dell’arcivescovo di Magonza. Ma non bastò. Dieci anni più tardi Ildegarda, fondò un nuovo altro monastero sulla riva opposta del fiume Reno, ad Eibingen. Infine per far conoscere la sua trasmessa Sapienza, frutto di quella Voce di Luce che le appariva e nonostante l’età ormai avanzata, essa decise di compiere alcuni viaggi nelle principali città d’Europa, fra cui Treviri, Metz e Colonia, con predicazioni nella pubblica piazza e invitata anche nei più importanti monasteri, ottenendo sempre un ampio numero di consensi e di uditori.
La sua forza d’animo fu sempre
presente, seppur in età già avanzata e piena di malanni fino dalla nascita, e
dopo i numerosi contrasti avvenuti con la Chiesa stessa.
Morì a Bingen sul Reno il 17
settembre 1179, giorno della sua venerazione. Quando avvenne il trapasso si
racconta che il monaco Teodorico ebbe una visione in cielo così descritta «in
cielo apparvero due archi luminosissimi. Coprivano un grande tratto e si
stendevano verso i quattro punti cardinali [...]. Nel punto di incontro dove i
due archi si incrociavano, brillava una chiara luce lunare [...] In questa luce
si vide una croce rilucente di rosso che dapprima era piccolissima per poi
assumere dimensioni gigantesche […]».
Nel 2012 papa Benedetto XIII canonizzò la Santa il giorno 10 maggio,
estendendo il suo culto alla Chiesa Universale e iscrivendola ufficialmente
nell’elenco dei Santi; nello stesso anno Ildegarda è stata dichiarata anche
Dottore della Chiesa.
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